Trieste, le grandi manovre per il salvataggio della chiesa armena (Ilpiccolo.it 05.12.17)

TRIESTE L’assessore regionale alla Cultura Gianni Torrenti e il sindaco Roberto Dipiazza avevano promesso che si sarebbero dati da fare. E infatti hanno mantenuto la parola data: cercheranno di intervenire in qualche modo per salvare il complesso della chiesa “Madonna delle Grazie” in via Giustinelli 7, di proprietà della comunità mechitarista, che sta cadendo a pezzi.

Levon Zekiyan, il delegato pontificio della Congregazione, anche arcieparca degli armeni cattolici di Istanbul, era venuto apposta nelle scorse settimane a Trieste da Venezia, dove c’è il centro più grande della confraternita, per sensibilizzare le istituzioni affinché contribuiscano al restauro della struttura posta sul colle di San Vito.

leggi anche:

Non solo la chiesa risente di notevoli problemi di umidità a causa della caduta del tetto dell’ala sinistra, ma all’interno è conservato ancora il prezioso organo del 1860 donato alla comunità dall’alpinista Julius Kugy, che con il passare del tempo potrebbe deteriorarsi notevolmente, mentre ai lati si ergono otto appartamenti, quasi tutti disabitati e anch’essi completamente da ristrutturare. Accompagnato dai rappresentanti del “Comitato Chiesa degli armeni” e del comitato Ararats (composto dagli ultimi discendenti armeni che ancora oggi risiedono a Trieste), Zekiyan ha incontrato Dipiazza e Torrenti.

L’arcieparca di Istanbul Levon Zekyan
L’arcieparca di Istanbul Levon Zekyan

Il primo cittadino, esattamente due giorni dopo l’incontro, ha effettuato un sopralluogo nella chiesa, ancora consacrata, che versa da quasi dieci anni nel degrado più assoluto. La Regione invece ha organizzato una visita in loco ieri mattina tra i funzionari e la Soprintendenza per determinare precisamente l’entità dell’intervento di cui necessità il tempio.

Il sindaco ha cercato di capire la gravità della situazione in cui si trovano attualmente gli edifici, ubicati in una delle zone che una volta erano in mano ai padri mechitaristi, che nella seconda metà del 1700 s’insediarono a Trieste.

La chiesa poi nel corso del ‘900 fu data in comodato d’uso alla comunità cattolica tedesca che nel 2009 abbandonò l’edificio. «Si tratta di un pezzo di storia di Trieste – ha commentato Dipiazza –, la situazione è molto complicata, drammatica direi, però io ci provo, vediamo che cosa riusciamo a fare. Il sito è di una bellezza disarmante, la vista sul golfo pure e il giardino a pastini è una meraviglia. Messo tutto a posto sarebbe davvero un gioiello».

E qualche giorno fa il sindaco ha cercato anche di stimolare l’interesse della Fondazione CRTrieste, invitando il presidente Massimo Paniccia a dare un’occhiata lui stesso all’area. Detto, fatto. La seconda verifica del sindaco, assieme al numero uno dell’ente, sarà oggi alle 10.30. E poi si tireranno le somme.

Il presidente di Fondazione CRTrieste...
Il presidente di Fondazione CRTrieste Massimo Paniccia

Intanto ieri due funzionari della Regione assieme all’architetto Francesco Krecic della Soprintendenza sono andati sul posto.

«Come era stato anticipato durante l’incontro con il comitato, il sopralluogo è stato fatto – ha affermato Torrenti – per valutare con precisione i lavori da fare e quali interventi eseguire. Per il momento bisogna provvedere alla copertura del tetto della chiesa per sanificare l’ambiente».

Si è evinto che i lavori da affrontare riguardano in particolare, oltre al tetto, il solaio, i pluviali e le grondaie con la relativa rimozione dei detriti. Pare che gli interni della chiesa siano in buone condizioni. Adesso però bisognerà attendere una richiesta formale da parte della proprietà alla Regione.

Il ruolo della Soprintendenza al momento non è stato rilevante, ma sarà importante nel momento in cui ci sarà un vero e proprio progetto di restauro.

Facendo una serie di conti, di primo acchito, secondo la perizia dell’architetto Walter Rutter, interpellato dal comitato stesso, l’entità dell’intervento sul tetto corrisponderebbe a una cifra che oscilla tra i 60mila e i 140mila euro.

«Dopo aver eseguito un sopralluogo rapido ma sufficiente a percepire lo stato drammaticamente fatiscente di strutture portanti delle falde del tetto, di solai e scale non più calpestabili – afferma il professionista – e l’urgenza degli interventi necessari per fermare il veloce declino, serve la stesura di un’analisi dettagliata dei danni e di un progetto di restauro. Le somme di danaro necessarie variano: 60mila euro sarebbero il minimo per fermare il disastro. 140mila euro consentirebbero il recupero della funzionalità, sempre spartana, ma totale».

Vai al sito