Trentanovesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Ascoltare il grido di aiuto del popolo armeno dell’Artsakh sotto assedio dell’Azerbajgian (Korazym 19.01.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 19.01.2023 – Vik van Brantegem] – Ignorare l’assedio criminale azero dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh equivale a condannare il popolo armeno dell’Artsakh a una lenta morte, mentre l’Italia stringe accordi militari con Baku per il gas azero (ovvero, russo riciclato). Tutto il traffico (di persone e merce) da e per la parte ancora libera della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh rimane interrotto dal 12 dicembre 2022. Passano solo veicoli del contingente di pace russi e del CICR. La #StradaDellaVita, lungo il segmento di Shushi dell’autostrada interstatale Stepanakert-Goris, è chiuso da sedicenti “eco-attivisti” organizzati e pagati dal regime autoritario dell’Azerbajgian, sostenuti dalla polizia azera e sotto l’occhio vigile delle forze armate azere.
L’Azerbajgian è uno stato terrorista gestito da un dittatore guerrafondaio e genocida. L’Azerbajgian è una dittatura che nella classifica della libertà di Freedom House sta più in basso dell’Afghanistan. La Russia possiede quote significative nei suoi giacimenti petroliferi e l’Azerbajgian ricicla il gas russo per la rivendita in Europa, con cui finanzia le sue guerre contro gli Armeni Cristiani. È colpevole di crimini di guerra, attualmente impegnato nella pulizia etnica con il #ArtsakhBlockade, con la sicurezza dell’impunità.
L’Azerbajgian ha commesso il peggior genocidio culturale del XXI secolo: ha distrutto tra il 1964 e il 1987 nel Nakhichevan 89 chiese armene, 5.840 khachkar e 22.000 lapidi. E questo è solo un esempio del genocidio culturale in un territorio sotto controllo azero. Come può uno Stato che non rispetta i monumenti dei morti rispettare i vivi?
L’Azerbajgian pro capite è tra i peggiori inquinatori e i maggiori contributori al riscaldamento globale del pianeta. Aggiungete a questa vasta distruzione ecologica lungo la costa e l’enorme quantità di tossine che scarica nel Mar Caspio, il più grande specchio d’acqua interno del mondo. Ma ai finti “eco-attivisti” azeri che tengono bloccato per “preoccupazioni ambientali” l’unica strada verso il Nagorno-Karabakh, se ne fregano dei 120.000 Armeni che tengono sotto assedio. Non protestano mai contro la distruzione ecologica nel proprio Paese, come farebbero se fossero dei veri ambientalisti [ritorniamo sulla questione in fondo a questo articolo].
L’Azerbajgian continua a non consentire la riparazione dell’unica linea ad alta tensione che alimentava l’Artsakh dall’Armenia. La situazione dell’approvvigionamento energetico rimane tesa. Inoltre, il 18 gennaio 2023 l’Azerbajgian ha chiuso il gasdotto dall’Armenia all’Artsakh.
Mentre il resto del mondo chiede allo stato terrorista dell’Azerbajgian di porre fine all’assedio dell’Artsakh, solo le forze armate dell’Azerbajgian con la neutralità delle forze di mantenimento della pace russe mantengono in piedi il #ArtsakhBloccade. L’Azerbajgian, sfruttando la vulnerabilità dell’infrastruttura critica dell’Artsakh, blocca la strada e interrompe la fornitura di gas e elettricità per causare più sofferenze alla popolazione civile dell’Artsakh.
«Ringrazio le organizzazioni internazionali, i parlamenti di diversi paesi, tutti i funzionari stranieri che non sono indifferenti al destino dell’Artsakh per aver ascoltato la voce dell’Artsakh, risposto e sollevato la questione dalla loro parte. Spero che grazie alla continua pressione della comunità internazionale, l’Artsakh supererà rapidamente questa crisi» (Ruben Vardanyan – Telegram, 19 gennaio 2023).
«Aliyev dice agli Armeni del Nagorno-Karabakh: accetta la cittadinanza azera o vattene. Dichiarazioni del genere sono inaccettabili per un Paese che si definisce un “partner affidabile” dell’Unione Europea» (Eurodeputato Marina Kaljurand, Presidente della Delegazione per le relazioni con il Caucaso meridionale).
Il modo migliore per porre fine a questa storia
è riconoscere l’Artsakh come Stato indipendente
L’unico modo per vivere fianco a fianco
è essere vicini e non far parte dell’Azerbajgian
Il Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh, Ruben Vardanyan, nella sua seconda intervista alla televisione francese France 24 dall’inizio dell’assedio dell’Artsakh da parte dell’Azerbaigian, presentando la situazione, ha detto che gli Europei devono mettere pressione sull’Azerbajgian e creare un ponte aereo in modo per portare il cibo e le medicine di cui il popolo dell’Artsakh ha tanto bisogno.
