Viaggio in Armenia, la vera patria del vino: ecco perché e cosa vedere (Italiatavola 02.06.24)
Non resta tanto tempo per assaggiare una delle ultime bottiglie di Takri rimaste in circolazione. Da quando l’Azerbaigian, con una veloce e micidiale offensiva militare nel settembre 2023, ha preso l’intero controllo dell’Artsakh – sotto cui si riconoscevano oltre centomila armeni della regione separatista del Nagorno Karabakh – la famiglia Kaprelian è stata costretta a lasciare in fretta e furia la sua terra così come la cantina che aveva a Stepanakert, riuscendo a portare in salvo appena 400 bottiglie su centomila: ormai è una vera e propria rarità riuscire a trovarne ancora. La storia travagliata del Takri – già nel 2020, durante la seconda guerra del Nagorno Karabak, la produzione era stata interrotta per la perdita di tutti i vigneti nel distretto di Hadrut – è un po’ la storia di tutta l’Armenia.
L’Armenia tra passato e futuro
E infatti c’è sempre un filo di malinconia passeggiando per la capitale, Yerevan: è inevitabile in un paese che da sempre ha subito dominazioni – da Persiani agli Ottomani, senza dimenticare i settant’anni di Urss – vissuto il dramma di un genocidio e combattuto conflitti fino ai giorni nostri, perdendo un’intera generazione sotto il fuoco degli ipertecnologici droni azeri.
La monumentale scalinata di Yerevan Foto: Tourism Committee of Armenia
Lo stampo sovietico dei grandi viali, delle piazze per le adunate – come quella dedicata a Lenin, poi ribattezzata “della Repubblica”, simbolo della nuova Armenia e punto di ritrovo per i giovani («Ci vediamo sotto la Torre dell’Orologio», la frase-rito della Generazione Z nata e cresciuta dopo il 1991, anno dell’indipendenza da Mosca) – e dei palazzoni di edilizia popolare noti come Chrušcëvka, è un tratto caratteristico di tutta l’Europa Orientale. E non poteva essere diversamente per Yerevan considerando che la città, dove vive la metà di tutta la popolazione armena, tre milioni in totale, fu costruita praticamente da zero dai sovietici su progetto dell’architetto Alexander Tamanian.
Un viaggio indietro nel tempo lo regalano le tante Lada Zhiguli, Fiat-124 in versione sovietica, che ancora oggi sfrecciano (più o meno sgangherate) per le strade. Poi improvvisamente, basta girare l’angolo, e si finisce per camminare lungo vie alberate (la città, oltre a essere verdissima, è anche molto pulita) con bei palazzi ottocenteschi, hotel, locali, bar e ristoranti alla moda all day eating. Come Vostan, uno dei pochi indirizzi che in carta ancora propone bottiglie di Takri Riserva, rosso ottenuto dal vitigno autoctono dell’Artsakh: il Khndoghni o Sireni.
Dunque, un continuo contrasto, tra passato e futuro, malinconia e vitalità, fragilità e resilienza. Questa è l’Armenia: una Nazione che nel periodo della sua massima espansione, tra il 95 e l’85 a.C., con i suoi 300mila chilometri quadrati era chiamata il “Regno dei tre mari” (aveva sbocchi su mar Nero, Caspio e Mediterraneo), per poi finire a essere poco più grande della Sicilia. Sulla carta geografica a metà tra Oriente e Occidente, ma con la testa rivolta all’Unione Europea (di una potenziale richiesta di adesione ha parlato di recente il ministro degli Esteri Ararat Mirzoyan, un progetto che difficilmente vicini “scomodi” come Iran e Russia, con cui l’Armenia ha intensi rapporti commerciali quanto a materie prime, permetteranno si realizzi) questo paese ha avuto una storia sempre molto tribolata e segnata da ostilità. A ricordare tutto il sangue versato (non a caso il rosso è uno dei colori della bandiera armena, insieme al blu e all’arancione che rispettivamente simboleggiano la pace e il frutto nazionale, l’albicocca e in particolare la varietà Shalakh) ogni anno il 24 aprile si commemora il Medz Yeghern: il primo genocidio del XX secolo, a cui pare Hitler si ispirò, che portò alla morte di oltre un milione e mezzo di armeni per mano dei turchi (il governo di Ankara non solo non lo riconosce ma anche solo parlarne lo considera un reato).
