Strade d’Armenia/2. Ai piedi del monte Ararat, nel paese delle pietre parlanti (Barbadillo 04.09.21)

Non è facile sintetizzare in un articolo la quantità dei posti visitati e la meraviglia suscitata dalla bellezza che offre la terra di Armenia, soprattutto in termini di emozioni; questa volta ci proveremo concentrandoci su alcuni posti attraversati fra le regioni centrali e meridionali.

L’attuale Armenia, pur essendo ricca di acqua, non ha sbocchi sul mare ma, scendendo verso Sud-Est, si incontra il grande lago Sevan, uno dei più grandi laghi d’alta quota nel mondo, ci troviamo infatti a quasi 1.900 mt di altezza per una distesa d’acqua pari a circa 1.300 km². Sevan per gli armeni significa storie e leggende ma soprattutto freschezza, vacanza, sport acquatici, balneazione e buon pesce da mangiare, in particolare le sue gustose trote. 

Noraduz

Pur non avendolo visitato, merita una menzione il monastero di Sevanavank, che da una penisoletta penetra il lago, come un solitario braccio che si allunga su questa distesa d’acqua evocando pace e misticismo. Proseguendo per il litorale si incontra il cimitero di Noraduz che con le sue circa ottocento steli rappresenta la più ricca distesa di Khachkar, le tipiche croci di pietra armene. Ad accoglierci in questo sito antichissimo e che ospita veri e propri capolavori risalenti addirittura al IX secolo, forse qualcuno anche prima, è una simpatica vecchietta intenta a tessere all’uncinetto calze e cappelli di lana. La signora parla un po’ italiano e un po’ inglese e ci guida in questo museo a cielo aperto descrivendoci le rappresentazioni e i significati dei vari Khachkar incontrati, veri e propri libri in pietra che raccontano ancora oggi la vita di chi da secoli attende la resurrezione nell’ultimo giorno. Nel silenzio che avvolge questo sito carico di storia e di spiritualità, è facile lasciarsi accarezzare dal vento immergendosi nei propri pensieri e godendo di una pace che rompe la frenesia della quotidianità lasciata in Italia e ristora pienamente il nostro animo.

Superato il lago si continua a scendere verso sud fino a incontrare il Passo di Selim, una stretta e affascinante serpentina che discende una gola alta oltre i 2.500 mt, ricca di sfumature fra il verde e l’oro nelle sfaccettature dei profili montuosi che si rivelano a ogni curva. Qui si incontra il Caravanserraglio di Selim, costruzione in basalto nero risalente al XIV secolo che serviva da alloggio per le carovane che si spostavano dalla Cina all’Europa e viceversa. L’Armenia, infatti, proprio per la sua posizione strategica che ne fa una cerniera fra Oriente e Occidente, fu una delle tappe principali della celebre Via della Seta, rivelando l’importanza geopolitica di questa piccola terra da sempre al centro delle dispute dei grandi imperi e ancora oggi protagonista di tante turbolenze.

Shaki

Impossibile non lasciarsi coinvolgere dalla poesia che esprimono i versanti del Passo di Selim ma il viaggio deve continuare fino a incontrare le cascate di Shaki, chiamate così perché la caduta delle acque, nei suoi potenti e fragorosi rivoli, ricorda i capelli della bellissima giovane Shaki che per sfuggire alle mire di Tamerlano si tuffò nella gola di Vorotan trasformandosi in cascata invece di trovare la morte. Qui c’è solo una cosa da fare: sedersi e lasciarsi coccolare dal fresco e musicale scrosciare dell’acqua.

Carahunge

Vicino le cascate si trova la fortezza di Smbataberd, da raggiungere attraverso un percorso di trekking di circa 3 km e il meraviglioso sito di Carahunge, ovvero la Stonage di Armenia. Questo posto è particolarmente carismatico, si tratta di un sito archeologico risalente all’era preistorica, probabilmente all’età del bronzo, dove sono erette e allineate a cerchio oltre duecento megaliti che probabilmente servivano come tombe per i guerrieri ma non solo. Molte di queste steli presentano un foro che pare servisse per studiare la volta celeste in relazione alle fasi lunari, ai solstizi e gli equinozi. Insomma, a Carahunge ci si trova dentro il più antico osservatorio astronomico del mondo e il solo pensiero è una grande emozione che scorre come un brivido lungo la pelle. 

