Turchia e Armenia pronte a ‘normalizzare i rapporti’ dopo quasi 30 anni (Globalvoices 19.10.21)
La Turchia ha chiuso il proprio confine [en, come tutti i link successivi] con l’Armenia nel 1993, durante la prima guerra del Nagorno Karabakh, al fine di dimostrare la propria solidarietà con l’Azerbaigian, con cui è alleata da molto tempo. Dopo quasi 30 anni, la Turchia sta considerando l’idea di riaprire il confine in seguito alla vittoria dell’Azerbaigian nella seconda guerra del Nagorno Karabakh, nel 2020.
Durante la visita in Azerbaigian del Presidente turco Recep Tayyip Erdogan nel dicembre 2020, ha affermato: “Se si adottano misure positive a riguardo, apriremo le nostre porte”. Un mese dopo, un consigliere anonimo di Erdogan ha detto al giornalista turco Asli Aydintasbas che Ankara era pronta a “normalizzare le relazioni con l’Armenia.”
A febbraio del 2021, il Ministro degli Esteri Mevlüt Çavuşoğlu ha condannato il possibile tentativo di golpe contro il Primo Ministro dell’Armenia’s, Nikol Pashinyan, che ha affermato lo Stato Maggiore ha rilasciato una dichiarazione in cui chiedeva le sue dimissioni.
Il 24 aprile 2021, durante una riunione con il Patriarca armeno Sahak Maşalyan, Erdogan ha detto: “È giunto il momento per noi di svelare che noi, in quanto Turchi e Armeni, abbiamo raggiunto una maturità tale da superare insieme tutti gli ostacoli.”
“Tutti vincerebbero” se ci fosse un ampio accordo regionale, ha affermato l’ex Primo Ministro della Turchia Ahmet Davutoglu a The Economist nel maggio 2021.
“In quanto Stato senza sbocco sul mare, un confine aperto e un commercio attivo potrebbero facilitare lo sviluppo economico e diminuire la povertà nel Paese,” hanno scritto Hans Gutbrod, un professore della State University di Tbilisi, e David Wood, un professore della Seton Hall University nell’articolo di giugno 2021 per la Politica Estera. Aggiungendo “Il riavvicinamento con Ankara potrebbe anche permettere a Yerevan di affrontare la sua quasi totale dipendenza dalla Russia, promuovendo così una maggiore stabilità regionale. E anche la Turchia ne beneficerebbe, specialmente grazie ad un aumento del commercio.”
Ad agosto, poi, il Primo Ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan, ha dichiarato che il Paese era pronto a rafforzare i legami con la Turchia in seguito a segnali positivi provenienti da Ankara. Il Parlamento del Paese ha approvato un piano quinquennale, stipulando che l’Armenia era “pronta a fare uno sfrozo per normalizzare i legami con la Turchia.” Mentre il piano è stato approvato, è stato duramente criticato dai parlamentari di opposizione, secondo un rapporto di Civilnet.am.
Le intenzioni in buona fede si sono anche riflesse in Armenia, aprendo il proprio spazio aereo ai voli di Turkish Airline diretti a Baku.
Il 29 settembre, il portavoce presidenziale della Turchia İbrahim Kalınm ha dichiarato in un canale televisivo turco: “In teoria, siamo positivi circa la normalizzazione dei rapporti con l’Armenia. La ragione principale per la quale abbiamo terminato le nostre relazioni diplomatiche e chiuso il nostro confine nel 1992 è stata l’occupazione di Karabakh. Una volta risolto questo problema, non ci saranno, difatti, ostacoli alla normalizzazione con l’Armenia.”
La Turchia e l’Armenia and Armenia erano vicine dal trovare un punto d’intesa nel 2008, quando l’allora Presidente Abdullah Gul si recò a Yerevan per assistere alla prima delle due partite di qualifica per i mondiali tra Turchia e Armenia. Un anno dopo, Serge Sarkisian, il Presidente dell’Armenia, si recò nella provincia turca di Bursa per assistere ad un’altra partita di calcio tra le due squadre nazionali. Il gioco e la visita di Sarkisian in Turchia ha seguito la firma di una serie di protocolli a Zurigo, che sono stati creati con lo scopo di normalizzare i rapporti tra i due Paesi. Descritte allora come “una diplomazia calcistica,” le trattative alla fine sono fallite, dopo che la Turchia si è ritirata a causa della crescente pressione da parte dell’Azerbaigian. L’Armeni ha formalmente dichiarato i protocolli nulli e non validi nel 2018.
Adesso, le probabilità che l’Azerbaigian interferisca sono diminuite. “Prima del ritiro dell’Armenia da questa regione, Baku vedeva l’apertura dei confini della Turchia come un tradimento e la criticò duramente. Adesso, dopo la tregua, questo problema è fuori discussioni e non sarà una sorpresa vedere un tono più mite dall’Azerbaigian rispetto al 2009,” ha affermato l’analista politico di Ankara Hasan Selim Özertem in un’intervista con Eurasianet.
In Armenia, ci sono opinioni differenti riguardo come possa risolversi questa nuova relazione bilaterale, secondo il giornalista Ani Mejlumyan che scrive per Eurasianet:
Il ruolo che la Russia giocherebbe resta da vedere. Parlando al forum New Knowledge di Mosca il 3 settembre, il Ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha affermato: “Ora che la guerra del Nagorno Karabakh è terminata, ci sono le basi per sbloccare il processo politico, i trasport e i rapporti economi.” Nel 2009, la Russia ha apertamente incoraggiato la “diplomazia calcistica” del Paese e si è detta favorevole alla firma dei Protocolli di Zurigo.
Tuttavia, vi sono anche delle “dimensioni morali” in ballo, secondo Hans Gutbrod e David Wood:
Un modo perché ciò accada sarebbe focalizzarsi sulle azioni e sulle esperienze individuali piuttosto che sulle “punizioni collettive”, sostengono Gutbrod e Wood. Entrambi notano che le storie di coloro che hanno espresso la propria solidarietà con gli Armeni sono rimaste in gran parte non raccontate, e forse adesso è il momento giusto per andare avanti, per ricostruire dei legami. Ma questo dipenderebbe dalle volontà di entrambe le parti. Secondo il piano d’azione adottato dal Parlamento armeno verso la fine di agosto, il governo armeno continuerà a fare pressione affinché “le capitali mondiali riconoscano il genocidio armeno,” che “rafforzerebbe il sistema di garanzie di sicurezza dell’Armenia.” Potrebbe rivelarsi più difficile. Ruben Melkonyan, uno studioso di studi turchi presso la Yerevan State University, sostiene che l’Armenia potrebbe dover rinunciare al riconoscimento del genocidio adesso che il Paese si trova “in una posizione debole”