Il frutto nazionale, l’albicocca e in particolare la varietà Shalakh
All’epoca dello sterminio l’Armenia faceva parte dell’Impero Ottomano che, nel progetto di panturchismo del movimento nazionalista dei Giovani Turchi, doveva essere purificato dalla sua minoranza più numerosa: così donne, bambini e anziani vennero deportati in una zona desertica al confine con la Siria, tra torture, fame e malattie, mentre gli uomini (in particolare intellettuali, artisti, banchieri, orafi, medici) trucidati in massa.
E proprio qualche settimana fa al Memoriale del Genocidio a Yerevan si è ricordato il 109° anniversario di questa strage silenziosa avvenuta a due passi dall’Europa: un luogo fortemente evocativo dove, oltre a un lungo muro con incisi i nomi dei villaggi sterminati e a un monumento con dodici lastre, tante quante sono le regioni dell’Armenia storica (detta Hayastan, da un discendente di Noè di nome Haik e il suffisso Stan, che vuol dire territorio), dove arde una fiamma tenuta sempre accesa, c’è una stele alta più di 40 metri a simboleggiare l’unità nazionale: fa impressione pensare che di sette milioni di armeni nel mondo, più della metà viva all’estero (in particolare negli Stati Uniti e in Francia). Proprio come lo chansonnier Charles Aznavour, uno dei figli più famosi della diaspora armena.
Il Memoriale del Genocidio a Yerevan
L’Armenia terra di vino e della cantina più antica al mondo
Ma l’attaccamento è fortissimo e negli ultimi anni si sono intensificati gli investimenti nella madrepatria, in particolare nel comparto vitivinicolo che può vantare una tradizione antichissima. Non a caso sarà proprio l’Armenia a ospitare, dall’11 al 13 settembre 2024, l’ottava edizione della Global Conference on Wine Tourism organizzata dall’Organizzazione mondiale del turismo delle Nazioni Unite.
Vineyard Ararat Khor Virap
Tra le esperienze in programma, anche la visita della “grotta degli uccelli”, nella regione montagnosa di Vayots Dzor a un centinaio di chilometri da Yerevan, dove è stata ritrovata quella che sembra essere la più antica cantina al mondo con utensili per la vinificazione e giare risalenti a più di seimila anni fa. Gli esperti sono ormai concordi nel riconoscere, infatti, che lo sviluppo della vitis vinifera sia avvenuto proprio nel Caucaso meridionale e che l’Armenia si possa definire la “culla” del vino.
Tra i vitigni più antichi (uno dei 350 autoctoni che si contano da queste parti) c’è sicuramente il Sev Areni, tra i grandi protagonisti del Rinascimento del vino armeno: la zona di maggior produzione è quella di Vayots Zdor, a sud est di Yerevan, con filari fino a quasi 2mila metri di altitudine. Altre varietà a bacca rossa molto diffuse sono Sireni e Haghtanak; tra quelle a bacca bianca, Voskehat e Kangun.
Tavush vineyard
E al tempo in cui l’Armenia diventò una Repubblica socialista sovietica alle dirette dipendenze di Mosca, la sempre maggior richiesta di cognac, particolarmente diffuso in Urss, insieme alla vodka, in quanto meno costoso del vino, fece convertire la produzione vinicola col risultato che piano piano il paese perse uno dei suoi tratti distintivi di cui oggi però si sta riappropriando. Questo anche grazie all’impegno di cantine che hanno voluto riscoprire e portare alla ribalta in tutto il mondo vitigni autoctoni, come Karas Wines (che all’inizio puntò su Malbec e Chardonnay pensando fossero spariti i vitigni autoctoni), Zorah, che produce vini in anfora – non a caso Karasì è uno delle sue etichette di punta, quando per karas si intendono le anfore tradizionali – oppure Alluria, che produce vini naturali. Per approfondire il tema, da Armenia Wine Company, che utilizza, tra l’altro, macchinari di un’azienda veneta, c’è un interessante museo di Storia del vino (l’unico in tutta l’Armenia) dove di sottofondo suona la musica del grande compositore armeno Aram Khachaturian. L’atmosfera è molto suggestiva, proprio come la vista dalla terrazza della cantina sulle cime innevate dell’Ararat.
