Trentunesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Ogni giorno in più avvicina Aliyev al raggiungimento del suo obiettivo: la pulizia etnica degli Armeni in Artsakh (Korazym 11.01.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 11.01.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi, andando verso la conclusione di un mese di blocco illegale del Corridoio di Berdzor (Lachin), non viene segnalata nessun cambiamento nella situazione. Tutto il traffico (di persone e merce) da e per la parte ancora libera della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh rimane interrotto dal 12 dicembre 2022. La #StradaDellaVita, lungo il segmento di Shushi dell’autostrada interstatale Stepanakert-Goris, è chiuso da sedicenti “eco-attivisti” organizzati e pagati dal regime autoritario dell’Azerbajgian, sostenuti dalla polizia azera e sotto l’occhio vigile delle forze armate azere. Inoltre, l’Azerbaigian continua a non consente l’esecuzione di lavori di riparazione dell’unica linea ad alta tensione che alimentava l’Artsakh dall’Armenia.
L’Azerbajgian, la cui economia è completamente basata sulla produzione ed esportazione di idrocarburi, e che contribuisce al riscaldamento globale che sta devastando il nostro pianeta, una dittatura guerrafondaia dove ogni minimo movimento di protesta è represso dalla polizia, sta soffocando gli Armeni dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh organizzando un assedio con slogan come “stop all’ecocidio”, “salvare la natura”. Quando George Orwell scrisse 1984 e coniò il termine “doppio pensiero”, aveva in mente proprio questo. Il totalitarismo che deforma il linguaggio e il pensiero: le attività indipendenti della società civile sono sostituite dai soldati di uno stato autoritario. “Doppio pensiero”, un termine nella neolingua, la lingua immaginaria utilizzata dai membri del partito del Grande Fratello nel romanzo di Orwell, che indica il meccanismo mentale che consente di ritenere vero un qualunque concetto e il suo opposto a seconda della volontà del Partito, dimenticando nel medesimo istante, aspetto questo fondamentale, il cambio di opinione e perfino l’atto stesso del dimenticare.
Nel filmato “attivisti” azeri su un autobus navetta per il Corridoio di Lachin. I testi delle canzoni includono: “Lascia che quelle montagne vedano di nuovo i lupi grigi; lascia la terra di Oghuz [Turchi] e scappa”. Osserva il gesto dei lupi grigi. L’Azerbajgian afferma che il suo blocco di 31 giorni del Nagorno-Karabakh è una protesta ecologica.
È inquietante – pensando all’affermazione di Baku che agli Armeni del Nagorno-Karabakh vengono garantiti gli stessi diritti di cui “godono” degli Azeri in Azerbajgian – che l’unico momento in cui al popolo dell’Azerbaigian è permesso di protestare liberamente è quando la protesta minaccia la vita degli Armeni. Il loro blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) appare coordinato e inteso a chiudere l’unica via di rifornimento rimasta per gran parte del cibo, delle medicine e di altri beni essenziali dell’Artsakh, per non parlare dell’ulteriore restrizione della libertà di movimento della popolazione dell’Artsakh.
Mentre i diplomatici azeri affermano che l’Azerbajgian proteggerà gli Armeni nel Nagorno-Karabakh come i propri cittadini e che gli Armeni non devono temere discriminazioni (o peggio) a causa della loro etnia, l’attuale assedio lo smentisce. La semplice realtà è che l’Azerbajgian apertamente vuole far morire di fame e cerca di punire collettivamente proprio le persone che i loro diplomatici promettono di proteggere. La dissonanza tra la retorica e le azioni di Aliyev è eclatante.
Il Presidente della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Arayik Harutyunyan, ha nominato il Rappresentante permanente dell’Artsakh in Armenia, Sergey Ghazaryan, Ministro degli Esteri. Succede a Davit Babayan.
L’11 gennaio si è svolta a Stepanakert una riunione del Consiglio di Sicurezza sotto la guida del Presidente della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Arayik Harutyunyan, con la partecipazione di rappresentanti di tutte le forze politiche dell’Assemblea nazionale dell’Artsakh. Si è discusso delle conseguenze della crisi umanitaria nell’Artsakh, che dura da quasi un mese a causa del blocco del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbajgian. Riportiamo di seguito la nostra traduzione italiana dall’armeno della dichiarazione che è stata adottata:
“È passato quasi un mese da quando un gruppo di cosiddetti eco-attivisti ha bloccato l’unica strada che collega l’Artsakh con l’Armenia, con il pieno e aperto sostegno delle attuali autorità dell’Azerbajgian. Con tali azioni, la parte azera ha praticamente privato la popolazione della Repubblica di Artsakh dell’unica possibilità di comunicare con il mondo esterno, lasciando i 120.000 abitanti in un blocco totale, con tutte le conseguenze umanitarie, sanitarie ed economiche che ne derivano.
