Ventesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Il popolo dell’Artsakh va avanti. Non ha altra via (Korazym 31.12.22)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 31.12.2022 – Vik van Brantegem] – Nel ventesimo giorno del #ArtsakhBlockade il regime autoritario dell’Azerbajgian continua con l’impiego di sedicenti ecoattivisti azeri ad interrompere l’autostrada Stepanakert-Goris, la #StradaDellaVita della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh. Oggi, 120.000 cittadini (tra cui 30.000 bambini e 20.000 anziani) della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh vanno incontro al nuovo anno in isolamento, senza accesso a risorse vitali come cibo, carburante e medicine dall’esterno. Non diamo nulla per scontato e manteniamo gli Armeni Cristiani dell’Artsakh nei nostri cuori. Pensiamo a loro durante la nostra cena di Capodanno e li includiamo nella nostra preghiera.
Questa sera a Stepanakert si svolge una fiaccolata. È così che si festeggerà Capodanno in Artsakh. Non c’è una sola rosa o garofano in città da deporre sulle tombe, come si fa tradizionalmente.
I residenti del Nagorno-Karabakh che sono bloccati a Yerevan (e altri) fanno una fiaccolato verso il cimitero militare di Yerablur, dove daranno il benvenuto al nuovo anno.
I media statali azeri trasmettono un video di un “giornalisti” che spia le case armene a Stepanakert e dintorni con il binocolo. Dice: “Da Sushi vediamo Khankendi [cioè, Stepanakert]”.
Buon anno a tutti, tranne a coloro per i quali le persone nate in Paesi non riconosciuti non hanno abbastanza diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della persona.
Il #ArtsakhBlockade non aveva motivi ecologici fin dall’inizio. Il circo con tutti questi “ambientalisti” azeri, alias eco-terroristi, lo ha spiegato in modo concise e chiaro Tigran Grigoryan, analista politico residente in Armenia: «Baku ora sta cercando di far girare il discorso a suo favore, facendo trapelare informazioni sui “negoziati” durante i quali avrebbero permesso di far entrare camion di merci umanitarie nel Nagorno-Karabakh se fossero stati ispezionati da loro. Prima di reagire a questa “offerta” vorrei richiamare la vostra attenzione sul fatto che pubblicando e diffondendo la suddetta informazione la parte azera si contraddice e riconosce che il Corridoio è effettivamente chiuso e sono loro che lo hanno bloccato. Per quanto riguarda la cosiddetta offerta: l’intera logica alla base di questa falsa causa ambientalista si basa sull’intenzione di Baku di avere un maggiore controllo nel Nagorno-Karabakh e un maggiore controllo sul Corridoio. Stanno letteralmente minacciando un’intera popolazione con la morte per fame per raggiungere questo obiettivo. Tuttavia, qualsiasi tipo di controllo azero sul Nagorno-Karabakh o sul Corridoio porterebbe a una vera e propria pulizia etnica dell’Artsakh. Se eri scettico al riguardo, le ultime 3 settimane dovrebbero averti convinto che è il loro obiettivo finale e la loro politica sul campo. L’Azerbajgian deve rispettare la dichiarazione del 9 novembre 2020. Il Corridoio va sbloccato senza precondizioni».
L’Ambasciatore di Azerbajgian in Germania, Nasimi Aghayev, ha scritto ieri in un post su Twitter: «Armenia must respect its commitment to open the Zangezur Corridor connecting mainland Azerbaijan with its Nakhchivan region. There is no way around it. The whole region will benefit from it» [L’Armenia deve rispettare il suo impegno ad aprire il Corridoio di Zangezur che collega l’Azerbajgian propria con la sua regione del Nakhchivan. Non c’è altra soluzione. Ne beneficerà l’intera regione].
Immaginiamo che gli Stati Uniti vogliano connettersi all’Alaska. Invece di utilizzare le strade canadesi, richiede dal Canada un corridoio extraterritoriale sovrano. Al rifiuto inizia a bombardare le città canadesi, affama tutti i canadesi, inclusi tutti i bambini sotto assedio. E dichiara: “Non c’è altra soluzione”.
Questo “impegno” dell’Armenia, se l’è inventato di sana pianta Aghayev. L’unica volta che la parola “corridoio” appare in documenti firmati dall’Armenia è in riferimento al “Corridoio di Lachin”. Invece, l’intera regione beneficerà dall’apertura del Corridoio di Berdzor/Lachin, dalla liberazione delle parti della Repubblica di Artsakh e della Repubblica di Armenia occupati dalle forze armate dell’Azerbajgian e dal riconoscimento dell’indipendenza della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh.