Yerevan, cosa vedere nella capitale dell’Armenia
In cima a una collina, nel Parco della Vittoria, la mastodontica statua di Madre Armenia, una figura femminile alta oltre venti metri, è lì a sorvegliare la città con un monito ben preciso: il suo sguardo fiero è rivolto alla Turchia e tra le mani afferra una spada, a raffigurare la determinazione del popolo armeno nel difendere la propria terra. Ecco la visita di Yerevan potrebbe iniziare da qui. Non solo come luogo emblematico, ma anche per il panorama che regala: all’orizzonte svetta l’Ararat, monte biblico, dove pare si posò l’Arca di Noè dopo il diluvio, e simbolo (perduto) dell’Armenia: Masis, chiamato così dai locali, fu ceduto dai sovietici ai turchi dopo lo scambio con Batumi, città dallo sbocco sul mare che oggi (ironia della sorte) fa parte della Georgia.
Questo vulcano spento dalle forme sinuose, il più alto dei due coni, il Grande Ararat, si innalza per 5.156 metri, è ben visibile anche salendo a Cascade, scalinata monumentale concepita in epoca sovietica e poi diventata nel tempo il fulcro della Yerevan dell’arte contemporanea: al suo interno c’è una galleria con la collezione del mecenate americano di origine armena Gerard Cafesjian, fuori invece è abbellita da installazioni e statue di Botero. La sera i dintorni si fanno molto vivaci perché pieni di locali e bistrot che attirano frotte di giovani.
Altra visita da non mancare a Yerevan è il Matenadaran: biblioteca, centro di ricerca e di restauro con oltre 23mila manoscritti, codici miniati e documenti antichi custoditi in un bell’edificio dall’architettura medievale in fondo al viale dedicato a Mesrop Mashtots, il monaco-linguista inventore dell’alfabeto armeno all’inizio del V secolo. Tra i pezzi più curiosi, tutti e due a tema religioso ed esposti uno accanto all’altro, un volume da quasi trenta chili di peso (alcune pagine sono conservate a Venezia, al monastero mechitarista di San Lazzaro degli Armeni) e uno di appena 19 grammi. Il gigante e la formica.
I monasteri da non perdere in Armenia
I monasteri fortificati sparsi per tutta l’Armenia, molti ancora attivi nell’esercizio delle loro funzioni e aperti gratuitamente alle visite, sono tra i motivi che ogni anno attirano turisti da tutto il mondo (lo scorso anno i visitatori sono stati tre milioni, quanto l’intera popolazione): la loro particolarità, oltre all’inconfondibile stile architettonico (a pianta cruciforme con cupola) è il fatto di trovarsi molto spesso nascosti tra le montagne o addirittura scavati nella roccia a scopo difensivo.
Il monastero di Noravank incastonato in una stretta gola rocciosa a 1.400 metri d’altitudine Foto: Tourism Committee of Armenia
E anche durante l’epoca sovietica, questi affascinanti complessi religiosi espressione della Chiesa apostolica armena riuscirono a uscire indenni perché riconvertiti in magazzini per conservare merci e derrate alimentari. Uno dei più incantevoli è senz’altro quello di Noravank incastonato in una stretta gola rocciosa a 1.400 metri d’altitudine: il sito si compone di chiese di epoche diverse e quella trecentesca dedicata a Santa Madre di Dio è sicuramente la più fotografata di tutte. Questo perché la sua facciata decorata si distingue dalle altre per le due file di gradini stretti che collegano il piano superiore a quello inferiore, come a voler rappresentare simbolicamente l’ascesa verso il cielo.
La spiritualità e il senso di pace che emana un posto del genere da soli valgono tutto il viaggio; se poi si ha la fortuna di capitare in una giornata tersa, il contrasto tra il blu cobalto del cielo e il rosso ocra delle montagne circostanti è di forte impatto; venendo molto presto la mattina si riescono anche a incontrare gruppi di stambecchi.
Il monastero di Khor Virap su una collina ai piedi del monte Ararat Foto: Tourism Committee of Armenia
Altro monastero da non mancare, quasi al confine con la Turchia (chiuso dal 1993 in segno di solidarietà verso l’Azerbaigian dopo il primo conflitto del Nagorno Karabakh ma che prossimamente pare aprirà ai cittadini di Stati terzi nell’ottica di una normalizzazione dei rapporti tra Ankara e Yerevan) è quello di Khor Virap su una collina ai piedi del monte Ararat che nelle giornate limpide è ben visibile sullo sfondo: qui, nel 301 d.C. con la conversione del re armeno Tiridate III ad opera di San Gregorio l’Illuminatore, il Paese caucasico diventò il primo ad adottare il Cristianesimo come religione di Stato (oggi il 97% della popolazione abbraccia questa fede). E ancora oggi si può scendere nell’angusto pozzo a sei metri di profondità in cui il Santo patrono dell’Armenia fu imprigionato per tredici anni quando i cristiani venivano perseguitati.