I pensieri espressi dal Presidente dell’Azerbaigian durante la conferenza stampa tenutasi il 10 gennaio hanno dimostrato ancora una volta che tutto ciò non è altro che un’ovvia manifestazione della minaccia dell’uso della forza da parte delle autorità azere nel processo di risolvere problema del Karabakh, che è una continuazione della guerra di 44 giorni del 2020 scatenata dall’Azerbajgian contro il popolo della Repubblica di Artsakh.
Nel contesto di queste realtà, una serie di affermazioni e opinioni espresse dal Primo Ministro della Repubblica di Armenia durante la conferenza stampa di ieri hanno sollevato preoccupazioni, in quanto non corrispondono alle idee della lotta nazionale, nonché alla posizione assunta dal popolo e le autorità della Repubblica di Artsakh.
Siamo consapevoli di tutte le conseguenze che derivano dalla nostra linea politica adottata e ribadiamo la nostra posizione secondo cui la sovranità dell’Artsakh e il diritto di vivere liberamente e indipendentemente nella patria storica sono valori assoluti. Nessuna coercizione o minaccia può dissuaderci dalla nostra decisione di continuare la lotta.
Di conseguenza, facciamo appello alla comunità internazionale affinché si assuma la responsabilità di prevenire le azioni terroristiche intraprese dall’Azerbajgian, la prevista pulizia etnica e il nuovo genocidio in preparazione.
Il popolo e le autorità della Repubblica di Artsakh sono fiduciosi che gli Armeni di tutto il mondo continueranno a sostenere la decisione presa dai loro fratelli e sorelle in Artsakh, ed esortano le autorità della Repubblica di Armenia a lasciarsi guidare esclusivamente dalla posizione di promuovere e proteggere il diritto all’autodeterminazione del popolo dell’Artsakh nei tribunali internazionali, utilizzando tutte le opportunità e tutti gli strumenti dello Stato internazionalmente riconosciuto”.
Il Ministro di Stato dell’Artsakh, Ruben Vardanyan, ha scritto in un post su Twitter: “I discorsi di ieri dei leader sia dell’Armenia che dell’Azerbajgian hanno confermato che l’Artsakh/Nagorno-Karabakh non ha altra scelta che continuare la sua lotta per il diritto all’autodeterminazione, alla dignità e alla pace”.
Il Presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, ha rilasciato un’intervista televisiva, nello stesso giorno di ieri, in cui il Primo Ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan, ha tenuto una conferenza stampa, di cui abbiamo riferito ieri [QUI].
In riferimento al Corridoio di Berdzor (Lachin), Aliyev ha detto: “I separatisti sono impegnati a diffondere al mondo informazioni completamente false. In primo luogo, tutti hanno già visto che non si tratta di un blocco. Circa 400 camion delle forze di pace – non è ancora passato un mese – sono passati di lì”.
Le dichiarazioni di ieri di Aliyev sul blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) è stata una pura confessione di pulizia etnica effettuata a livello statale. Ha detto che la strada è aperta per coloro che non vogliono essere cittadini dell’Azerbajgian e che possono partire in auto o autobus delle forze di mantenimento della pace russe.
All’affermazione che il Corridoio di Lachin non sarebbe chiuso, ha già risposto l’Ufficio del Procuratore Generale della Repubblica di Artsakh, a seguito di articoli sulla stampa sotto controllo statale azero, che affermano e cercano di dimostrare che l’Artsakh non è effettivamente sotto assedio, sebbene i dati forniti dimostrino chiaramente il contrario.
Il Nagorno-Karabakh continua a rimanere isolato con tutti i transiti civili interrotti a causa del blocco da parte di “eco-attivisti” e autorità azeri, organizzato dallo stato dell’Azerbajgian. La Russia rimane l’unico attore che attualmente porta cibo e beni di prima necessità, anche se in quantità limitate e non sufficiente, con i camion militari della sua forza di mantenimento della pace schierata nel territorio dopo la guerra del 2020. Beni di prima necessità (frutta, verdura, medicine e altro) sono ancora carenti nell’Artsakh, che causa di una crisi umanitaria sempre più seria.
