Undicesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Reale pericolo di genocidio nel Nagorno-Karabakh (Korazym 22.12.22)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 22.12.2022 – Vik van Brantegem] – Nell’undicesimo giorno del blocco dell’Artsakh da parte di sedicenti eco-attivisti azeri, Yerevan chiede alle Nazioni Unite, all’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) e alla Presidenza del Gruppo di Minsk dell’OSCE (Francia, USA e Russia) di inviare una missione di monitoraggio nel Corridoio di Lachin, ha detto oggi ai giornalisti il Segretario del Consiglio di sicurezza Armen Grigoryan. Secondo Grigoryan, è necessaria una missione internazionale “per risolvere la crisi esistente”. Si moltiplicano le dichiarazioni internazionali contro il criminale #ArtsakhBlockade sulla frontiera Armenia-Artsakh imposto dall’Azerbajgian alla Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh. Nel frattempo nel mondo: Zelensky nell’USA; violenza nella Repubblica Democratico del Congo, in Haiti, inMyanmar,…; Proteste in Peru; trattative di cessate il fuoco in Yemen; proteste in Iran e esecuzione di dimostranti; la guerra Ucraina-Russia prosegue e Zelensky torna a casa da Washington con 2 miliardi di aiuti militari freschi; ecc. ecc.
L’Assemblea Nazionale della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh ha indirizzato un appello alle Nazioni Unite affinché smascherino le provocazioni delle autorità azere con il fittizio pretesto ambientale.
“Il 12 dicembre 2022, il blocco del Corridoio di Lachin, l’unica strada che collega l’Artsakh all’Armenia e al mondo esterno, da parte delle autorità azere con falso pretesto ambientale e in violazione degli accordi raggiunti dalla dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020, si è trasformato in un disastro umanitario e ha interrotto la fragile pace e una nuova regione tende a destabilizzarsi”, ha affermato l’Assemblea Nazionale in una nota.
L’Assemblea Nazionale ha espresso gratitudine ai Paesi preoccupati per il problema, alle organizzazioni internazionali, al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, alla CEDU per aver risposto alla crisi umanitaria creatasi nella Repubblica dell’Artsakh, assediata dall’Azerbajgian.
“L’Assemblea Nazionale della Repubblica di Artsakh fa appello alle Nazioni Unite affinché smascherino le provocazioni delle autorità azere con il fittizio pretesto ambientale, affinché applichino i necessari strumenti internazionali, in particolare per inviare un gruppo di monitoraggio nella Repubblica di Artsakh e nelle zone limitrofe nell’ambito del programma ambientale delle Nazioni Unite, al fine di conoscere i problemi ambientali regionali e presentare conclusioni appropriate”, si legge nella dichiarazione. “Ci aspettiamo di risolvere la situazione di crisi creata nella regione con misure efficaci”, conclude.
Durante la sessione plenaria tenutasi oggi, il 22 dicembre 2022 il Congresso dei Deputati della Spagna ha adottato all’unanimità una dichiarazione di condanna del blocco del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbajgian e la conseguente crisi umanitaria. La dichiarazione afferma specificamente: “Sono passati 11 giorni da quando l’Azerbajgian ha bloccato il Corridoio di Lachin, l’unico collegamento terrestre dell’Armenia con il Nagorno-Karabakh. Allo stesso tempo, la fornitura di gas all’area è stata interrotta, una situazione che ha portato a una crisi umanitaria e all’aumento delle tensioni nella regione. Per questo e in linea con la posizione della Commissione Europea, il Congresso dei Deputati:
- Segue con preoccupazione i vari avvenimenti attorno al Corridoio di Lachin.
- Invita le autorità azere a garantire la libertà e la sicurezza di movimento lungo il Corridoio in conformità con la dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020. Le restrizioni alla libera circolazione causano grandi sofferenze alla popolazione e possono creare una crisi umanitaria.
- Invita le parti a risolvere e appianare le divergenze attraverso il dialogo e la negoziazione.
- Sollecita le strutture internazionali a prevenire una nuova crisi umanitaria nella regione.
Siamo in attesa che i Parlamentari italiani si staccano dalla canna del gas azero e danno un segno di rispetto per i diritti umani e di umanità.