Il monastero di Geghard, Patrimonio Mondiale Unesco
Patrimonio Mondiale Unesco è invece il monastero di Geghard, non lontano dalla capitale (40 chilometri da percorrere in un’ora di macchina su strade, a tratti, dissestate). In un canyon a 1.500 metri, questo bellissimo complesso medievale si caratterizza per avere alcune cappelle e sale sepolcrali ricavate dalla roccia, oltre ad un’astuzia che gli permise di resistere alle distruzioni degli invasori nel corso dei secoli: la facciata della chiesa ha un inusuale arco inflesso, diffuso nell’architettura islamica, a dimostrazione dell’apertura verso le altre religioni e nella speranza che, in caso di invasione, fosse mostrato lo stesso rispetto. E, come in tutti i monasteri d’Armenia in quanto caratteristica peculiare della sua architettura, una volta varcato l’ingresso si finisce nel gavit, una sorta di anticamera per i non battezzati dove decine di candele accese, l’aria che si fa più fresca e la poca luce che filtra dalle feritoie danno l’idea di una dimensione ultraterrena: sui muri di roccia basaltica un’infinità di iscrizioni, perché laddove i libri fossero stati bruciati, la pietra avrebbe continuato a raccontare.
Il Parco Nazionale di Dilijan e gli ultimi Molocani d’Armenia
In tutta l’Armenia è rimasto un solo villaggio popolato esclusivamente dai Molocani, minoranza russofona che dopo il distacco nel Seicento dalla Chiesa ortodossa russa ha subito repressioni e persecuzioni da parte di Mosca. E si trova proprio nel bellissimo Parco nazionale di Dilijan, oasi floro-faunistica a 100 chilometri da Yerevan, con boschi di faggi e querce, sorgenti d’acqua, laghetti di montagna, ampie vallate, verdissimi pascoli con cavalli allo stato brado, aquile che volteggiano in cielo, piccole malghe e preziosi resti archeologici, più di preciso, a Fioletovo.
Fioletovo, l’unico villaggio rimasto popolato esclusivamente dai Molocani
Un’esperienza autentica da vivere è quella di far visita a una delle famiglie molocane, come quella composta da Lyuba e Anatoli Mikhailov con i loro tre figli, e mangiare tutti insieme: con 5mila Dram (l’equivalente di circa 12 euro) vi attende un pasto a base di zuppa borsch e pirožki, fagottini farciti con patate e cavolo, da accompagnare al kompot, bevanda analcolica – i molocani (dal russo moloco, latte) infatti non possono bere alcol – realizzata con acqua, zucchero e frutta a pezzettoni.
Parco nazionale di Dilijan
Ma non si può lasciare Dilijan senza aver percorso prima uno dei tanti trekking e sentieri escursionistici che attraversano quest’area protetta di oltre duecento chilometri quadrati: volendo salire in cima al monte Dimats, e godere di un panorama con montagne a perdita d’occhio, si può optare per una gita in 4×4 con tanto di pic-nic finale a quota 2.400 metri.
Altro da non perdere in Armenia
In primavera, quando è periodo di fioritura di ciliegi e albicocchi, è un vero spettacolo per gli occhi visitare il tempio ellenistico di Garni, unico edificio pagano rimasto in tutto il Paese: costruito in posizione dominante sulla gola del fiume Azat nel I° secolo d.C., è circondato dalla Riserva naturale di Khosrov dove vivono ancora alcuni esemplari del rarissimo leopardo del Caucaso, oltre a lupi e orsi.
E non lontano da qui, nella valle del fiume Azat, si trova un altro tesoro nascosto dell’Armenia: la Sinfonia di pietre, impressionanti formazioni di pietra basaltica (alte fino a 50 metri ed estese per due chilometri) che somigliano a canne d’organo. Spostandosi verso est, in direzione del lago di Sevan, il “mare” degli Armeni a 1.950 metri, specchio d’acqua d’alta quota tra i più estesi al mondo, su cui si affaccia un interessante esempio (abbandonato) di architettura modernista sovietica, la Casa degli Scrittori, merita una tappa l’antico cimitero di Noraduz: una distesa di novecento khatchkar di epoche diverse (dal X al XVII secolo), le tipiche croci armene incise su stele di pietra che al tramonto si tingono di rosa. E poi Gyumri, la “città degli artisti” sopravvissuta al terribile terremoto del 1988: la sua area pedonale è un avvicendarsi di splendidi edifici dalle facciate in stile primi anni del Novecento che le hanno valso il titolo di perla Liberty d’Armenia.
