Una risoluzione del Senato francese tutta da imitare: propone sanzioni contro l’Azerbaijan (Spondasud 26.01.24)

(BRUNO SCAPINI) – Non c’è dubbio. In Italia esiste una certa vasta area della politica conformista che stenta a riconoscere e ad accettare i dettami dell’etica. Il che, tradotto in termini comportamentali, vuol dire che questi suoi esponenti pensano e agiscono in ossequio ai propri interessi e in disprezzo di ogni senso di moralità. La prova di tale deprecabile costume la rinveniamo d’altronde nella quotidianità della vita politica, nei fatti più effimeri, come in quelli che richiederebbero un esercizio di valutazione etica. Un esempio? Il voltafaccia che autorevoli esponenti del mondo politico italiano hanno adottato nei confronti dell’Armenia e del suo popolo vittima, e non lo dimentichiamo, del primo genocidio del XX secolo. Un genocidio che purtroppo perdura tuttora per mano azera anche se sotto forme diverse e con modalità differenti. Vediamo perché.

Che l’Armenia sia stato un Paese con il quale l’Italia ha mantenuto fin dalla sua indipendenza dall’URSS un rapporto privilegiato di amicizia è fuori discussione. La comune fede cristiana adottata fin dal 301 d.C., la condivisione di una identica base culturale, una sostanziale solidarietà di visioni e un riconoscimento dello stesso sistema valoriale  sono stati da sempre elementi costitutivi  di un collegamento tra i due Paesi che ha trovato la sua essenza in indiscutibili affinità elettive.

Ma tutto è cambiato da parte italiana non appena la classe politica dell’ultima ora  (che sia di destra o di sinistra è del tutto ininfluente) ha scoperto – sotto l’influsso delle varie emergenze e crisi energetiche – che il Paese dell’Arca di Noè non aveva nulla da offrire in cambio di questa amicizia (non disponendo di combustibili fossili), contrariamente, invece, al suo vicino di casa, l’Azerbaijan, scopertosi un giorno a galleggiare su ricchi giacimenti di petrolio e di gas. Circostanza che ha comprensibilmente  sollecitato l’appetito di quanti fossero interessati al loro sfruttamento o acquisto. Ecco allora che è intervenuto il radicale cambiamento nei rapporti bilaterali.

Se prima Roma adottava una prudenziale linea di equidistanza rispetto a Yerevan e a Baku –  sollecitata peraltro dall’interesse a garantire  un sostanziale equilibrio all’area caucasica –  anche nell’ottica di mitigare le tensioni più che trentennali  tra i due Paesi – oggi la nostra Capitale non fa mistero della propria simpatia per Baku, e anzi se ne compiace  rinnegando, con proditoria inversione di tendenza, perfino verità storiche innegabili.  Così Roma si ritrova oggi improvvisamente schierata dalla parte dell’Azerbaijan, ne esalta il diritto alla integrità territoriale e ne riconosce addirittura la democraticità delle istituzioni. Per contro, da parte di queste stesse forze politiche non si ammettono le gravissime violazioni dei diritti umani, le torture e gli eccidi commessi dagli azeri ai danni degli armeni, né il diritto del popolo del Karabagh, peraltro consacrato da fondamentali normative internazionali, ad aspirare ad una indipendenza peraltro resa legittima dalla legge n. 13 del Soviet Supremo del 1990 sulla secessione delle Repubbliche sovietiche e delle loro entità sub-statuali (leggi nel caso: Nagorno Karabagh).

Ebbene, di questo profondo cambiamento di rotta è oggi testimonianza il biasimo espresso dal redattore dell’articolo pubblicato su “Formiche” ( “Perché la mossa francese sull’Azerbaijan è un autogol”), a riguardo della risoluzione recentemente adottata all’unanimità dal Senato francese (336 voti contro 1), volta ad invitare il Governo ad adottare sanzioni avverso l’Azerbaijan per via della condotta anti-umanitaria tenuta nella guerra con l’Armenia in disprezzo del popolo del Karabagh. Se, tuttavia, nel caso della Francia si potrebbe eccepire una certa faziosità nel proteggere l’amica Armenia, giungerebbe peraltro quanto mai opportuna – a conferma della condotta anti-giuridica di Baku deplorata dal Senato francese  – la notizia del rifiuto opposto dal Consiglio d’Europa ad accettare le credenziali della delegazione azera sulla base delle medesime sostanziali motivazioni: violazione dei diritti umani da parte dell’Azerbaijan e mancanza di rispetto dello stato di diritto.

Questa difesa ad oltranza, e contro ogni evidenza, della riprovevole condotta di Baku svolta da alcuni circoli politici della Capitale – che porrebbe il nostro Paese fuori dal circolo delle Nazioni a più alto indice di civiltà giuridica – non potrebbe trovare altra giustificazione se non nell’abitudine di certe comparse della politica nostrana ad esaltare cinicamente il “mercimonio” come strumento dell’azione, relegando invece a mera scelta opzionale il ricorso a condotte informate all’etica, alla morale e al rispetto di quel nucleo di superiori norme universali che conosciamo come Jus Gentium. In aggiunta, è anche da sottolineare sul tema, come la stessa Corte di Giustizia Internazionale abbia ritenuto di  riconoscere con ordinanza del 17 novembre scorso la responsabilità di Baku per la negazione al popolo armeno del Karabagh di diritti fondamentali. Al di là del principio di integrità territoriale – seppure citato dalla Corte in riferimento a zone occupate ma di cui era prevista da parte armena la restituzione in sede di negoziato – i giudici dell’Aja hanno condannato apertamente l’atteggiamento persecutorio di Baku richiamando la sua dirigenza al rispetto del Diritto umanitario.

Diamo, dunque, merito ai Senatori francesi per questa loro coraggiosa posizione assunta a difesa del popolo armeno. Non sempre, infatti, si può barattare il diritto con l’interesse economico e l’etica col proprio tornaconto; e in questa prospettiva sarebbe proprio auspicabile che si potesse vedere un comportamento simile da parte del Senatori italiani ormai assuefattisi alla subalternità verso chi detta loro le regole per come comportarsi. Ma i francesi sanno fare le rivoluzioni, lo sappiamo, e quando le fanno, le fanno in nome dei diritti!

Vai al sito