Dopo dieci giorni del blocco dell’autostrada Stepanakert-Goris, l’Artsakh si sta avviando verso una crisi umanitaria: scaffali dei negozi vuoti, benzina, medicine e omogenizzati per bambini mancano, famiglie rimaste divise. Questo pomeriggio, in un post sul account ufficiale, il Ministero degli Esteri dell’Artsakh ha scritto: «Giorno 11․ Blocco totale dell’Artsakh da parte dell’Azerbajgian è in corso. Le violazioni dei diritti umani fondamentali del popolo dell’Artsakh, incluso il diritto alla sicurezza, alla salute e alla libertà di movimento, continuano senza sosta. Il cibo e le medicine stanno finendo. 120.000 persone sono sull’orlo di un grave disastro umanitario».
Mentre il dittatore guerrafondaio e genocida dell’Azerbajgian sta letteralmente condannando a morire di fame 120.000 Armeni (tra cui 30.000 bambini) dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh sotto #ArtsakhBlockade, il Presidente della Serbia si sta godendo la frutta fresca con Ilham Aliyev. Gli Armeni dovrebbero accettare la dittatura genocida dell’Azerbajgian e il suo intento di uccidere tutti gli Armeni autoctoni dell’Artsakh. Quindi, quando ciò sarà fatto, gli azeri-turchi si rivolgeranno a Syunik, a Sevan e a Yerevan, che considerano proprietà dell’Azerbajgian. Aliyev l’ha detto in chiare lettere e ripetuto molte volte da quando è al potere a Baku.
Le 10 fasi del genocidio
1. Classificazione: le persone vengono divise in “noi e loro”.
2. Simbolizzazione: le persone sono costrette a identificarsi.
3. Discriminazione: le persone iniziano a subire discriminazioni sistematiche.
4. Disumanizzazione: le persone sono equiparate ad animali, parassiti o malattie.
5. Organizzazione: il governo crea gruppi speciali (polizia/militari) per far rispettare le politiche.
6. Polarizzazione: il governo trasmette propaganda per rivoltare la popolazione contro il gruppo.
7. Preparazione: inizia l’azione ufficiale per rimuovere/ricollocare le persone.
8. Persecuzione: inizio di omicidi, furto di proprietà, prove di stragi.
9. Sterminio: eliminazione totale del gruppo (è “sterminio” e non omicidio, perché le persone non sono considerate umane).
10. Negazione: il governo nega di aver commesso alcun reato.
Siranush Sargsyan, storica, politologa e giornalista di The Armenian Weekly – un giornale armeno in lingua inglese di proprietà della Federazione Rivoluzionaria Armena (ARF), un partito politico socialista nazionalista e democratico fondato nel 1890, che oltre al suo ruolo politico, detiene anche un alto livello di standard giornalistico e riporta notizie di rilevanza per la diaspora armena globale – ha scritto in un post su Twitter: «Mia nipote Ani e centinaia di studenti che hanno terminato il periodo degli esami a Yerevan, non possono tornare a casa in Artsakh per festeggiare il Natale con le loro famiglie, a causa del #ArtsakhBlockade».
Le forze di pace della Federazione Russa svolgono i loro compiti relativi al controllo del Corridoio di Lachin, ha detto il Portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, durante il briefing settimanale, commentando la dichiarazione del Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, secondo cui le forze di pace russe non stanno adempiendo ai loro doveri. “Posso dire il contrario: le forze di pace russe stanno portando avanti la loro missione. Si stanno intraprendendo azioni, si sta lavorando. Voglio ricordare a coloro che non lo sanno, o che si affidano a dichiarazioni politiche, che prima c’erano molte escalation, c’erano problemi, le parti si incolpavano a vicenda e sono state le forze di pace russe a fare di tutto per stabilizzare la situazione, ed è per loro ricevuto. Pertanto, tale atteggiamento nei confronti delle nostre forze di pace non è accettato”, ha detto Zakharova. Anche l’addetto stampa del Presidente russo, Dmitry Peskov, ha toccato questo argomento. Ha affermato che le forze di pace russe fanno tutto il possibile per garantire l’ordine e la pace nelle aree in cui operano. “Essi agiscono in conformità con lo spirito e la lettera dei documenti firmati tra le parti. Naturalmente, continueremo la discussione su questo argomento con i nostri partner e alleati armeni”, ha affermato Peskov.