Ma prima di andare via da quello che è il secondo centro per numero di abitanti dopo Yerevan va assaggiato il tipico panrkhash: piatto che si trova solo qui, a base di formaggio, cipolle caramellate e lavash, il sottilissimo (e squisito) pane armeno Patrimonio immateriale Unesco che insegnano a preparare, per esempio, nell’antico forno interrato del ristorante Tsaghkunk Glkhat a un’ora dalla capitale. Insieme al gata, dolce tradizionale dall’impasto di farina, burro, yogurt, zucchero e dal ripieno di frutta secca, il lavash è una delle tante meraviglie da scoprire in quella che è senza dubbio una delle mete enogastronomiche del futuro, a un passo da casa nostra. Quattro ore di volo, e che lo spettacolo abbia inizio.
Dove dormire in Armenia
Per partire alla scoperta dell’Armenia vi consigliamo due hotel in cui soggiornare. Il primo è l’Holiday Inn Republic Square. Situato nel cuore di Yerevan, questo hotel non solo offre un alloggio confortevole ma anche un ristorante che serve piatti tradizionali con un tocco moderno.
Una delle stanze dell’Holiday Inn Republic Square
È un ottimo punto di partenza per esplorare la città. Il secondo è Dilijazz Hotel & Restaurant. Situato a Dilijan, l’hotel ha camere confortevoli e moderne e il ristorante che combina l’ospitalità armena con la cucina locale. È il posto perfetto per rilassarsi e gustare piatti autentici immersi in un ambiente naturale.
Una delle stanze del Dilijazz Hotel
- Holiday Inn Republic Square | 2 Amiryan St, Yerevan
- Dilijazz Hotel & Restaurant | Teghut, 1/1 2nd St, Dilijan
Dove mangiare in Armenia
Ecco invece una selezione di ristoranti da segnare per assaporare la vera cucina armena. Partiamo da Lusik Aguletsi Museum and Art Café. Questo caffè-ristorante a Yerevan offre una combinazione unica di arte e gastronomia: godetevi i piatti tradizionali armeni circondati da opere d’arte locali e una meravigliosa atmosfera storica. MOV Restaurant è, invece, un ristorante elegante nel centro di Yerevan che offre una vasta gamma di piatti internazionali e armeni. La sua atmosfera raffinata e il servizio eccellente lo rendono una scelta perfetta per una cena speciale. Mayrig vi porterà nel cuore della tradizione culinaria armena con i suoi piatti ricchi e saporiti. Situato a Yerevan, è famoso per il suo menu che celebra le ricette familiari tramandate di generazione in generazione.
Da non perdere anche il ristorante Vostan. Con un’atmosfera accogliente e un’attenzione ai dettagli, Vostan offre piatti tradizionali armeni preparati con ingredienti freschi e locali. È un luogo ideale per una cena rilassante con amici o familiari. 7 Qar è noto, invece, per la sua cucina creativa che mescola tradizione e innovazione. Situato a Yerevan, offre un’esperienza culinaria unica in un ambiente moderno e accogliente. Per gli amanti del vino, l’Old Bridge Winery, cantina-ristorante a Yeghegnadzor, è una tappa obbligata. Oltre a degustare vini locali di alta qualità, potrete godere di un delizioso pranzo con vista sui vigneti.
Segnaliamo anche Tsaghkunk Chef House. Situato a Tsaghkunk, questo ristorante è rinomato per la sua cucina gourmet e l’attenzione ai dettagli. È il luogo ideale per assaporare piatti raffinati preparati con ingredienti freschi e locali. Infine, da non perdere anche Poloz Mukuch. Situato a Gyumri, Poloz Mukuch offre un’autentica esperienza culinaria armena in un ambiente storico. La sua cucina semplice e gustosa è perfetta per chi desidera provare i sapori tradizionali della regione.