“Per documentare la nudità della tesi azera è sufficiente rivelare solo tre dati statistici: prima di bloccare l’autostrada Stepanakert-Goris, l’unica che collega l’Artsakh con l’Armenia, nel 2022, secondo gli indicatori di novembre, 380-400 tonnellate di cibo e altri beni destinati ai bisogni pubblici sono state consegnate dall’Armenia all’Artsakh al giorno (10.260-10.800 tonnellate in 27 giorni), una media di 454 auto ha lasciato l’Armenia per l’Artsakh in una direzione attraverso il “Corridoio di Lachin” (in 27 giorni: 12.258), più di 1.200 persone (in 27 giorni: 32.400). È interessante notare che gli indicatori citati sono piccoli non solo nel 2020, rispetto al periodo precedente la guerra dei 44 giorni, ma anche alla domanda necessaria a garantire il livello medio di benessere di una popolazione di 120.000 abitanti. I media azeri hanno anche confermato con la suddetta pubblicazione che i residenti della Repubblica dell’Artsakh sono privati dell’opportunità di muoversi attraverso il Corridoio e comunicare con la Repubblica di Armenia. Solo le forze di mantenimento della pace russe e i rappresentanti del CICR hanno attraversato il corridoio. Pertanto, i dati statistici e gli argomenti sopra menzionati riflettono in modo abbastanza eloquente e grafico l’intera realtà che attualmente prevale in Artsakh e che l’Azerbajgian non risparmia alcuno sforzo per nascondere alla comunità internazionale”, si legge nella dichiarazione rilasciata dall’Ufficio del Procuratore Generale della Repubblica di Artsakh.
La dichiarazione di ieri del Presidente dell’Azerbajgian, Iham Aliyev, sul blocco del Corridoio di Lachin è stata una pura confessione di pulizia etnica effettuata a livello statale. Ha detto che la strada è aperta per coloro che non vogliono essere cittadini dell’Azerbajgian e che possono partire in auto o autobus delle forze di mantenimento della pace russe. Esprimendo la disponibilità di aprire il Corridoio di Lachin solo per gli Armeni che vogliono lasciare l’Artsakh, Aliyev ieri ha confessato il suo unico obiettivo: la pulizia etnica. Il suo blocco è uno strumento della sua politica per terrorizzare i civili armeni per costringerli a lasciare la loro terra ancestrale. Con il mondo diplomatico che chiude un occhio davanti a questa crisi umanitaria e la maggioranza dell’Unione Europea nelle tasche dell’Azerbajgian, Aliyev riuscirà nel suo obiettivo. Dopo 30 giorni, la maschera è definitivamente caduta e la situazione sta rapidamente degenerando. Ripugnante.
Prova di amenophobia e ammissione di crimini di guerra contro i prigionieri di guerra Armeni. Nel breve video qui sopra, un soldato azero che si vanta di aver tagliato le orecchie a 19 soldati armeni con il suo coltello da trofeo che odora ancora di sangue e di averlo fatto lentamente, sicuro dell’impunità: diamo alla “comunità internazionale” il gas e il petrolio dal nostro sottosuolo e facciamo praticamente quello che vogliamo.
Il secondo assedio del Karabakh
di Vicken Cheterian
Agos [*], 9 gennaio 2023
(Nostra traduzione italiana dall’inglese)
Avevo preso il volo da Yerevan a Stepanakert. L’aereo civile non aveva sedili, sono stati tutti portati via per fare il massimo spazio per il carico. Eravamo seduti su sacchi di farina. Nessuno ci ha chiamato per mettere le cinture di sicurezza. L’aereo civile Yak-40 è decollato e ha guadagnato quota molto velocemente e ha mantenuto la sua quota fino a raggiungere l’aeroporto del Karabakh, dove è sceso a spirale. Questa insolita manovra serviva per evitare il fuoco antiaereo azero che non distingueva tra civili e militari e apriva il fuoco su qualsiasi cosa fosse considerata armena. All’aeroporto di Stepanakert (situato nel villaggio di Khojaly, ora Ivanyan), c’era solo un’auto ad aspettarci, gli ospiti stranieri. Gli altri passeggeri dovevano camminare a piedi fino a Stepanakert o ai loro villaggi, poiché non c’era benzina per le auto civili. Quando abbiamo raggiunto Stepanakert, abbiamo visto numerosi edifici distrutti a causa del pesante bombardamento dell’artiglieria azera. Nel centro della città, nei parchi pubblici venivano piantate patate o carote, per la sopravvivenza.