Era prevista per domani, 23 dicembre 2022 a Mosca una riunione dei Ministri degli Esteri di Armenia, Russia e Azerbajgian. Ma il Portavoce del Ministero degli Esteri armeno, Vahan Hunanyan, in risposta ad una domanda di Armenpress, ha detto che la parte armena ha chiesto di rinviare l’incontro, perché al momento la priorità del Ministro degli Esteri armeno è quella di affrontare i problemi che si sono creati di conseguenza della crisi umanitaria in Artsakh/Nagorno-Karabakh e il riavvio senza ostacoli del Corridoio di Lachin.
Domanda: “È corretta l’informazione secondo cui un incontro tra i Ministri degli Esteri di Armenia, Russia e Azerbajgian, che era previsto per il 23 dicembre a Mosca nell’ambito dei negoziati sul trattato di pace, non avrà luogo?”
Risposta: “La parte armena ha confermato la sua disponibilità a partecipare all’incontro che si terrà a Mosca circa 2 settimane fa, prima del blocco illegale del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbajgian. Ovviamente, la priorità di lavoro del Ministro degli Affari Esteri, Ararat Mirzoyan, al momento è il riavvio senza ostacoli del Corridoio di Lachin in conformità con la dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020 [*] e affrontando i problemi creati a seguito della crisi umanitaria nel Nagorno-Karabakh, sulla base della quale la parte armena ha chiesto di rinviare l’incontro in programma a Mosca. Allo stesso tempo, informiamo che come segno della costruttività della parte armena nel processo di normalizzazione delle relazioni con l’Azerbajgian, indipendentemente dalle circostanze dell’incontro, le nuove proposte della parte armena riguardo al documento sulla normalizzazione delle relazioni sono state trasferite in Azerbajgian».
[*] Dichiarazione del Primo Ministro della Repubblica di Armenia, del Presidente della Repubblica di Azerbajgian e del Presidente della Federazione Russa del 9 novembre 2020, Articolo 6: “La Repubblica di Armenia restituirà alla Repubblica dell’Azerbaigian la regione di Kalbajar entro il 15 novembre 2020 e la regione di Lachin entro il 1° dicembre 2020. Il Corridoio di Lachin (largo 5 km) che assicurerà la comunicazione tra il Nagorno-Karabakh e l’Armenia, e allo stesso tempo aggirerà la città di Shushi, rimarrà sotto il controllo del contingente di mantenimento della pace della Federazione Russa”.
Va ricordata anche la disposizione dell’Articolo 4: “Il contingente di mantenimento della pace della Federazione Russa rimarrà per un periodo di 5 anni, con ulteriori proroghe automatiche di 5 anni, ove 6 mesi prima della scadenza del periodo nessuna delle Parti dichiari la propria intenzione di porre termine all’applicazione della disposizione”.
Il Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Ruben Vardanyan, ha rilasciato un’intervista al sito statunitense Faithwire [QUI] Allarme “genocidio”: mentre i Cristiani armeni affrontano un potenziale orrore, parla un funzionario del Nagorno-Karabakh, presentando la situazione creata dall’Azerbajgian che blocca l’unica strada che collega l’Artsakh all’Armenia e al mondo. “Dal 12 dicembre, l’Azerbajgian ha bloccato il Corridoio di Lachin per una settimana, scrive il sito, osservando che le organizzazioni internazionali per i diritti umani avvertono del reale pericolo di genocidio in Artsakh. Il sito cita il Ministro di Stato Ruben Vardanyan, che ha affermato che questi eventi mostrano chiaramente cosa potrebbe accadere all’Artsakh se improvvisamente passasse sotto il controllo dell’Azerbajgian. “La situazione è difficile perché è inverno, le scorte di cibo, medicine e carburante sono limitate. Non sappiamo per quanto tempo ancora può andare avanti e dobbiamo applicare delle restrizioni. Nonostante tutte queste prove, i 120.000 cittadini del Nagorno Karabakh mostrano una forte determinazione. Queste difficoltà e limitazioni hanno reso le persone più unite”, ha detto Vardanyan, presentando la situazione. Parlando delle radici armene dell’Artsakh e della continua lotta per l’indipendenza, Vardanyan ha detto: “La nostra lotta per