- Lusik Aguletsi Museum and Art Café | 79 Muratsan St, Yerevan
- MOV Restaurant | 12 Pushkin St, Yerevan
- Mayrig | 6 Amiryan St, Yerevan
- Vostan | 8 Abovyan St, Yerevan
- 7 Qar | Grigor Zohrap 30, Garni
- Old Bridge Winery | Yerevanyan hwy 1 Yeghegnadzor Vayots, Dzor
- Tsaghkunk Chef House | H29, Tsaghkunk
- Poloz Mukuch | Jivani St, Gyumri
Gli eventi da non perdere nel 2024 in Armenia
L’Armenia è pronta ad accogliere i visitatori italiani con una serie di eventi coinvolgenti che celebrano la sua ricca cultura, enogastronomia, musica e molto altro. Ecco una selezione di alcuni degli eventi più interessanti che si terranno nei prossimi mesi, che rappresentano un motivo in più per visitare questo piccolo paese dal grande fascino. La maggior parte si svolge nella capitale Yerevan, mentre gli altri appuntamenti si terranno nelle altre regioni, come Tavush e Vayots Dzor, patria del vino.
- Yerevan Wine Days | 7-9 giugno | Saryan, Tumanyan, Moskovyan streets, Yerevan: Un evento dedicato agli amanti del vino, con degustazioni di vini locali, musica dal vivo e una vibrante atmosfera di festa nel cuore della capitale armena.
- “Mimino” Festival Culturale e Gastronomico Armeno-Georgiano | 22 giugno | Tavush, Dilijan: Un evento che celebra le tradizioni culinarie e culturali di Armenia e Georgia, offrendo ai partecipanti l’opportunità di gustare piatti tipici e assistere a performance culturali uniche.
- HayBuis Festival delle erbe e dei fiori armeni | 29 giugno | Yenokavan, Tavush Region: il Festival HayBuis (“Erbe armene“) si tiene in uno dei luoghi più pittoreschi dell’Armenia: il resort Apaga situato a Yenokavan, nella regione di Tavush, un’area rinomata per le sue foreste e montagne. I visitatori hanno l’opportunità di conoscere le erbe spontanee e i diversi metodi per utilizzarle, comprese le loro proprietà curative. Il festival offre laboratori di tisane, giochi educativi per esplorare la biodiversità delle foreste, lezioni di cucina e altre attività per bambini.
- Vardavar | 6-7 luglio | Yerevan: Un’antica festa armena dove le persone si spruzzano acqua a vicenda per le strade, simbolo di purificazione e rinnovamento. Un’esperienza vivace e divertente che coinvolge tutta la città.
- Beer Days | 22-23 luglio | Yerevan: Una celebrazione per gli appassionati di birra con una vasta selezione di birre locali e internazionali, accompagnate da musica e cibo delizioso.
- Dilijan Wine Fest | 3-4 agosto | Tavush region, Dilijan: Un festival che mette in mostra i migliori vini della regione, con degustazioni, laboratori e incontri con produttori locali.
- TarazFest | 10-11 agosto | Yerevan: Un festival dedicato al tradizionale abbigliamento armeno, il taraz, con sfilate, esposizioni e laboratori sulla storia e l’evoluzione del costume armeno.
- Air Fest | 17 agosto | Stepanavan Airport, Lori Region: Spettacolari esibizioni aeree con aeroplani, mongolfiere, elicotteri e parapendii. Il festival offre anche dimostrazioni di aeromodellismo, droni, esperienze VR e concerti dal vivo.
- “Armenia” International Music Festival | 4 settembre – 28 ottobre | Yerevan: Un festival musicale internazionale che ospita artisti di fama mondiale e talenti locali, offrendo una serie di concerti e performance in vari generi musicali. Il concerto di apertura, diretto da Sergey Smbatyan, segnerà anche l’inizio della stagione concertistica dell’Orchestra Sinfonica di Stato Armena da lui fondata e diretta.
- Areni Wine Festival | 7 ottobre | Vayots Dzor, Areni: Un evento imperdibile per gli amanti del vino, con degustazioni di vini prodotti in questa famosa regione vitivinicola, competizioni e intrattenimento culturale. L’occasione per visitare l’Areni Cave, dove è stato ritrovato un antico sistema per la vinificazione risalente a 6100 anni fa.
- Discover Armenia from the Sky – International Ballooning Festival | 12-13 ottobre a Yerevan, 14-15 ottobre a Garni, 16 ottobre ad Aparan:
Un festival di mongolfiere che illumina il cielo armeno con oltre 20 mongolfiere provenienti da tutto il mondo, creando uno spettacolo mozzafiato.