Venti di guerra tra Armenia e Azerbaijan (raccolta 2 aprile 16)
Una vecchia guerra che potrebbe ricominciare in uno scenario nuovo. Il Nagorno-Karabakh, l’enclave armena in Azerbaigian, torna scena di scontri, con almeno 12 soldati di Baku morti nelle ultime 24 ore. Capire la dinamica dell’accaduto è complicato: le versioni di armeni e azeri, come al solito, sono opposte, e ciascuna parte accusa l’avversario di aver iniziato le ostilità, nega le proprie perdite e moltiplica quelle del nemico. Quello che è certo che alla frontiera si sono mossi carri armati, elicotteri e forse anche artiglieria con razzi multipli. Gli armeni sostengono di aver ucciso 200 soldati di Baku, inclusi 30 delle truppe speciali, gli azeri parlano di 100 caduti del nemico, e diversi mezzi distrutti. Un altro dato confermato è che sono stati colpiti anche centri civili, con case distrutte, e almeno due vittime, incluso un ragazzo di 12 anni.
Vladimir Putin si è rivolto all’Armenia e all’Azerbaigian chiedendo di cessare immediatamente il fuoco e di «manifestare moderazione per impedire altre vittime». La diplomazia russa si è già attivata e il ministro della Difesa Serghey Shoigu ha telefonato ai colleghi sia di Baku che di Erevan. La Russia da anni è garante della fragile tregua nel Nagorno-Karabakh, ed è molto preoccupata dalla possibilità che il conflitto riesploda proprio adesso, con la crisi ucraina ancora da archiviare, la guerra in Siria e le tensioni con la Turchia. Ma spegnere le ostilità potrebbe essere difficile.
Il Nagorno-Karabakh è una polveriera da quasi un secolo, da quando nel 1923 Stalin assegnò l’enclave popolata in prevalenza da armeni cristiani alla giurisdizione dell’Azerbaigian musulmano. Fu il primo conflitto etnico che, nel 1988, esplose nel blocco sovietico, infrangendo il mito che il socialismo aveva vinto il nazionalismo e innescando il domino che avrebbe distrutto l’Urss e la Jugoslavia. La guerra tra armeni e azeri è durata fino al 1994, facendo almeno 30 mila morti e centinaia di migliaia di profughi: in Armenia non sono rimasti più azeri e dall’Azerbaigian dopo i pogrom di Baku con decine di morti sono scappati gli armeni.
Un «conflitto congelato», il primo, al quale poi si sono aggiunti la Trasnistria, l’Abkhazia, l’Ossezia e altri paesi non riconosciuti, impegnati in una secessione di fatto. Per il Nagorno-Karabakh esistono risoluzioni dell’Onu, organismi della Osce e forze di interposizione (prevalentemente russe), ma l’unica cosa che si è riuscita a ottenere in quasi trent’anni è stata una precaria tregua. Formalmente l’enclave resta azera, di fatto è indipendente, con forti legami con l’Armenia. Gli scontri di confine a bassa intensità non erano mai cessati, e lo schieramento di armi e uomini al confine è rimasto massiccio. L’Armenia è sostenuta dalla sua numerosa diaspora in tutto il mondo, e dalla Russia, l’Azerbaigian è sponsorizzato dai cugini turchi. Che ultimamente sono ai ferri corti con la Russia, dopo l’abbattimento del caccia di Mosca in Siria.
Putin chiede cessate fuoco immediato tra Armenia e Azerbaigian (Askanews 02.04.16)
Scontri in Nagorno-Karabakh tra Armenia e Azerbaigian (Radio Vaticana 02.04.16)
Armenia-Azerbaigian, scontri nel Nagorno-Karabakh: l’appello di Putin (La Repubblica 02.04.16)
Tensioni fra azeri e armeni (Rsi 02.04.16)
Scontri in Nagorno-Karabakh tra Armenia e Azerbaigian (Mondiali 2010 02.04.16)
Armenia-Azerbaigian: scontri in Nagorno-Karabakh, decine vittime (Agi 02.04.16)