Vardanyan ha sottolineato: «Penso anche che il modo migliore per porre fine a questa storia sarebbe riconoscere l’Artsakh come Stato indipendente. Perché l’Azerbajgian non è in grado di fornire condizioni di vita normali non solo agli Armeni, ma anche al proprio popolo. La situazione attuale dimostra ancora una volta che non è possibile vivere in Azerbajgian, dove c’è tanta pressione e tanti attacchi alla popolazione civile».
Alla domanda di France 24, che ha in mano la chiave per la soluzione e la fine delle sofferenze del popolo del Nagorno-Karabakh, Ruben Vardanyan ha detto, che il principale “beneficiario” di tutto questo è il regime di Aliyev, perché avere un nemico esterno gli permette mantenere il suo regime. «Non dimentichiamo che il Paese è stato governato da una sola famiglia per decenni. Pertanto, l’unico modo per mantenere l’unità all’interno del Paese è avere un nemico esterno che possa sempre essere utilizzato per consolidare il proprio potere. Ecco perché la chiave è nelle mani del popolo dell’Azerbajgian, perché i loro figli muoiono durante la guerra, sono poveri, anche se hanno tanto petrolio e gas. E la civilizzata comunità internazionale dovrebbe spiegare che questo è inaccettabile. Francia, Russia, Stati Uniti, Iran, Turchia sono grandi attori, ma alla fine, il nostro obiettivo e la nostra responsabilità è mostrare determinazione e coraggio per difendere la nostra indipendenza. Un giorno, l’Azerbajgian dovrebbe capire che l’unico modo per vivere fianco a fianco è essere vicini e non far parte dell’Azerbajgian».
Il Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh ha anche osservato che l’Europa continua le attività commerciali con l’Azerbajgian, sostenendo il regime autoritario, che sta cercando di distruggere un paese democratico come l’Artsakh. Lo ha definito “un esempio dei doppi standard di molti dei grandi giocatori”. «Russia, Europa, Stati Uniti possono svolgere un ruolo importante. La Francia è uno dei Paesi eccezionali che ha sostenuto gli Armeni dell’Artsakh fin dal primo giorno del blocco. Voglio ringraziarla per questo. Penso che Russia, Francia e Stati Uniti dovrebbero tornare al tavolo del Gruppo di Minsk dell’OSCE e fare pressione sull’Azerbajgian da tre parti”, ha detto Ruben Vardanyan.
Risoluzione del Parlamento europeo sulle conseguenze umanitarie del blocco in Nagorno-Karabakh (2023/2504(RSP)) – 19 gennaio 2023
Il Parlamento europeo,
– viste le sue precedenti risoluzioni sull’Armenia e l’Azerbaigian,
– visti l’articolo 144, paragrafo 5, e l’articolo 132, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che l’unica strada che collega il Nagorno-Karabakh con l’Armenia e il mondo esterno, il corridoio di Lachin, dal 12 dicembre 2022 è bloccata da sedicenti ambientalisti dell’Azerbaigian; che ciò perturba l’accesso a beni e servizi essenziali, tra cui cibo, carburante e medicinali, per i 120 000 armeni che vivono in Nagorno-Karabakh, ponendoli di fatto sotto un blocco;
B. considerando che il blocco ha causato una grave crisi umanitaria, che sta colpendo in modo significativo le popolazioni più vulnerabili; che il trasferimento di pazienti gravemente malati è quasi impossibile e si è già registrato un decesso; che centinaia di famiglie rimangono separate;
C. considerando che la crisi umanitaria è stata ulteriormente aggravata dall’interruzione da parte dell’Azerbaigian delle forniture di gas naturale verso il Nagorno-Karabakh, che ha lasciato senza riscaldamento abitazioni, ospedali e scuole;
D. considerando che, sostenendo il blocco del corridoio di Lachin, l’Azerbaigian viola i suoi obblighi internazionali derivanti dalla dichiarazione trilaterale di cessate il fuoco del 9 novembre 2020, in base alla quale l’Azerbaigian deve garantire la sicurezza delle persone, dei veicoli e delle merci che circolano lungo il corridoio in entrambe le direzioni;
E. considerando che gli impedimenti all’utilizzo del corridoio di Lachin frenano il processo di pace tra Armenia e Azerbaigian e minano la fiducia internazionale;
1. deplora le tragiche conseguenze umanitarie provocate dal blocco del corridoio di Lachin e dal conflitto del Nagorno-Karabakh;
2. esorta l’Azerbaigian a rispettare e attuare la dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020 e a riaprire immediatamente il corridoio di Lachin per consentire la libertà di circolazione e assicurare l’accesso a beni e servizi essenziali, garantendo in tal modo la sicurezza nella regione e salvaguardando i mezzi di sussistenza dei residenti;