Poi, in un altro post su Twitter, Aghayev riesce a comporre un altro cumulo di menzogne, evitando tra altro la parola “Corridoio di Lachin” e chiamando il territorio della Repubblica di Artsakh territorio sovrano dell’Azerbajgian (basandosi del regalo fatto da Stalin), rivelando però la verità: il blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) da parte di “eco-attivisti” (per creare un disastro umanitario per i cittadini Armeni della Repubblica di Artsakh, per spingerli di andarsene per disperazioni, non appena il Corridoio verrà riaperto) non ha niente a che fare con la causa ambientalista: «Make no mistake: The Lachin Road was built by Azerbaijan on its own sovereign territory to be used by its Armenian citizens for civilian/humanitarian purposes. NOT for Armenia or the criminal regime in Khankendi to deliver arms, landmines, or stealing natural resources» [Non fare un errore: la strade di Lachin è stata costruita dall’Azerbajgian sul proprio territorio sovrano per essere utilizzata dai suoi cittadini armeni per scopi civili/umanitari. NON per l’Armenia o il regime criminale di Khankendi [Stepanakert] per consegnare armi, mine antiuomo o rubare risorse naturali].
Il Ministro di Stato dell’Artsakh, Ruben Vardanyan, ha presieduto ieri, 30 dicembre 2022 un’ampia consultazione con la leadership degli organi statali. Tirando le somme dell’anno trascorso, il Ministro di Stato lo ha definito “difficile e complesso”. “Abbiamo affrontato una nuova realtà: un blocco. D’altra parte, quest’anno ha dimostrato che la società è davvero pronta a riunirsi e le due manifestazioni hanno mostrato la volontà delle persone di stare fianco a fianco. Voglio ringraziare la gente dell’Artsakh, che in questa situazione non si perde d’animo, non cambia le proprie idee sull’indipendenza e il futuro dell’Artsakh e continua a stare con dignità sulla propria terra”, ha sottolineato Vardanyan. Il Ministro di Stato ha ringraziato i partecipanti alla sessione per il lavoro svolto in condizioni difficili. Rivolgendosi ai neo-Ministri della Salute, dell’Agricoltura, dell’Amministrazione del territorio e delle Infrastrutture, ha affermato che non è il caso di congratularsi in questa situazione, invece, forse è più corretto ringraziarli per l’assunzione di responsabilità. Il Ministro di Stato ha sottolineato che, nonostante il blocco, le riforme in corso continueranno. “Certo, avevamo programmato di implementare tutto questo in modo diverso, ma le nuove realtà richiedono un nuovo approccio. Dobbiamo prendere decisioni e andare avanti passo dopo passo”. Riferendosi alla situazione finanziaria ed economica, ha osservato che l’anno 2022 si conclude con un ampio disavanzo di bilancio. Inoltre, l’economia è sempre più messa a dura prova dal blocco. Il Ministro di Stato ha osservato che in tali realtà saranno necessari grandi sforzi e il massimo lavoro organizzativo per garantire la vita normale della popolazione. “Nonostante queste difficoltà, andremo avanti, non abbiamo altra via”, ha sottolineato Vardanyan.
La Federazione Russa ha ripetuta la preoccupazione, in riferimento alla dichiarazione tripartita dei leader di Russia, Azerbajgian e Armenia del 9 novembre 2020, per la mancanza di progressi nel ripristino della piena operatività del Corridoio di Lachin per la circolazione di cittadini, veicoli e merci in entrambi le direzioni. In merito, la Portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha rilasciato una dichiarazione, che è stata pubblicata ieri, 30 dicembre 2022 sul sito ufficiale del Ministero.
«La parte russa, in particolare la leadership della forza di mantenimento della pace russa, continua a compiere passi coerenti verso la risoluzione di questa situazione. Sottolineiamo che sono le forze di pace russe a dare un contributo chiave per garantire la sicurezza nella loro zona di schieramento, come hanno notato i leader di Russia, Azerbajgian e Armenia al vertice tenutosi a Sochi il 31 ottobre 2022. Consideriamo qualsiasi attacco pubblico e provocazione contro le nostre forze di pace come azioni inaccettabili e deliberate che causano danni significativi al processo di risoluzione armeno-azerbaigiano», ha affermato Zakharova. La Russia invita Baku e Yerevan a osservare rigorosamente tutte le disposizioni della dichiarazione dei leader di Russia, Azerbajgian e Armenia del 9 novembre 2020: «Osserviamo che il Corridoio di Lachin dovrebbe essere utilizzato solo per gli scopi specificati in questo documento. Auspichiamo che le parti raggiungano un accordo sullo sfruttamento delle miniere nella regione [*]. Siamo favorevoli all’attuazione globale dell’intero complesso di accordi tripartiti ad alto livello volti a sbloccare le questioni di trasporto ed economici nella regione, la demarcazione del confine armeno-azerbajgiano, la preparazione di un trattato di pace tra Baku e Yerevan e l’instaurazione di contatti tra personaggi pubblici, esperti e parlamentari dei due Paesi”, ha concluso Zakharova.
