Storia diplomatica: Henry Morgenthau (Il denaro 15.12.23)
Henry Morgenthau nasce a Mannheim in Germania nel 1856. Avvocato di origine ebraica, naturalizzato americano, nel 1913, dopo l’elezione alla presidenza di Woodrow Wilson, viene nominato ambasciatore degli Stati Uniti (dove si trasferisce con la famiglia nel 1866) nell’Impero Ottomano presso la Sublime Porta. A Costantinopoli riesce a stabilire contatti personali con i leader del Comitato Unione e Progresso, più conosciuto col nome di Partito dei Giovani Turchi, Enver, ministro della guerra, Djemal, ministro della marina e con il ministro degli interni, Talaat Pascià, presso il quale intervenne ripetutamente, ma senza successo, per scongiurare la totale distruzione del popolo armeno in Turchia, non appena fu informato delle deportazioni e dei massacri. Raccoglie lettere e petizioni dei deportati, riceve rapporti sistematici dai consoli americani dislocati nelle varie città dell’Anatolia, li invia a Washington, senza tuttavia ricevere il sostegno diretto del suo Paese.
I consolati degli USA all’interno dell’Impero ottomano cominciarono subito ad inviare valanghe di notizie allarmanti riguardo il reale obiettivo delle misure prese contro gli armeni. Malgrado le difficoltà di comunicazione durante la Prima guerra mondiale, i consoli Oscar Heizer da Trebisonda, Leslie Davis da Harput e Jesse Jackson da Aleppo, inviavano sistematicamente notizie e documentazioni dirette sul trattamento subito dagli armeni. Il 5 giugno del 1915, Jackson, in un incontro con l’ambasciatore Henry Morgenthau, concludeva che le persecuzioni contro gli armeni costituivano uno schema preparato accuratamente per eliminare completamente l’etnia armena. Il 16 luglio 1915, Morgenthau inviò un dispaccio al Dipartimento di Stato denunciando che la campagna di sterminio dei sudditi cristiani stava progredendo notevolmente. La consapevolezza di non avere potuto evitare il disastro degli armeni gli aveva procurato uno stato di amarezza, di inquietudine e di prostrazione.
Nel 1916 lascia la Turchia e torna in America dove si dedica a raccogliere fondi per gli armeni sopravvissuti. Solo nel 1918 riesce a rendere pubbliche le documentazioni e i rapporti sul massacro degli armeni, a tenere conferenze e a pubblicare il libro Ambassador Morgenthau’s Story, che, prima dell’entrata in guerra degli USA, era stato sottoposto a censura. Nel capitolo che riguarda gli armeni, intitolato “The murder of a Nation”, Morgenthau analizza la metodologia genocidaria appresa dai turchi alla scuola dei consiglieri tedeschi e denuncia il ruolo e le responsabilità della Germania alleata dell’impero ottomano nella prima guerra mondiale. Tiene conferenze sulla questione armena, incitando il pubblico a esercitare pressioni affinché possa nascere la Lega delle Nazioni, che avrebbe dovuto preservare la pace e soccorrere le popolazioni superstiti. Promuove e sostiene i tentativi umanitari dell’“American Committe for Relief in the Near East”, organizzazione che si occupava di rintracciare gli orfani armeni dispersi nel deserto o diventati schiavi.
Dal 1919 è membro di una missione investigativa sui pogrom contro gli ebrei in Polonia e contemporaneamente lavora per il rimpatrio degli armeni sopravvissuti che continuano a morire di fame e di epidemie. Si batte per la creazione dell’”Armenia di Wilson”, la grande Armenia anatolica, costituita sulla carta grazie alla protezione e al mandato americano, che tuttavia il Senato non ratifica. Nel dicembre del 1920 il presidente Wilson nomina Henry Morghentau suo personale mediatore per tentare di salvare ciò che restava dell’Armenia dall’attacco delle truppe kemaliste. Ma ormai è tardi: l’Armenia è già stata spartita tra l’Unione sovietica e la Turchia kemalista. Henry Morghenthau muore a New York nel 1946 all’età di 90 anni. La sua terra tombale è stata tumulata a Yerevan nel “Muro della Memoria” di Dzidzernagapert il 23 aprile 1999.