Era l’aprile 1992, al culmine della prima guerra del Karabakh, quando la popolazione armena era sotto assedio totale da parte dell’esercito azero. Sebbene diverse leadership andassero e venissero – prima l’apparatchik dell’era sovietica, Ayaz Mutalibov, poi il professore di letteratura araba diventato politico pan-turco Abulfaz Elchibey – la politica non cambiò: una guerra totale di annientamento contro la popolazione armena del Nagorno-Karabakh (Karabakh montuoso) – o Artsakh in armeno. Questo prima che le forze armene prendessero l’iniziativa e andassero all’attacco e prendessero il controllo del Corridoio di Lachin nel giugno 1992, per liberarsi da un soffocante assedio. La guerra che seguì nei due anni successivi portò a reciproci massacri e pulizia etnica, alla morte di migliaia di giovani soldati, alla fine con una vittoria militare armena e il cessate il fuoco del maggio 1994.
Dal 12 dicembre 2022, gli Armeni del Karabakh subiscono la stessa sorte. I funzionari azeri hanno chiuso la Strada di Lachin che è l’unico collegamento dal Karabakh all’Armenia e al resto del mondo. La strada è bloccata da persone che si spacciano per “attivisti ecologici” che fingono di opporsi alle attività minerarie in Karabakh, eppure non c’è dubbio che si tratti di agenti del governo azero, organizzati e controllati dalle autorità centrali. Lo scopo dell’assedio è prendere il controllo dell’ancora di salvezza della popolazione di 120.000 persone che continuano a vivere nella loro terra ancestrale.
Dopo la seconda guerra del Karabakh del 2020, quando l’Azerbajgian ha lanciato un massiccio attacco per 44 giorni e ha segnato una vittoria militare, l’aggressione azera contro il Karabakh e contro l’Armenia non si è fermata. Da allora, il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, si riferisce all’Armenia come “l’Azerbajgian occidentale”, preparando il terreno per un conflitto continuo. Questa continua aggressione rivela che gli obiettivi della guerra del 2020 non erano il ripristino dell’”integrità territoriale” dell’Azerbajgian secondo il “diritto internazionale”, ma un conflitto etnico primordiale che continua dall’inizio degli anni ’90. Ilham Aliyev potrebbe scegliere un’altra politica dopo la sua vittoria nel 2020, ad esempio i negoziati con la parte armena per porre fine a un conflitto vecchio di tre decenni, ma invece ha deciso di continuare la logica delle minacce e della violenza.
Va ricordato che non solo il Karabakh è sotto assedio, ma anche l’Armenia: sia l’Azerbajgian che la Turchia continuano a imporre un blocco contro l’Armenia da quando il Paese ha avuto accesso all’indipendenza, ormai da oltre tre decenni.
Le forze di mantenimento della pace russe e l’impero perduto
Il Corridoio di Lachin che collega il Karabakh con l’Armenia è sotto il controllo di sicurezza delle forze di mantenimento della pace russe, schierate nella regione secondo l’accordo trilaterale del 9 novembre 2020 (Russia, Azerbajgian, Armenia) che ha posto fine alla seconda guerra del Karabakh. Stranamente, dal 12 dicembre dello scorso anno, i militari russi tollerano che alcune decine di manifestanti blocchino una strada principale nella loro area di competenza. La loro passività solleva molte domande sul ruolo che la Russia sta svolgendo in questo conflitto e se la Russia può adempiere al suo mandato di mantenimento della pace. Inoltre, non è chiaro fino a che punto si spinga la cooperazione politica e il coordinamento tra Mosca e Baku. Nel contesto della guerra russa in Ucraina, l’Azerbajgian è diventato importante nell’aiutare la Russia a infrangere le sanzioni occidentali ed esportare gas russo nei mercati europei [attraverso l’Azerbajgian].
Putin oggi ha perso il sostegno dell’opinione pubblica armena. All’indomani della guerra del 2020, parte dell’opinione pubblica armena, e in gran parte gli Armeni del Karabakh, vedevano nella Russia di Putin il garante della propria sicurezza. Non più, poiché la Russia rimane ferma mentre gli attacchi dell’Azerbajgian continuano. Questo è molto simile al cambiamento dell’opinione pubblica armena nel 1988: il movimento del Karabakh era nato nello spirito delle riforme di Gorbaciov, e nelle manifestazioni iniziali portavano manifesti di Lenin e slogan della Perestrojka. Ma quando Gorbachev non ha risposto alle loro richieste e le forze sovietiche non sono riuscite nemmeno a garantire la sicurezza fisica degli Armeni in seguito al pogrom a Sumgait (febbraio 1988), l’opinione pubblica armena si radicalizzò su posizioni antisovietiche e chiese l’indipendenza.
Gli imperi si costruiscono se hanno una funzione da assolvere: fare da arbitro e portare stabilità laddove gli attori locali falliscono. Putin ha rivelato di voler riconquistare un impero perduto, ma semplicemente non sa come farlo.