[*] Da tempo è già chiaro che gli “eco-attivisti” azeri sono stati inviati da Baku a bloccare il Corridoio di Berdzor (Lachin) per diversi motivi, ma non per preoccupazioni ambientali. Uno dei motivi è fermare il trasporto nei minerali ricavate dalle miniere in Artsakh, perché costituiscono un valore importante per l’economia della Repubblica e quindi di sostentamento per i cittadini. Nell’intervista trasmessa da France 24, ieri, 28 dicembre 2022, il Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh, Ruben Vardanyan, parlando delle ragioni del blocco dell’Artsakh da parte dell’Azerbajgian, ha detto: «Oggi abbiamo rilasciato una dichiarazione congiunta con il governo e la direzione della compagnia mineraria che siamo pronti a ricevere esperti ambientali internazionali per venire a ispezionare le nostre operazioni minerarie. Pensiamo che funzioni secondo i migliori standard e vogliamo anche vedere non solo la nostra industria mineraria, ma l’intera regione, ispezionata da professionisti, non da alcuni cosiddetti “eco-attivisti” che, abbiamo scoperto tutti, non sono ambientalisti. La maggior parte di loro sono persone che lavorano per dei servizi speciali in Azerbajgian. A proposito, se le persone in Francia sono interessate e controllano quante azioni ambientali hanno avuto luogo in Azerbajgian negli ultimi 10 anni, saranno sorpresi, perché il numero è zero. Quindi questo è uno spettacolo organizzato dal governo dell’Azerbajgian».
Se fossero veramente preoccupati dell’ambiente, gli “eco-attivisti” azeri potrebbero andare a salvare l’ambiente in Azerbajgian, dove però è proibito organizzare delle proteste e certamente non è permesso ostacolare la produzione e il trasporto dei prodotti petroliferi.
Gli “eco-attivisti” azeri che bloccano il Corridoio di Lachin con “preoccupazioni ambientali e in difesa della natura” strangolano una “colomba della pace”, fanno il segno del gruppo estremista di destra turco “Lupi Grigi”, indossano pellicce, portano borse di pelle e gettato rifiuti in giro, bruciano rifiuti tossici nei bidoni della spazzatura e organizzano un flusso costante di furgoni e autobus navetta, che vanno e vengono da Baku. Poi, hanno deciso di salvare l’ambiente con i palloni, che sono per niente rispettosi dell’ambiente. La loro biodegradazione può richiedere da 6 mesi a 4 anni e nel tempo, devastano gli ecosistemi. Possono essere scambiati per fogliame e cibo dalla fauna selvatica e possono danneggiare e persino uccidere gli animali, che possono anche rimanere aggrovigliati e uccisi dalla corda a cui sono spesso legati i palloni.
Infine, davanti alle loro tende hanno costruito con bottiglie di plastica pitturate di verde un “albero di Natale”, che i media azeri definiscono “un simbolo di speranza per il nuovo anno”.
Ma sì: “SAVE NATURE!”
Visto che gli “eco-attivisti” azeri hanno così tanta premura di salvare la natura e di condurre monitoraggi in casa altrui, possiamo indicare loro esattamente dove vale la pena di andare a farlo. Oggi in Azerbajgian ci sono circa 200 laghi di rifiuti petroliferi, più precisamente nella penisola di Absheron, su cui si trova la città di Baku, la capitale e la città più popolosa del Paese, e l’area metropolitana di Baku che comprende le città di Sumqayıt e Khyrdalan. La penisola si estende per 60 km nel Mar Caspio e raggiunge una larghezza massima di 30 km.
