Sulle tracce del patrono. Pellegrinaggio in Armenia, terra di San Mercuriale (Il Resto del Carlino 27.06.24)
Il vescovo Corazza è tornato dal viaggio al quale hanno partecipato 50 forlivesi, visitata anche la Georgia. “Il battesimo ci unisce: siamo un popolo solo”.
Il vescovo, mons. Livio Corazza, è tornato dal pellegrinaggio diocesano che ha guidato in Armenia e Georgia dal 14 al 21 giugno. Al viaggio, organizzato dall’Ufficio diocesano per i pellegrinaggi di cui è responsabile Mariella Leoni, hanno partecipato 50 forlivesi, tra cui don Enrico Casadio, parroco di Meldola, e don Nino Nicotra, parroco di San Mercuriale, intitolata al primo vescovo di Forlì, originario proprio dell’Armenia. “Siamo partiti sulle orme di San Mercuriale – afferma mons. Corazza – e siamo tornati portando nel cuore l’amore per i popoli armeno e georgiano e l’impegno di non dimenticarli, nel nome del Santo Patrono di Forlì. Il popolo armeno, la prima nazione che ha scelto di farsi battezzare, ha pagato con il sangue la sua fede e la sua unità. Il momento più drammatico del nostro pellegrinaggio è stata la preghiera silenziosa al memoriale del genocidio del 1915 che provocò un milione e mezzo di morti”. Tra le tappe del viaggio, Yerevan, il sito archeologico di Zvartnots con i resti della cattedrale di San Gregorio l’Illuminatore, Echmiadzin, cuore religioso della nazione e sede del Katolicos, la più alta autorità religiosa del Paese. In Georgia sono stati visitati il monastero di Jvari a Mtskheta, la cattedrale di Svetitskhoveli e Tblisi, dove nella chiesa cattolica è stata celebrata la messa presieduta dal mons. Giuseppe Pasotto, amministratore apostolico del Caucaso dei Latini, originario di Verona. “Mi ha colpito una sua frase: noi cattolici abbiamo il compito di ricordare a tutti i cristiani che apparteniamo ad una sola Chiesa, attraverso il battesimo che ci unisce tutti: siamo un popolo solo. Dopo 1800 anni siamo tornati per ringraziare gli armeni di averci donato la fede in Gesù Cristo attraverso San Mercuriale, vogliamo stare vicino ai suoi connazionali, ricordandoci che siamo tutti fratelli”.