UE e Armenia, partner nelle riforme? (Osservatorio Balcani e Caucaso 13.12.21)
Le recenti promesse di investimenti multimiliardari in Armenia da parte dell’Unione europea segnalano un crescente rafforzamento delle relazioni tra Yerevan e Bruxelles e una rinnovata fiducia dell’UE nell’eredità della rivoluzione armena del 2018.
Quest’estate, l’Unione europea ha presentato un pacchetto di aiuti da 2,6 miliardi di euro per l’Armenia nei prossimi 5-7 anni. Questo gesto rappresenta il più grande pacchetto di aiuti fornito all’Armenia dall’Unione europea di sempre.
L’annuncio, dato il 9 luglio dal Commissario europeo per il vicinato e l’allargamento Oliver Varhelyi durante una visita a Yerevan, include anche la promessa che tale pacchetto potrebbe raggiungere i 3,1 miliardi di euro.
Secondo i diplomatici i nuovi fondi rappresentano un’approvazione da parte di Bruxelles della vittoria schiacciante del primo ministro in carica Nikol Pashinyan nelle elezioni parlamentari anticipate dello scorso giugno, e sono una ricompensa per il “programma di riforme” armeno avviato dopo la rivoluzione del 2018.
Il finanziamento arriva anche sulla scia dell’accordo di partenariato globale e rafforzato (CEPA) tra Armenia e Unione europea, entrato in vigore il 1° marzo. L’accordo contiene clausole che approfondiscono la cooperazione tra l’Armenia e l’UE in materia di riforma istituzionale, investimenti economici e revoca delle tariffe sulle importazioni e sulle esportazioni tra l’Armenia e il blocco di 27 membri.
“Prova di fiducia nella democrazia”
Si pensa che uno dei motivi per cui l’UE abbia aumentato il livello di finanziamento nel pacchetto sia la vittoria del governo Pashinyan sulle autorità prerivoluzionarie dell’Armenia nelle elezioni parlamentari anticipate di giugno.
Il pacchetto da 2,6 miliardi di euro è stato dato “sulla base dei risultati ottenuti in passato”, ha dichiarato a OC Media Andrea Wiktorin, ambasciatore dell’Unione europea in Armenia. “Allo stesso tempo, alla fine tutto dipenderà dalla maturità dei progetti e dalla rapidità con cui potremo attuare le iniziative faro”.
L’UE identifica le “iniziative faro” come “progetti prioritari concreti con risultati tangibili che sono stati identificati congiuntamente con i paesi partner”.
Nel caso dell’Armenia, le iniziative faro comprendono un sostegno economico diretto per un massimo di 30.000 piccole e medie imprese; fino a 600 milioni di euro per un corridoio di trasporto nord-sud; fino a 300 milioni di euro in prestiti e sovvenzioni per il settore tecnologico dell’Armenia; fino a 80 milioni di euro in investimenti economici e infrastrutturali nella provincia meridionale di Syunik per sviluppare “resilienza”; e fino a 120 milioni di euro di investimenti per una Yerevan più “efficiente dal punto di vista energetico”, compresa la modernizzazione dei trasporti pubblici nella capitale.
Wiktorin ha affermato che l’UE “ha preso buona nota” della valutazione degli osservatori OSCE delle elezioni di giugno, la quale “ha dichiarato che le elezioni sono state eque e generalmente ben gestite in un breve lasso di tempo”. Wiktorin ha aggiunto che l’UE sostiene pure il “forte impegno dell’Armenia a perseguire ulteriormente il suo programma di riforme”.
Anche l’ambasciatrice lituana in Armenia, Inga Stanytė-Toločkienė, ha elogiato le elezioni anticipate come “prova della fiducia del popolo armeno nella democrazia” e “prova di una resilienza della democrazia in Armenia”. Ha affermato inoltre che, oltre al pacchetto di assistenza e all’attuazione dell’accordo CEPA, “un’altra direzione che la Lituania sosterrebbe con entusiasmo è legata a ulteriori progressi verso la liberalizzazione dei visti”.
“È giunto il momento di avviare un dialogo sui visti con l’Armenia”, ha affermato, con l’ulteriore avvertenza che “è necessario garantire il consenso tra tutti gli stati membri”.
Il deputato lituano al Parlamento europeo Rasa Juknevičienė ha dichiarato a OC Media che affinché la cooperazione UE-Armenia possa davvero prosperare, l’Armenia deve prima “superare l’eredità bellica, per quanto dolorosa” e “concentrarsi pienamente sullo sviluppo sociale ed economico”.
