Una guerra impunita genera nuove guerre (Korazym 02.04.22)
Le guerre di aggressione azera nel Nagorno-Karabakh sono simboleggiate da migliaia di tombe di giovani ragazzi armeni che hanno perso la vita sulla linea del fronte. Madri e padri senza risposte e consolazione abbracciano le lapidi sulle tombe, accarezzano i nomi dei propri figli incisi sul marmo, accendono incensi e depongono fiori. Secondo le stime tra giornalisti e osservatori internazionali dal lato armeno sono stati almeno 5.000 le vittime militari, tra cui moltissimi ragazzi tra i 18 e i 20 anni, a seguito dell’ultima guerra dei 44 giorni scatenata alla fine del 2020 dall’Azerbajgian contro la Repubblica di Artsakh/Nagorno Karabakh. Migliaia di rifugiati e dei genitori che ancora cercano notizie dei figli scomparsi durante l’aggressione.
Il Ministero degli Esteri della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh ha rilasciato oggi, 2 aprile 2022 una dichiarazione in occasione del sesto anniversario dell’aggressione militare lanciata dall’Azerbajgian in aprile 2016. Riportiamo di seguito la traduzione italiana della dichiarazione a cura dell’Iniziativa italiana per l’Artsakh.
«Sei anni fa, la notte del 2 aprile 2016, le forze armate azere, violando l’Accordo del 12 maggio 1994 sulla cessazione totale del fuoco e delle ostilità e l’Accordo del 6 febbraio 1995 sul rafforzamento del cessate il fuoco, lanciarono una perfida aggressione contro la Repubblica di Artsakh.
Per quattro giorni, le forze armate azere hanno tentato assalti lungo l’intera lunghezza della linea di contatto, impiegando armi pesanti, artiglieria e aerei. Tuttavia, dopo aver subito pesanti perdite di personale e attrezzature e non aver raggiunto i suoi obiettivi, la parte azerbajgiana, attraverso la mediazione della Federazione Russa, è stata costretta a cessare le ostilità. Ma il bombardamento degli insediamenti di confine di Artsakh è continuato fino alla fine di aprile 2016.
L’aggressione azerbajgiana è stata accompagnata da numerosi crimini di guerra, tra cui tortura, omicidi premeditati e dileggio dei corpi dei defunti, commessi dalle forze armate azere contro sia il personale militare che la popolazione civile della Repubblica di Artsakh.
L’aggressione dell’aprile 2016 è diventata una pietra miliare, tra le altre cose, per testare la reazione della comunità internazionale alla violazione della Carta delle Nazioni Unite e degli obblighi internazionali da parte dell’Azerbajgian. Il fatto che queste azioni illegali non abbiano comportato gravi conseguenze politiche e legali per Baku ha solo rafforzato la fiducia delle autorità azere nella permissività e nella prevalenza della forza sul diritto internazionale.
Sia la guerra dell’aprile 2016, che la successiva aggressione di 44 giorni dell’Azerbajgian nel 2020, nonostante la loro natura locale, sono diventate un vero banco di prova per l’intero sistema delle relazioni internazionali. L’impunità per aver scatenato guerre aggressive ha portato a minare principi fondamentali del diritto internazionale come il non uso della forza, la risoluzione pacifica delle controversie, l’adempimento coscienzioso degli obblighi internazionali, ecc.
Tenuto conto del fatto che le autorità azere rifiutano di negoziare per una soluzione pacifica del conflitto azerbajgiano-Karabakh, continuano a violare i loro obblighi e non interrompono le azioni aggressive, ci aspettiamo che la comunità internazionale adotti misure politiche concrete per garantire la realizzazione da parte degli abitanti di Artsakh dei loro diritti umani e libertà collettivi, senza alcuna restrizione».
Foto di copertina: Dopo un bombardamento dell’Azerbajgian su Stepanakert, capitale della Repubblica di Artsakh/Nagorno Karabakh, il 16 ottobre 2020 (Foto di Sergei Bobylev/Tass).