l’indipendenza è iniziata 34 anni fa e oggi le persone che vivono qui la continuano. Non vogliono far parte di nessun altro Stato. Questo non è un conflitto religioso tra l’Azerbajgian e il Nagorno-Karabakh, questa è una lotta tra un Paese autoritario e uno Stato democratico. Sappiamo tutti che in Azerbajgian non esiste un sistema democratico, nessun diritto umano”. Il Ministro di Stato dell’Artsakh ha aggiunto che c’è sempre il pericolo di un nuovo attacco da parte dell’Azerbajgian, ed è per questo che è importante capire che vivere come vicini può essere l’unica soluzione corretta nella situazione attuale. “Sono necessari grandi sforzi per stabilire la pace nella regione e dobbiamo capire che per risolvere la situazione, l’Azerbajgian deve accettare l’indipendenza dell’Artsakh e avviare i negoziati. Questo è possibile solo attraverso un compromesso. Una parte non può pensare di poter sparare e ottenere tutto, e l’altra parte non otterrà nulla”, ha affermato il Ministro di Stato dell’Artsakh. Rispondendo alla domanda sui suoi motivi per trasferirsi in Artsakh, Ruben Vardanyan ha detto: “L’Artsakh è per me uno dei capisaldi dell’identità armena e non potevo essere indifferente nel momento più pericoloso per il mio popolo. Questo è esattamente il momento in cui ho ritenuto importante utilizzare la mia conoscenza ed esperienza per servire la mia Patria. La gente dell’Artsakh dovrebbe sentire di avere il sostegno dell’intero mondo armeno. Siamo obbligati a trasmettere il diritto di vivere in Artsakh alle generazioni future”.
Dominando in alto sopra la capitale dell’Artsakh, Stepanakert, si erge un monumento iconico che simboleggia la connessione intrinseca tra l’Artsakh e il suo popolo resiliente. “Noi siamo le nostre montagne”, noto anche in Artsakh come “Tatik Papik” (nonna e nonno), è fatto di tufo vulcanico. La struttura rappresenta gli anziani dell’Artsakh in abiti tradizionali, orgogliosamente in piedi spalla a spalla. Non poggia su un piedistallo; è come se la collina fosse crepata e la nonna e il nonno si arrampicassero per stare con i piedi ben piantati nella loro terra natale. La natura simbolica della statua si esprime anche nel progetto architettonico dello scultore Sargis Baghdasaryan e dell’architetto Yuri Hakobyan. Il monumento ricorda la combinazione delle vette Sis e Masis del Monte Ararat, indicando ancora una volta l’idea dell’orgoglio armeno. Questo è stato il primo monumento dedicato alla longevità per il quale l’Artsakh è noto. Altri hanno avanzato l’idea che se la nonna a forma di tetto fosse posta sopra il nonno, la struttura assomiglierebbe a una casa. Forse è per questo che le giovani coppie che si sposano a Stepanakert e nei villaggi vicini, ricevono la loro prima “benedizione” da “Tatik Papik”. Prima della guerra dei 44 giorni di fine 2020, i turisti affollavano questo sito. In questi giorni, la gente di Artsakh, che ha perso il Katarot di Shushi (un’area pianeggiante in cima alle enormi rocce ai margini di Shushi, che è uno dei luoghi più belli ed era il più visitato del Nagorno-Karabakh), sta ora tenendo “Tatik Papik” vicino ai loro cuori, trascorrendo i giorni e le notti d’estate alla sua ombra.
Guardando 10 anni indietro nel tempo, rileggiamo l’articolo Il Presidente dell’Azerbajgian Aliyev nominato “Persona dell’anno” della corruzione a firma di Robert Coalson, pubblicato il 2 gennaio 2013 sul sito di Radio Free Europe/Radio Liberty [QUI], nella nostra traduzione italiana dall’inglese:
«Nel 2012, l’organismo di controllo della corruzione Transparency International ha riferito che due terzi dei Paesi del mondo possono essere considerati “altamente corrotti”. Sembrerebbe difficile scegliere qualcuno per il dubbio onore della “Persona dell’Anno” della corruzione. Una ONG di giornalismo investigativo ha fatto proprio questo. Il Organized Crime and Corruption Reporting Project-OCCRP (Progetto di segnalazione di criminalità organizzata e corruzione), con sede a Sarajevo e Bucarest, ha conferito la corona al Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev.