3. sottolinea la necessità di un accordo di pace globale che garantisca i diritti e la sicurezza della popolazione armena del Nagorno-Karabakh; invita l’Azerbaigian a tutelare i diritti degli armeni che vivono in Nagorno-Karabakh e ad astenersi dalla sua retorica incendiaria volta a fomentare la discriminazione nei confronti degli armeni e a incalzare questi ultimi a lasciare il Nagorno-Karabakh;
4. esorta l’Azerbaigian ad astenersi dal compromettere in futuro il funzionamento dei collegamenti di trasporto, energia e comunicazione tra l’Armenia e il Nagorno-Karabakh;
5. condanna fermamente il fatto che i difensori dei diritti umani e le organizzazioni della società civile siano usati dall’Azerbaigian come capro espiatorio e invita le rappresentanze dell’UE e degli Stati membri a sostenere il loro lavoro;
6. condanna l’inazione delle “forze di pace” russe; ritiene che dovrebbe essere negoziata con urgenza la loro sostituzione con le forze di pace internazionali dell’OSCE, nel quadro di un mandato delle Nazioni Unite;
7. chiede che alle organizzazioni internazionali sia concesso un accesso senza ostacoli al Nagorno-Karabakh per valutare la situazione e fornire la necessaria assistenza umanitaria;
8. chiede una missione conoscitiva delle Nazioni Unite o dell’OSCE nel corridoio di Lachin per valutare la situazione umanitaria in loco;
9. chiede l’urgente ripresa, senza condizioni preliminari, dei negoziati basati sui principi dell’Atto finale di Helsinki;
10. sollecita l’Unione Europea a coinvolgersi attivamente e a garantire che gli abitanti del Nagorno-Karabakh non siano più tenuti in ostaggio dall’attivismo di Baku, dal ruolo distruttivo della Russia e dall’inattività del gruppo di Minsk;
11. incarica la sua Presidente di trasmettere la presente risoluzione all’Armenia, all’Azerbaigian e alle istituzioni internazionali.
Il Parlamento Europeo condanna il blocco azero al Nagorno-Karabakh
Il Presidente von der Leyen prenda atto o si dimetta
Il governo italiano prenda in considerazione quanto indicato e agisca di conseguenza
Il Consiglio per la Comunità Armena di Roma esprime in un comunicato grande soddisfazione per la votazione odierna al Parlamento Europeo di una risoluzione che condanna il blocco azero della strada lungo il Corridoio di Lachin, unico collegamento tra il Nagorno-Karabakh (Artsakh) e l’Armenia.
La criminale politica dell’Azerbajgian che dal 12 dicembre scorso ha isolato la regione armena spingendo sull’orlo di una crisi umanitaria 120.000 persone è stata duramente stigmatizzata dai parlamentari europei che hanno altresì denunciato il taglio delle forniture di gas, elettricità e connessione internet.
Il Consiglio per la Comunità Armena di Roma sottolinea nel comunicato l’importanza del voto politico odierno, che è un chiaro messaggio a quelle istituzioni europee e internazionali che, per mera opportunità economica, stanno avallando la politica di Aliyev (definito “partner affidabile” dal Presidente von der Leyen).
Ad avviso del Consiglio per la Comunità Armena di Roma, se legge nel comunicato, von der Leyen dovrebbe prendere atto di questa importante votazione e agire di conseguenza, sensibilizzando nel merito il “partner” azero, esprimendo pubblica solidarietà alla popolazione armena del Nagorno-Karabakh, intervenendo con una urgente missione umanitaria di soccorso.
O, in alternativa, rassegnando le proprie dimissioni.
Il Consiglio per la Comunità Armena di Roma invita il governo italiano a prendere in considerazione quanto indicato nella risoluzione e ad agire di conseguenza attivandosi per quanto del caso.
Il Parlamento Europeo e i media internazionali stanno iniziando a mobilitarsi contro la disumanità del blocco dell’Artsakh.
Siranush Sargsyan (una giornalista indipendente di Stepanakert, Artsakh/Nagorno Karabakh, che si occupa di politica e diritti umani) e Lynn Zovighian (una filantropa e co-fondatrice di The Zovighian Partnership, che lavora con le comunità che affrontano il genocidio in Medio Oriente e nel Caucaso) hanno intervistato per Newsweek delle madri in Artsakh che hanno condiviso le loro paure un mese dopo l’inizio del #ArtsakhBlockade. Non si tratta più solo di non avere cibo, medicine, elettricità, gas. Mariam gli ha detto: “Penso che le madri con bambini piccoli si stiano rivelando come un obiettivo del blocco. Secondo me, il blocco ha colpito soprattutto le famiglie con bambini piccoli”. Le madri dell’Artsakh temono il genocidio. È ora che le loro domande non restino più senza risposta Dobbiamo ascoltare con attenzione i loro appelli all’azione. Per rispondere in modo efficace è necessario il sostegno collettivo urgente del mondo.