“La guerra non è mai una buona soluzione”
Viola von Cramon, europarlamentare tedesca, ha dichiarato a OC Media che l’UE “può essere più coinvolta” nella risoluzione del conflitto del Nagorno-Karabakh. La strada verso un ulteriore coinvolgimento dell’UE, secondo von Cramon, dovrebbe prevedere la sostituzione della Francia come co-presidente del gruppo di Minsk dell’OSCE, attualmente incaricato di facilitare la risoluzione del conflitto. La sostituzione dovrebbe avvenire a favore dell’intero blocco europeo di 27 stati membri. Gli attuali co-presidenti del gruppo sono Francia, Russia e Stati Uniti. Allo stesso tempo, von Cramon ha detto di vedere “una riluttanza di alcuni dei leader dell’UE ad agire e a vedersi come un attore politico”.
Il fattore russo
Con il suo dispiegamento di 2.000 forze di pace nel Nagorno-Karabakh, la Russia è stata vista da molti osservatori come un “vincitore” della seconda guerra della regione. L’UE, nel frattempo, è vista come uno dei “perdenti”, con una diminuzione della sua influenza nei confronti della Russia.
La Russia è sempre più attiva in Armenia. Tra i suoi progetti sul territorio armeno la costruzione di nuove stazioni della metropolitana a Yerevan, una prima apertura assoluta di una diocesi ortodossa russa in Armenia, la supervisione dell’FSB russo di gran parte dei confini dell’Armenia.
Secondo Viola von Cramon, la crescente influenza russa nel Caucaso meridionale si basa principalmente su “stivali militari sul terreno”, ma non su un “impegno per la risoluzione dei conflitti”. Specie se si considera anche l’aumento dell’influenza turca in Azerbaijan, “sta diventando difficile per l’UE avere influenza politica”, ha detto von Cramon.
Allo stesso tempo, ha aggiunto, il ruolo dell’Unione europea nella regione è fondamentalmente diverso da quello della Russia. L’UE non cerca di rendere l’Armenia o qualsiasi altro paese della regione “dipendente” dall’Unione “come la Russia sta facendo e ha fatto in passato”, ha sostenuto.
L’eurodeputata lituana Rasa Juknevičienė, nel frattempo, ha dichiarato a OC Media di non vedere la fine della seconda guerra del Nagorno-Karabakh “come una vittoria per la Russia, come alcuni potrebbero sostenere”, specialmente se si considera la cooperazione militare dell’Armenia con la Russia e il ruolo svolto dalla Turchia nella vittoria dell’Azerbaijan.
“Il monopolio russo sulla geopolitica nella regione si è effettivamente indebolito quando la Turchia è entrata in scena. Non penso che sia stata una decisione saggia [da parte dell’Armenia] fare totale affidamento sulla Russia fin dall’inizio”, ha detto Juknevičienė a OC Media, aggiungendo che è stata una decisione sovrana dell’Armenia, “ma un modo faticoso per imparare che la Russia di Putin non è un garante di cui fidarsi”.
Alla domanda sul ruolo della Russia nella regione, l’ambasciatrice lituana Inga Stanytė-Toločkienė è stata irremovibile, commentando che “la risoluzione del conflitto deve essere “re-internazionalizzata”. “Non c’è nulla di buono per i paesi più piccoli all’interno del monopolio, o negli accordi sopra le loro teste, comandati delle grandi potenze regionali”, ha detto Stanytė-Toločkienė. “Vorremmo vedere concetti come quello delle sfere di influenza sepolti nel passato”.
Guardando a nord ed ovest
Nonostante le incursioni russe nel paese, Stanytė-Toločkienė afferma che l’UE rimane il principale “partner per le riforme” dell’Armenia. Per quanto riguarda il ruolo dell’UE nella risoluzione del conflitto del Nagorno-Karabakh, esso dipende dalla “misura in cui la Russia riterrà che sia nel suo interesse proteggere il monopolio che ha creato dopo la seconda guerra del Nagorno Karabakh”.
L’ambasciatrice dell’UE Andrea Wiktorin ha affermato che l’Armenia non deve necessariamente scegliere tra guardare a nord e guardare a ovest. Il CEPA, ad esempio, ha dimostrato che è “pienamente compatibile” con l’adesione dell’Armenia al blocco commerciale dell’Unione economica eurasiatica guidato dalla Russia. “I partner orientali hanno il pieno diritto di plasmare liberamente l’ampiezza e la profondità delle loro relazioni con l’UE e altri attori internazionali”, ha affermato.