La “società civile” è diversa dalla “società militare”
L’Azerbajgian, la cui economia è completamente basata sulla produzione ed esportazione di idrocarburi, e che contribuisce al riscaldamento globale che sta devastando il nostro pianeta, una dittatura guerrafondaia dove ogni minimo movimento di protesta è represso dalla polizia, sta soffocando gli Armeni dell’ Artsakh/Nagorno-Karabakh organizzando un assedio con slogan come “stop all’ecocidio”, “salvare la natura”. Quando George Orwell scrisse 1984 e coniò il termine “doppio pensiero”, aveva in mente proprio questo. Il totalitarismo che deforma il linguaggio e il pensiero: le attività indipendenti della società civile sono sostituite dai soldati di uno stato autoritario.
Tuttavia, questa deformazione di significato non è il risultato del solo autoritarismo. Negli ultimi giorni ho cercato di scoprire se ci fossero autentici ambientalisti in Azerbajgian, nei paesi vicini compresa la Turchia, che protestassero contro il regime di Aliyev che confiscava il discorso ecologico e lo trasformava in un’arma di pulizia etnica. Eppure non ne ho trovati. Numerose ONG ambientaliste in Georgia, Armenia, Turchia e altrove hanno ricevuto sovvenzioni per “progetti regionali” per migliorare la cooperazione ambientale. Tuttavia, sentono che gli eventi di Lachin non li riguardano. Prima dell’emergere di regimi autoritari, i custodi della “società civile” hanno già eroso il linguaggio e il suo significato attraverso il loro comportamento.
Sappiamo che i regimi autoritari non sono attrezzati per risolvere questioni così complesse come i conflitti etnico-territoriali. Né che si sforzano di farlo. Più spesso i regimi autoritari usano tali conflitti per legittimare la loro confisca della sfera pubblica. I conflitti etno-territoriali hanno la possibilità di essere risolti attraverso l’istituzione dello stato di diritto, dove i singoli cittadini e i gruppi sociali hanno diritti protetti dallo stato e dove le differenze etniche, linguistiche, religiose, razziali e di altro tipo diventano meno importanti. Ma l’Azerbajgian, con la sua struttura economica dipendente dalle esportazioni di petrolio e gas, e valori politici in cui concetti come “società civile” o slogan come “salvare la natura” vengono dirottati per infiammare il nazionalismo e il conflitto, ha qualche possibilità di stabilire un governo di diritto?
[*] Agos è stata fondata nel 1996 per far conoscere all’opinione pubblica i problemi degli Armeni di Turchia. È il primo giornale del periodo repubblicano ad essere pubblicato in turco e in armeno. La politica editoriale di Agos si concentra su temi come la democratizzazione, i diritti delle minoranze, il confronto con il passato, la tutela e lo sviluppo del pluralismo in Turchia. Come giornale emerso all’interno della comunità armena della Turchia, Agos mira ad aprire ulteriormente le sue pagine alle questioni della Turchia e del mondo. Poiché il giornalismo indipendente e la libertà di espressione devono affrontare crescenti restrizioni in Turchia, Agos funge anche da piattaforma indipendente per il dibattito.
Pro memoria
«Il blocco del Corridoio di Lachin è una atto di guerra contro gli Armeni dell’Artsakh». Lo ha scritto il Vicedirettore del prestigioso quotidiano francese Le Figaro, Jean-Christophe Busson, in un post sul suo account Twitter.
La bandiera russa continua a sventolare con le forze di mantenimento della pace russe che presidiano le postazioni nel Corridoio… il blocco. Ciò significa che i 120.000 cittadini Armeni Cristiani (tra cui 30.000 bambini e 20.000 anziani) dell’Artsakh sotto assedio vengono tenuti in ostaggi, con mancanza di cibo, carburante, medicine e altri beni di prima necessità. Le uniche merci che arrivano attraverso il blocco, vengono portate con i camion del contingente di mantenimento della pace della Federazione Russa, ovviamente non in quantità necessaria.
Ora siamo a un punto in cui la comunità internazionale deve agire e forzare l’apertura del Corridoio, o riconoscere che nulla è realmente cambiato dai massacri di Rwanda e Srebrenica, e che nel vicinato orientale dell’Unione Europea si può lasciar morire di fame e di freddo un’intera popolazione nel XXI secolo. Il Difensore dei Diritti Umani dell’Artsakh, Gegham Stepanyan chiede: «Amnesty International, sei d’accordo con il blocco di 120.000 persone dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh da parte dell’Azerbajgian? È passato un mese, siamo sull’orlo di un disastro umanitario e senza una vostra parola».
Indice – #ArtsakhBlockade [QUI].