Ascolta le madri assediate in Artsakh/Nagorno-Karabakh
di Siranush Sargsyan e Lynn Sovighian
Newsweek, 18 gennaio 2023
(Nostra traduzione italiana dall’inglese)
A un mese dall’inizio del blocco nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh senza ancora alcuna mediazione diplomatica internazionale in corso, 120.000 cittadini di etnia armena, 30.000 dei quali bambini, rimangono isolati dal mondo.
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha recentemente tenuto una sessione per discutere del blocco del Corridoio di Lachin che collega l’Armenia con l’Artsakh/Nagorno-Karabakh e ha incoraggiato tutte le parti a mostrare moderazione. Ma gli Stati membri non sono riusciti a mettersi d’accordo su una dichiarazione di condanna e sui passi successivi.
I media internazionali hanno appena iniziato a parlare del disastro umanitario sul campo. A un mese dall’inizio del blocco del Corridoio Lachin, il mondo comincia a porsi domande serie che meritano risposte serie.
Le madri giovani, e per la prima volta bloccate, hanno posto domande difficili sin dal primo giorno, il 12 dicembre 2022. Abbiamo parlato con loro ad un mese del blocco, perché come dice l’adagio, le madri ne sanno di più.
A Stepanakert, Marta Kostanyan, una madre di 24 anni di Sona di 5 mesi, ci ha chiesto: “Come dovrei sentirmi, come giovane donna che ha appena messo su famiglia, quando invece di godere del calore e dell’amore di mia famiglia e mia figlia, devo pensare a come evitare che mia figlia si raffreddi e dove procurarle del cibo?” Con temperature fino a -6 °C dall’inizio del nuovo anno, i sistemi immunitari di neonati e bambini vengono compromessi.
Mentre il blocco continua senza una fine in vista, ci sono pressioni significative sulle catene di approvvigionamento; i negozi non hanno più cibo e merci sugli scaffali. Il rischio di malnutrizione e persino di fame per neonati e bambini piccoli è reale.
La trentenne Mariam Abrahamyan, che ha tre figli con gemelli di 18 mesi, ci ha detto: “Penso che le madri con bambini piccoli si stiano rivelando come un obiettivo del blocco. Secondo me, il blocco ha colpito soprattutto le famiglie con bambini piccoli”. Ci ha chiesto: “In queste condizioni estreme, i genitori non sanno cosa fare: concentrarsi sui figli? Andare a lavorare? Procurarsi il pane?” Prive di risorse e indifese, le madri non sono più in grado di risolvere i problemi delle loro famiglie. “Mi sembra che ogni giorno assistiamo a ulteriori problemi”, ha spiegato dal soggiorno di suo padre a Stepanakert.
“Nonostante sia pronto ad affrontare i bisogni umanitari urgenti, le risorse del CICR potrebbero essere ancora ragionevolmente limitate”, ci ha detto al telefono da Yerevan Zara Amatuni, responsabile delle comunicazioni e della prevenzione presso la Delegazione del Comitato Internazionale della Croce Rossa in Armenia.
Ani Tovmasyan, responsabile dell’informazione e delle pubbliche relazioni presso il Ministero dello Sviluppo Sociale e della Migrazione in Artsakh, è la madre di un bambino di 3 mesi e dal suo ufficio a Stepanakert ha chiesto: “Come ti prendi cura di un bambino a queste condizioni? Con cosa si sostituiscono i pannolini perché il bambino non si ammali, soprattutto che non ci siano farmaci anche nelle farmacie? In realtà la situazione è veramente orribile”.
L’inazione globale sta mettendo in pericolo madri e bambini, che rimarranno cicatrici per tutta la vita se non avranno la priorità ora. Le implicazioni sulla salute dei conflitti e dell’instabilità sui bambini sono incommensurabili. Le paure delle madri sono cresciute oltre il semplice nutrire i propri figli. L’obiettivo è ora anche preservare la stabilità mentale dei bambini ed evitare danni permanenti allo sviluppo cognitivo, emotivo e motorio.
Mentre la politica continua a dettare termini e condizioni sulla scena diplomatica globale, le madri di Stepanakert chiedono che la crisi dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh sia umanizzata. Le loro domande sono ciò di cui abbiamo bisogno per iniziare a rispondere.
“Cosa succederà se questa situazione durerà ancora un po’?” ha chiesto Mariam Sargsyan, 28 anni, mentre cullava Sate, la sua bambina di un mese nel suo soggiorno a Stepanakert. “Anche una settimana o un mese è un tempo molto lungo per noi.” Dall’inizio del blocco del Corridoio di Lachin sono nati 144 bambini.