Il punto più a sud visitato è il monastero di Tatev, raggiungibile tramite una verdeggiante serpentina di curve immersa in uno scenario di suggestiva bellezza. Un’alternativa è la più lunga funivia del mondo e lasciarsi meravigliare dallo scenario che si apre dalle finestre della cabina, mentre a oltre 1.500 metri di altezza percorre quasi 6 km fino ad affacciarsi sulla vista panoramica del monastero. L’origine del plesso monastico è antichissima, addirittura già del IV secolo, praticamente agli albori della Chiesa armena, in questo posto si trovava una chiesetta luogo di pellegrinaggio che poi nei secoli, nonostante le continue devastazioni, tornò sempre a occupare un importante ruolo religioso e culturale fino ai giorni nostri.

Da Tatev parte la risalita del nostro viaggio immerso in una natura straordinaria per bellezza e ricco di cultura, storia ma anche di incontri con gente straordinaria, sempre disponibile e accogliente, pronta a offrirti un succo fatto in casa, tanta frutta fresca, del miele, un pezzo di pane-lavash con formaggio e soprattutto a condividere uno straordinario amore per la propria terra e la propria identità ancora profondamente radicata dentro il cuore di ogni famiglia e sempre aperto per ogni nuovo ospite. Ma prima di arrivare nella capitale ci sono altre tappe fondamentali da attraversare. La prima di questa è il suggestivo monastero di Noravank. Questo plesso monastico è legato al lavoro del celebre scultore e architetto Momik, vissuto nel XIV e creatore di numerosi Khachkar uno più bello dell’altro, nonché delle sculture e di tutti i bassorilievi che ornano riccamente ogni angolo di questo posto. Ma c’è un’altra caratteristica che rende questo sito incantevole ed è la natura che lo circonda. I monaci, si sa, hanno sempre scelto posti abbastanza isolati e immersi nella natura per cercare di conciliarsi meglio con la vita di preghiera e meditativa. In realtà in Armenia (al contrario dell’Europa) erano i principi a costruire i monasteri dove poi si sarebbero insediati i monaci, ma la regola di scegliere dei posti particolarmente mistici restava comunque rispettata. Così Noravank sorge in una gola dove la natura circostante è particolarmente coinvolgente, immersa in altipiani dai colori rossicci con distese striate di verde e di dorato, e nonostante i turisti, il suo silenzio è spezzato solo da qualche rapace che volteggia nell’infinità di un’atmosfera trascendente. 

Da qui merita una visita anche la Cava di Areni, un antichissimo sito archeologico dove è stata rinvenuta addirittura la più antica scarpa al mondo. E per chi ama il buon vino, nel villaggio di Areni è possibile anche gustare le ottime produzioni locali prima di riprendere il cammino verso Khor Virap, e qui si fa la storia dell’Armenia. Come già detto, è impossibile pensare a questa nazione se non in relazione con il Cristianesimo e tutto ebbe origine nel 301 d.C. in questo posto dove dentro un angusto pozzo venne imprigionato per ben tredici anni san Gregorio “l’illuminatore” a causa della sua proclamazione del Vangelo di Cristo. Ma quando il re Tiridate III guarì dalla sua follia per intercessione proprio di san Gregorio, allora il re si convertì e da qui l’Armenia abbracciò ufficialmente la religione cristiana facendo di questo popolo la prima nazione al mondo a diventare cristiana. Da quel momento il Cristianesimo divenne pelle per gli armeni, pagata spesso anche con il sangue del martirio.

Sul promontorio dove sorge il monastero di Khor Virap svetta una enorme bandiera armena che guarda il confine turco e saluta il monte Ararat, geograficamente in Turchia ma culturalmente e simbolicamente terra armena! Qui, sulla cima dell’Ararat, che ogni tanto fa capolino su vari punti dell’Armenia, l’Arca di Noè si fermò dopo il diluvio universale, ed è da qui che chiudiamo questo secondo capitolo.

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