Nell’elenco delle città più sporche del mondo di Forbes.com e di Ibanplastic.com, al primo posto sta «la capitale dell’Azerbajgian, Baku, anche conosciuta come la “Città Nera”. Secondo Mercer Health and Sanitation Index, Baku ha ottenuto una stella per avere il punteggio peggiore. Baku ha i giacimenti petroliferi più ricchi del mondo. E ora ci chiediamo, è una benedizione o una maledizione? Naturalmente, tutte le risorse naturali sono state create per essere una benedizione. Ma poi è arrivata l’avidità umana e ha trasformato le cose in una maledizione. La città di Baku pullula ora di trivelle e raffinerie, insieme a 2 milioni di abitanti. La sua aria è contaminata da fumo e polvere e le sue acque divennero discariche di sottoprodotti petrolchimici».
Tutti i laghi di rifiuti petroliferi qui sono un vero pericolo per la salute delle persone che vivono nella immediata vicinanza. I gas idro-solforici si vaporizzano e causano molte malattie. Circa 30.000 ettari di suolo nella penisola di Apsheron in Azerbajgian sono inquinati da prodotti petroliferi e varie forme di rifiuti industriali. Impianti petrolchimici, raffinerie di petrolio e fabbriche, soprattutto a Sumqayit e a Baku; raffinerie di petrolio, sfiato di gas naturale da pozzi petroliferi; combustione di rifiuti non trattati; e gli scarichi dei motori: l’inquinamento atmosferico che ne risulta può influire sulla salute e causare mutazioni genetiche.
L’inquinamento delle acque sotterranee a seguito di fuoriuscite di petrolio e perdite da oleodotti e serbatoi di stoccaggio con conseguenti idrocarburi di petrolio, metalli pesanti e possibile contaminazione da radiazioni può causare malattie batteriche come colera e epatite, e provocare il cancro. Lo stesso vale per l’incendio di rifiuti in grandi discariche al di fuori delle città, luoghi di riproduzione di insetti che diffondono malattie, di ratti, ecc. Liquami non trattati vengono rilasciati nei fiumi e nel Mar Caspio. Ulteriore contaminazione delle acque sotterranee è causata dalle infiltrazioni da discariche e stagni di rifiuti. La fuoriuscita di petrolio greggio offshore nell’acqua può abbassare i livelli di ossigeno, danneggiando la vita marina e sconvolgendo l’ecosistema. I venti e le onde possono spingere il petrolio a riva dove può danneggiare le paludi distruggendo gli habitat degli animali, le spiagge, ecc. Una grave esposizione a tossine nell’aria, nel suolo e nell’acqua e l’effetto sconosciuto di combinazioni di questi veleni possono compromettere seriamente la salute delle persone che vivono o lavorano in queste aree colpite. A causa di ciò, i bambini possono nascere prematuramente o evidenziare gravi mutazioni genetiche.
Le democrazie del mondo dovrebbero far sentire la loro voce, a nome di una di loro [l’Artsakh], ora in gravi difficoltà
L’Occidente non può chiudere un occhio mentre l’Azerbaigian prepara gli Armeni al massacro
di Karnig Kerkonian [*]
Chicago Tribune, 28 dicembre 2022
(Nostra traduzione italiana dall’inglese)
Mentre siamo concentrati sull’Ucraina, una brutale dittatura nel Caucaso meridionale sta mettendo alla prova la determinazione del mondo: dal 12 dicembre, gli agenti azeri hanno bloccato l’unica strada, nota come Corridoio di Lachin, che collega l’enclave autonoma del Nagorno-Karabakh all’esterno mondo. È una prova. In caso contrario inviterà un massacro che farà vergognare l’umanità.
Al momento, 120.000 Armeni assediati nell’enclave, conosciuta anche come Artsakh, sono stati tagliati fuori da cibo e medicine. Scuole, asili e ospedali sono rimasti senza gas per il riscaldamento per giorni in pieno inverno. Un paziente è già morto a causa delle complicazioni dovute al blocco e un bambino armeno in condizioni critiche non può raggiungere la capitale armena di Yerevan per cure salvavita. Il blocco – che ha suscitato un’insolita dichiarazione di preoccupazione da parte di Papa Francesco ed è stato condannato da Nazioni Unite, Unione Europea, Stati Uniti, Francia e Canada – mira a costringere la fuga di massa da un antico centro della civiltà cristiana.
In effetti, da quando ha conquistato parti del Nagorno-Karabakh in una guerra del 2020, l’Azerbajgian ha ripetutamente messo alla prova la volontà del mondo di guardare dall’altra parte mentre picchia gli Armeni nell’Artsakh e colpisce l’Armenia vera e propria, una giovane democrazia proprio sulla strada.