“Se non sappiamo nemmeno cosa accadrà e quanto durerà questa situazione, mi chiedo: ho fatto la cosa giusta decidendo che i nostri figli vivano in Artsakh in modo che ereditino ciò che abbiamo passato noi e i nostri genitori?” chiese Abrahamyan. Le domande ora sono esistenziali. Ascolti e senti l’ansia di una comunità che continua a sperimentare insicurezza e incertezza e un blocco che non può essere normalizzato e aggirato. Queste madri temono che un genocidio colpisca loro e i loro cari.
La risoluzione 1325 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite su donne, pace e sicurezza incoraggia l’inclusione delle donne come costruttori di pace. Sfortunatamente, ciò accade spesso troppo tardi e talvolta solo nelle fasi successive al conflitto.
Dobbiamo ascoltare le madri Artsakhi. Ci stanno dicendo cosa è pericolosamente in gioco, prima che l’Artsakh/Nagorno-Karabakh diventi ancora una volta un conflitto lungo e complesso con poche strade per allentare la tensione e risolverlo in modo significativo e pacifico.
È ora che le loro domande non restino più senza risposta.
Le notizie che arrivano ogni giorno dal Caucaso meridionale promettono niente di buono, anche sul piano militare. Il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian continua a diffondere notizie sulla preparazione offensiva dell’esercito alle frontiere con l’Armenia e l’Artsakh. L’ultima è in riferimento della dirigenza del Ministero della Difesa dell’Azerbajgian alle nuove reclute presso una base militare a Ganja, un’installazione militare a Khoshbulag e una nuova base di commando a Dashkesan vicino al confine con l’Armenia, insieme a diverse altre installazioni nell’area.
La dirigenza del Ministero della Difesa ha visitato le unità militari delle forze di terra
Ministero della Difesa dell’Azerbajgian, 17 gennaio 2023
(Nostra traduzione italiana dall’azero)
Il Capo di Stato Maggiore Generale dell’Esercito dell’Azerbajgian, il Colonnello generale Karim Valiyev, il Comandante delle forze di terra, il Tenente generale Anvar Efendiyev e altri funzionari del Ministero hanno visitato diversi unità militari.
Il processo di reclutamento del personale, la sua partecipazione al corso di addestramento di base iniziale e la sua fornitura completa sono stati verificati nell’unità militare, dove è raccolta la maggior parte dei giovani appena arruolati per il servizio militare.
Il Colonnello generale K. Valiyev ha incaricato i funzionari di educare i giovani soldati nello spirito del patriottismo, di rispettare rigorosamente i requisiti della legge e dei regolamenti militari, nonché di prestare particolare attenzione alle questioni relative all’organizzazione e allo svolgimento di un intenso addestramento al combattimento.
Successivamente, la Dirigenza del Ministero della Difesa ha visitato il commando e altre unità militari situate al confine con l’Armenia e ha assistito all’intenso addestramento in montagna del personale.
Il Colonnello generale K. Valiyev, che ha ispezionato l’addestramento dei commando in un terreno montuoso e difficile, ha ordinato che l’attenzione principale fosse focalizzata sui metodi e sulle tattiche di conduzione della battaglia negli esercizi pratici del personale militare.
Durante le esercitazioni diurne e notturne, vengono studiati l’addestramento tattico e antincendio in condizioni di montagna, la capacità di attraversare strade di montagna, passi e altezze, nonché il coordinamento con altre unità.
Tenendo conto dell’esperienza di combattimento delle truppe nelle attività di addestramento in montagna, viene prestata particolare attenzione al miglioramento delle capacità del personale per superare gli ostacoli naturali nelle aree montuose, all’uso efficace delle armi, compresi i droni, nonché alla capacità di condurre combattimenti in qualsiasi tempo durante il giorno e la notte.
Il Capo di Stato Maggiore Generale ha impartito adeguate istruzioni ai funzionari competenti in merito al miglioramento del livello di addestramento professionale del personale militare, all’ulteriore aumento dell’intensità e della qualità dell’addestramento e delle esercitazioni.
L’Unione Europea entra nel territorio di Putin con la nuova missione di monitoraggio dell’Armenia
Almeno sulla carta, uno dei più stretti alleati della Russia e membro dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (OTSC) guidata dal Cremlino
Mentre la Russia vacilla in Ucraina, l’Unione Europea interviene per aiutare in una regione in cui Mosca una volta ha chiamato i colpi
di Gabriele Gavin
Politico, 18 gennaio 2023
(Nostra traduzione italiana dall’inglese)
Per settimane, c’è stato uno spettacolo nuovo sulle polverose strade di montagna dell’Armenia. Tra le vecchie Lada russe e le auto tedesche importate, vedrai una flotta di SUV luccicanti con la bandiera blu e dorata dell’Unione Europea montata sul davanti. Sbircia attraverso il vetro colorato e vedrai una mezza dozzina di giubbotti antiproiettile ed elmetti ammucchiati nella parte posteriore.