Il gruppo, specializzato in reportage sulla corruzione nella regione che va dall’Europa orientale all’Asia centrale, ha anche assegnato alcune menzioni “d’onore”. Sono andati al presunto contrabbandiere di sigarette e droga nato in Kosovo, Naser Kelmendi; al Primo Ministro montenegrino, Milo Djukanovic; al Presidente russo, Vladimir Putin; all’imprenditore serbo politicamente connesso, Miroslav Miskovic; al Presidente uzbeko di lunga data, Islam Karimov; e al trafficante di droga serbo ricercato, Darko Saric. L’elenco informale è stato determinato dai rappresentanti delle 15 organizzazioni internazionali dei media che compongono l’OCCRP. Ha lo scopo di evidenziare il lavoro intrepido e spesso coraggioso necessario per denunciare la corruzione in questi Paesi notoriamente opachi.
L’OCCRP ha scelto Aliyev, citando ampi rapporti e “prove ben documentate” secondo cui “la famiglia Aliyev ha sistematicamente conquistato quote delle attività più redditizie” in Azerbajgian per molti anni.
Quote di proprietà segrete
I rapporti includono quote di proprietà segrete in banche, imprese edili, miniere d’oro e società di telecomunicazioni. Molti dei rapporti su Aliyev sono stati indagati dall’affiliata dell’OCCRP, Khadija Ismayilova, una giornalista del servizio azero di RFE/RL.
“Il Presidente Aliyev e la sua famiglia, infatti, insieme ad altre persone nella sua cerchia ristretta, sono coinvolti in così tante attività segrete che abbiamo scoperto quest’anno, proprio insieme a Radio Free Europe”, afferma Paul Radu, Direttore esecutivo di OCCRP. “Abbiamo identificato le società nascoste che erano di proprietà della prima famiglia dell’Azerbajgian a Panama, per esempio, o nella Repubblica Ceca. E abbiamo identificato i beni che possedevano in Azerbajgian tramite queste società”.
Radu è ottimista sui nuovi strumenti che stanno rendendo questo tipo di reporting sempre più efficace. Un esempio che cita è che OCCRP ha collaborato con successo con un hacker informatico scozzese. “In questo momento lavora con noi all’Organized Crime and Corruption Reporting Project ed è lui che ha raschiato [è entrato] nel registro delle società panamense e questo ci ha permesso di eseguire ricerche basate sui nomi”, afferma Radu. “Ed è così che abbiamo trovato le società che sono di proprietà delle figlie di Aliyev e di sua moglie a Panama”.
Tuttavia, Radu aggiunge che l’impatto di tale segnalazione nel caso della famiglia Aliyev non è stato quello che si potrebbe sperare. Sono stati modificati gli assetti proprietari dei beni esteri della famiglia; il parlamento azero a giugno ha approvato una legge che rende più difficile scoprire chi possiede effettivamente società commerciali e protegge Aliyev e la sua famiglia da azioni penali.
Una terrificante campagna di minacce
Inoltre, la giornalista Ismayilova è stata oggetto di una terrificante campagna di minacce e vessazioni che sostiene sia stata orchestrata dagli alleati politici di Aliyev.
Tuttavia, l’editore di OCCRP Drew Sullivan afferma che “il 2012 è stato un anno eccezionale per quelli di noi che si occupano di criminalità organizzata e corruzione. È un’industria in crescita in tutto il mondo”.
Secondo Radu, l’OCCRP sta ora combinando numerosi database internazionali e collegandoli ai file in corso dell’organizzazione di “persone di interesse” – futuri candidati a spodestare Aliyev come “persona dell’anno” della corruzione.
L’elenco OCCRP ha anche lo scopo di evidenziare l’impatto globale della criminalità e della corruzione. Radu sostiene che la maggior parte delle persone nella lista OCCRP ha legami dubbi e opachi ben oltre i confini del proprio Paese. “Ci sono persone come Darko Sadic, per esempio, che è un noto trafficante di droga”, dice. “E questo tipo di persone non sono molto conosciute al di fuori dei Balcani, ma in realtà fanno parte di reti molto, molto grandi che a volte si estendono attraverso i continenti. In questo caso, questa persona era coinvolta nel traffico di cocaina dall’Argentina fino ai Balcani”. Radu aggiunge che la criminalità organizzata dei Balcani e dell’ex Unione Sovietica è profondamente coinvolta nelle feroci guerre alla droga in Messico e nel massiccio furto di risorse dai Paesi poveri dell’Africa. Questo rende ancora più importante esporre queste persone e gli schemi corrotti che sfruttano, dice».
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