Ripetutamente, le forze azere hanno commesso atti di stupefacente brutalità e, sorprendentemente, hanno fatto pochi sforzi per nasconderlo. Al contrario, l’odio per gli Armeni è così radicato in Azerbajgian che in molti casi sui social media si vanta di atti brutali.
Un video mostra una donna armena orribilmente brutalizzata e sfigurata nella prigionia azera. In un altro, viene mostrata la decapitazione di un anziano di Artsakh. Altri mostrano l’esecuzione di prigionieri di guerra armeni.
L’attuale fase della campagna dell’Azerbajgian risale alla fine degli anni ’80, quando massacrò gli Armeni a Sumgait, Kirovabad e in altre città in risposta alle pacifiche manifestazioni democratiche nell’Artsakh che chiedevano l’unificazione con l’Armenia. Da allora, le autorità azere hanno fomentato un odio nei confronti degli Armeni così grave, che la Corte Internazionale di Giustizia ha indicato misure urgenti che ordinano a Baku, capitale dell’Azerbajgian, di “prendere tutte le misure necessarie per prevenire l’incitamento e la promozione dell’odio razziale e della discriminazione, anche dai suoi funzionari e istituzioni pubbliche, mirati a persone di origine nazionale o etnica armena”.
L’impunità dell’Azerbajgian è tanto assurda quanto grottesca. Ha emesso un francobollo che mostra un disinfestatore in tuta ignifuga che “stermina” l’Artsakh; ha costruito un parco di trofei militari nella sua capitale che mette in mostra gli elmetti dei soldati armeni caduti e raccapriccianti manichini che i bambini possono degradare; e il suo presidente si riferisce persino agli Armeni come “cani”. E ora, il blocco e l’isolamento di 120.000 esseri umani.
Tra gli “ambientalisti” palesemente falsi che impongono il blocco, ci sono militari azeri, come Telman Gasimov, che ostenta con orgoglio una foto che ha scattato con Ramil Safarov, un ufficiale militare azero che ha fatto a pezzi uno militare armeno a Budapest. Condannato per omicidio, Safarov è stato estradato a Baku, dove, invece di scontare la pena, è stato accolto come un eroe dal Presidente azero, Ilham Aliyev.
Ecco perché Genocide Watch ha innalzato il livello di minaccia di genocidio per gli Armeni dell’Artsakh a un livello massimo di 10, mentre l’Associazione Internazionale degli Studiosi di Genocidio rileva significativi “fattori di rischio di genocidio nel Nagorno-Karabakh riguardanti la popolazione armena”. In effetti, più di una dozzina di organizzazioni e attivisti per i diritti umani hanno emesso un avvertimento congiunto sul genocidio dopo una settimana dall’assedio di Artsakh da parte di Baku.
È anche il motivo per cui, per gli Armeni, l’idea di porre l’enclave autonoma sotto il controllo dell’Azerbajgian è un evidente fallimento. È per questo che gli Armeni non credono alle promesse di “coesistenza” pubblicamente professe dall’Azerbajgian – e francamente, nemmeno l’Occidente dovrebbe farlo. Il controllo dell’Azerbajgian sul Nagorno-Karabakh significherà solo una cosa: la violenza contro la popolazione armena.
Parte del silenzio mondiale sugli atti dell’Azerbajgian contro gli Armeni si riferisce alle speranze di alcuni Europei di eludere le sanzioni russe acquistando gas naturale russo che ora viene opportunamente dirottato attraverso l’Azerbajgian. È uno sporco affare che dovrebbe disonorare chiunque sia coinvolto.
Il blocco, che sta entrando nel suo 17° giorno, può sembrare un lontano battibecco su qualche lontana strada di montagna. Ma è una questione molto più critica: è un punto di svolta fondamentale e un banco di prova per l’Occidente.
Il disastro incombe in Artsakh e in Armenia. Se ad Aliyev viene permesso di farla franca con il blocco, ne seguiranno gravi sofferenze umane e si spalancheranno le porte all’abietto autoritarismo. Le democrazie del mondo dovrebbero far sentire la loro voce, a nome di una di loro [l’Artsakh], ora in gravi difficoltà.
[*] Karnig Kerkonian è un avvocato e professore con oltre vent’anni di professione e conferenze su questioni di diritto internazionale, diritti umani e diritto d’appello. Ha prestato servizio come consulente dinanzi alla Corte Internazionale di Giustizia e attualmente dirige i gruppi di diritto internazionale e pratica federale presso Kerkonian Dajani LLP a Chicago.
Indice – #ArtsakhBlockade [QUI].