A settembre, città e villaggi dell’ex Repubblica sovietica sono stati presi di mira dal vicino Azerbajgian, mentre le truppe azere si sono spinte oltre il confine per conquistare altezze strategiche. Le ostilità, note a molti Armeni come la guerra dei due giorni, si conclusero con un cessate il fuoco sostenuto dall’Occidente, ma causarono la morte di centinaia di soldati di entrambe le parti.
Il sanguinoso episodio è stato l’escalation più grave dal 2020, quando i due Paesi hanno combattuto una brutale guerra per la contesa regione del Nagorno-Karabakh, all’interno dei confini internazionalmente riconosciuti dell’Azerbajgian ma controllata dalla sua maggioranza etnico-armena dalla caduta dell’URSS.
Poche settimane dopo gli scontri, il primo dei circa 40 osservatori civili dell’Unione Europea ha iniziato ad arrivare nella regione, guidando ogni giorno per ispezionare la tesa linea di demarcazione che divide le due nazioni del Caucaso meridionale, tra continue segnalazioni di bombardamenti, spari e violazioni del cessate il fuoco. A quasi 1.000 chilometri dallo stato membro più orientale del blocco e tre fusi orari avanti rispetto a Brussel, il gruppo proveniente da Francia, Germania, Polonia, Grecia, Italia e altre nazioni europee è molto lontano da casa.
L’Armenia è, almeno sulla carta, uno dei più stretti alleati della Russia e un membro dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (OTSC) guidata dal Cremlino. In base ai termini del patto di mutua difesa, migliaia di soldati di Mosca sono stati schierati in basi permanenti nel Paese, vicino alle frontiere con Turchia, Georgia e Iran. L’agenzia di sicurezza russa FSB supervisiona il confine e le aziende statali del Paese gestiscono le sue ferrovie e una serie di altri settori strategici.
L’influenza russa diminuisce
Tuttavia, quando i proiettili sono piovuti a settembre, gli appelli del Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan. all’intervento della OTSC sono caduti nel vuoto, con il blocco che alla fine ha accettato solo di inviare una missione di “accertamento dei fatti” senza denti. “Abbiamo più amici nella OTSC di quanti ne abbia l’Armenia”, ha detto a novembre il Presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, nonostante il suo stesso Paese si sia ritirato dall’alleanza nel 1999. Nel frattempo, Alexander Lukashenko, l’uomo forte leader dello stato membro Bielorussia, ha descritto Aliyev come ” il nostro uomo” e ha sostenuto la campagna militare di Baku in Nagorno-Karabakh due anni fa.
Allo stesso tempo, ormai da più di un mese, le aree della regione separatista ancora sotto il controllo armeno sono state effettivamente bloccate da sedicenti eco-attivisti azeri, con scorte di cibo e medicine in esaurimento. L’unica strada in entrata o in uscita dal Nagorno-Karabakh, nota come Corridoio di Lachin, era stata supervisionata dalle forze di pace russe come parte di un accordo di pace che ha posto fine alla guerra del 2020. Yerevan sostiene che la lite, apparentemente per l’impatto dell’estrazione illegale dell’oro, è in realtà un pretesto per la “pulizia etnica”, e le forze di Mosca sembrano non voler o non essere in grado di porre fine al blocco.
Con la rabbia crescente nei confronti della Russia, mentre la situazione umanitaria peggiora, una serie di proteste senza precedenti si sono svolte in Armenia e nel Nagorno-Karabakh, chiedendo invece il ritiro dalla OTSC e il sostegno dell’Occidente. Insieme a Stati Uniti, Regno Unito e una serie di altre nazioni europee, Brussel ha espresso la sua preoccupazione per la situazione. “L’Unione Europea invita le autorità azere a garantire libertà e sicurezza di movimento lungo il corridoio”, si legge in una dichiarazione di dicembre. “Le restrizioni a tale libertà di movimento causano notevoli disagi alla popolazione locale e creano preoccupazioni umanitarie”.
Giovedì, il Parlamento europeo voterà [ha votato, vedi sopra. V.v.B.] una risoluzione, che “condanna fermamente l’ultima aggressione militare dell’Azerbajgian a settembre” e “sottolinea la disponibilità dell’Unione Europea a essere coinvolta più attivamente nella risoluzione dei conflitti protratti nella regione”.
Diversi membri dell’assemblea hanno esortato Brussel a offrire all’Armenia qualcosa di più che semplici parole affettuose. Nathalie Loiseau, Eurodeputato francese e Presidente della Sottocommissione per la Sicurezza e la Difesa, ha affermato all’inizio di questo mese che la Russia “non è più un attore affidabile nella regione”, con l’influenza di Mosca in calo dalla sua catastrofica invasione dell’Ucraina, aggiungendo che il blocco dovrebbe intervenire per “difendere i valori universali”.
Missione ampliata dell’Unione Europea
Ora, però, sembra che ci siano piani per svolgere un ruolo più deciso nella regione. Mercoledì, una persona che segue il caso all’interno del Servizio Europeo per l’Azione Esterna ha confermato a Politico che sono in fase di definizione i piani per estendere ed espandere la missione di monitoraggio lungo i confini dell’Armenia dopo la fine del suo mandato a dicembre.
“C’è stata una comprensione reciproca con le autorità di Yerevan sulla necessità di una rinnovata presenza, ma quella precedente era troppo piccola. Fino a 100 monitor saranno ora dispiegati nella regione come parte di una vera e propria missione di politica di sicurezza e difesa comune”. Secondo l’insider, “ci sono ancora diversi passaggi che devono essere chiariti prima del loro dispiegamento, e ora andrà al Comitato politico e di sicurezza a Brussel, chiedendo un mandato di due anni”.
Tuttavia, il funzionario ha sottolineato che le relazioni tese con la Russia dovranno essere affrontate data la sua presenza nella regione. “L’FSB è ovunque in Armenia. Abbiamo avuto alcuni casi in cui i nostri osservatori sono stati respinti dalle guardie di frontiera russe, anche se erano accompagnati dal personale del Ministero della Difesa armeno, il che era preoccupante dato che si tratta di territorio armeno”.
La scorsa estate, il Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, è volata a Baku per firmare un accordo con il Presidente Aliyev che vedrà l’Azerbajgian intensificare le sue esportazioni di energia verso i Paesi membri e fornire 20 miliardi di metri cubi di gas naturale entro il 2027 (da un previsto 12 miliardi di metri cubi nel 2023), contribuendo a sviluppare alternative alle forniture russe.
Avendo descritto il Paese come un “partner affidabile” nella regione, la mossa è stata criticata da analisti e responsabili politici che temevano che avrebbe compromesso la capacità dell’Europa di condurre negoziati di pace nella regione segnata dalla guerra.
Da allora l’Azerbajgian ha rifiutato di concedere il permesso per una missione transfrontaliera, con Aliyev che ha affermato all’inizio di gennaio che parlare di una presenza importante dell’Unione Europea era “molto spiacevole” e “non avrebbe aumentato la sicurezza, ma avrebbe compromesso i negoziati”.
Nonostante ciò, Rusif Huseynov, Direttore del think tank Topchubashov Center di Baku, afferma che mentre l’Azerbajgian è riluttante a “internazionalizzare” la crisi in Nagorno-Karabakh, Brussel è vista come un attore da svolgere nella prevenzione delle ostilità tra il suo Paese e l’Armenia. “L’Unione Europea è stata vista come un attore positivo in Azerbajgian per molti anni, ed è un importante partner economico”, ha spiegato, “ed è vista come un mediatore migliore rispetto agli altri disponibili”.
Reagendo al discorso sulla potenziale delegazione di monitoraggio, il Ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, ha detto mercoledì, che Mosca sarebbe pronta a inviare una propria missione, se solo fosse stata richiesta. “Nonostante il fatto che siamo alleati, la parte armena preferisce negoziare con l’Unione Europea”, ha detto furioso.
“È importante che l’Unione Europea svolga un ruolo anche ai margini dell’Europa”, ha affermato Henri Duquenne, Portavoce del Rappresentante Speciale dell’Unione Europea per il Caucaso meridionale e la crisi in Georgia [*]. “Diversi Stati membri hanno interessi diversi, ma nel complesso questa è una regione prioritaria per noi”.
Mentre la Russia fa tutto il possibile per conquistare l’Ucraina, Mosca sembra incapace di dire lo stesso.
[*] Il “desaparecida” Toivo Klaar, compagno di merenda del dittatore azero Ilham Aliyev [V.v.B.].
Il Ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, in una conferenza stampa a Mosca il 18 gennaio 2023, si è detto fiducioso che il Corridoio di Lachin possa presto riaprire: “Due giorni fa si è tenuto un incontro dei rappresentanti dell’Azerbajgian con i rappresentanti del Karabakh e con la partecipazione del comando del contingente russo. Penso che la questione si risolverà presto”. Lavrov ha affermato che la dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020, che ha posto fine alla guerra del 2020, stabilisce che il Corridoio di Lachin deve essere libero per il traffico civile, merci e veicoli, e “c’è un accordo separato secondo cui nessun carico militare dovrà trasportato attraverso quella rotta”. Lavrov ha sottolineato che la Russia ha fatto una semplice offerta: le forze di pace russe hanno tutte le possibilità per controllare le merci che passano attraverso il corridoio per impedire il trasporto di merci vietate.
Lavrov non ha escluso la possibilità di inviare una missione di monitoraggio dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (OTSC) al confine tra Armenia e Azerbajgian, ma ha affermato che potrebbe essere controproducente senza il consenso di Baku. “Nonostante il fatto che siamo alleati, che la missione [OTSC] sia completamente pronta, la parte armena preferisce accordarsi con l’Unione Europea per dispiegare lì una missione di osservatori civili a lungo termine. È il confine con l’Azerbajgian, e forse, se quella missione si svolge senza il consenso dell’Azerbajgian, potrebbe essere controproducente. Invece di rafforzare la fiducia al confine, può causare ulteriori conflitte”, ha detto Lavrov. Ha confessato, senza ulteriori dettagli, che esistono “difficoltà” con la OTSC per quanto riguarda l’attuale situazione in Armenia.
Alto Karabakh, 120 mila armeni sempre più isolati
Nel corridoio di Lachin che collega il territorio con l’Armenia non passano più cibo, medicinali e carburanti. Tagliata anche l’elettricità e la connessione ad Internet. Nessuno entra ed esce mentre la situazione umanitaria diventa sempre più critica
di Michele Raviart
Vatican News, 17 gennaio 2023
Rimane critica la situazione di 120 mila armeni nell’Alto Karabakh, sempre più isolati a causa del blocco del corridoio di Lachin, l’unica strada che collega questo territorio con l’Armenia. Una situazione che va avanti almeno dal dicembre dello scorso anno, quando sedicenti manifestanti ambientalisti azeri organizzarono un posto di blocco per protestare contro le attività minerarie in due siti nel territorio armeno. Da allora la libertà di transito, prevista da un accordo di tregua del novembre 2020 e formalmente garantita da duemila soldati russi, non è stata più rispettata.
Si stanno esaurendo le scorte di cibo
Nella repubblica di Artsakh, come gli armeni chiamano il territorio dell’Alto Karabakh, non arrivano più le 400 tonnellate di merci che quotidianamente giungevano dall’Armenia e il cibo nei negozi sta scarseggiando. Il governo locale ha istituito una tessera annonaria per gli acquisti calmierati di generi alimentari e sta attingendo a scorte statali destinate a esaurirsi nel giro di pochi giorni. Per la mancanza di cibo sono stati chiusi anche asili e nidi per l’infanzia. “È la prima volta che si arriva a un blocco di questo livello e la gente non era preparata”, spiega la scrittrice italiana di origine armena Antonia Arslan. “Sono gente di montagna e qualche riserva la hanno, ma si va verso il razionamento, che è già attivo per i generi di prima necessità – sottolinea – prima il corridoio era stato interrotto più di una volta, ma per 24 ore o un giorno e mezzo”.
Solo alcuni malati gravi riescono ad uscire
Stanno per terminare anche i medicinali e sono state sospese tutte le operazioni chirurgiche programmate, in un’area in cui vivono 30 mila ragazzi e 20 mila anziani. Solo dopo la pressione del Consiglio d’Europa e della Croce Rossa internazionale, seguite alla morte di un malato grave in un ospedale a Stepanakert, alcuni pazienti vengono trasferiti con dei convogli speciali in centri specialistici in Armenia. Nessuno infatti può lasciare o raggiungere il territorio, con la situazione paradossale di circa un migliaio di persone – tra cui alcune decine di bambini – che il 12 dicembre scorso erano nella capitale armena Yerevan per assistere alla finale dell’Eurovision Song Contest Junior e che ora non riescono a rientrare a casa loro e ricongiungersi con le proprie famiglie. “Hanno dovuto passare il Natale in condizioni veramente precarie”, spiega Siobhan Nash-Marshall, docente di filosofia e saggista. “Sono in condizioni difficili e più sono lì più viene l’angoscia di sapere cosa succede ai loro genitori, sapendo che non possono neanche avere i medicinali. È una crisi umanitaria a pieno titolo”. Altre 1.500 persone sono invece bloccate nell’Alto Karabakh e non possono tornare in Armenia.
Una crisi anche economica
Pochi i veicoli in circolazione a causa del poco carburante, mentre per giorni è stata interrotta la rete elettrica. Alla società armena che dovrebbe riparare il guasto non è stato permesso il transito e le piccole centrali idroelettriche presenti nell’Artsakh garantiscono l’elettricità solo per poche ore al giorno. A causa della difficile situazione economica quasi il 20% delle imprese nel territorio hanno cessato le attività e almeno 3.400 persone hanno perso il loro impiego
L’appello di Papa Francesco all’Angelus
Numerosi sono stati gli appelli per sbloccare questa crisi umanitaria, tra cui quello di Papa Francesco all’Angelus del 18 dicembre scorso. “Mi preoccupa la situazione creatasi nel Corridoio di Lachin, nel Caucaso Meridionale”, aveva detto il Pontefice:“In particolare sono preoccupato per le precarie condizioni umanitarie delle popolazioni, che rischiano ulteriormente di deteriorarsi nel corso della stagione invernale. Chiedo a tutti coloro che sono coinvolti di impegnarsi a trovare soluzioni pacifiche per il bene delle persone.
Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]