“Soldati inermi uccisi a sangue freddo”, l’Armenia accusa l’Azerbaigian di crimini di guerra (Today 03.10.22)
Un gruppo di soldati azeri che sparano a dei prigionieri disarmati, uccidendoli. È quanto mostra un video che sta circolando sui social media e che secondo l’Armenia è la prova dei crimini di guerra che l’Azerbaigian starebbe commettendo da quando il suo esercito ha lanciato la nuova offensiva contro Erevan. Un’accusa che arriva a poche ore dall’inaugurazione di un nuovo gasdotto tra Grecia e Bulgaria che dovrebbe aumentare il gas che da Baku arriva in Europa. Un aumento salutato con favore dall’Ue, ma contestato da attivisti per i diritti umani.
Scambio di accuse
Il video del presunto crimine commesso dalle truppe azere non farà che alimentare queste polemiche. Secondo quanto denunciato anche dall’ambasciatrice armena in Italia, Tsovinar Hambardzumyan, le immagine mostrano dei “militari azeri” che “sparano a soldati armeni disarmati, giovani ragazzi tra i 18 e 20 anni”. Toivo Klaar, rappresentante speciale dell’Ue per il Caucaso meridionale, ha commentato il video su Twitter: “Se si dimostra che questo video è autentico, allora questo è un crimine di guerra che deve essere indagato e i colpevoli vanno puniti”. Ma per Hambardzumyan non ci sono dubbi sulla sua autenticità: “I giornali e tutti i mezzi di comunicazione devono svolgere la loro funzione di diffusione di informazioni, affinché si conosca la verità e vengano condannati e puniti i colpevoli. Nei casi come questo il silenzio non è altro che complicità con gli assassini”, ha detto l’ambasciatrice.
Anche il ministero degli Esteri di Yerevan sostiene che il video sia autentico. L’Azerbaigian, dal canto suo, non ha smentito la ricostruzione delle autorità armene, ma in una nota ha tacciato le accuse come “un esempio dell’ipocrisia di un Paese che da decenni persegue una politica aggressiva, calpestando i fondamentali diritti di quasi un milione di persone e che ha commesso numerosi crimini di guerra contro il personale militare, oltre che contro i civili”, scrive il ministero degli Esteri di Baku, facendo riferimento alle azioni di Yerevan nel Nagorno Karabakh, la regione contesa tra i due Paesi.
Il Nagorno Karabakh
Non è la prima volta che l’esercito dell’Azerbaigian viene accusato di crimini di guerra dall’Armenia dopo lo scoppio delle nuove tensioni. In un video diffuso il 16 settembre, si vede una donna armena morta venire spogliata e mutilata. Baku ha sempre respinto l’autenticità di queste immagini, ma ha promessso che verrà effettuata una “indagine approfondita” sul video delle esecuzioni e che “verranno adottate misure legali”. Una promessa fatta anche nel 2020, quando una serie di video mostrarono presunte torture inflitte dai soldati azeri su militari armeni nel Nagorno Karabakh. Ma le indagini si conclusero con un nulla di fatto e uno dei soldati indiziati è stato persino insignito di un’onorificenza.
Di contro, Baku ha risposto alle ultime accuse ricordano i presunti crimini di guerra che sarebbero stati commessi dagli Armeni nel 1992, nel corso della prima guerra del Karabakh: “In una sola notte, il 26 febbraio 1992, 613 civili sono stati brutalmente uccisi nella città di Khojaly, e finora non sono state fornite informazioni sulla sorte di 4.000 azerbaigiani”, si legge in una nota del ministero degli Esteri azero diramata in queste ore.
Il gas azero
Il nuovo scontro armato tra Azerbaigian e Armenia è cominciato quest’estate e avrebbe provocato già oltre 100 vittime tra soldati e civili. Secondo gli analisti, Baku ha deciso di sferrare l’attacco contando sul fatto che la Russia, impegnata sul fronte ucraino, non avrebbe né le forze, né la volontà di aiutare Yerevan come fatto in passato. L’Azerbaigian, da sempre sostenuto dalla Turchia, gode in questo momento anche del rinnovato supporto dell’Unione europea. Domenica, inaugurando il nuovo collegamento tra Grecia e Bulgaria, che sarà connesso al Tap e porterà un aumento delle consegne di gas dell’Azerbaigian verso l’Europa, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha affermato che l’opera rappresenta un “punto di svolta” che porta “la libertà dalla Russia” alla regione baltica.
Lo scorso luglio, la stessa von der Leyen ha firmato un accordo con il governo di Baku, considerato a tutti gli effetti un regime autoritario da diversi istituti internazionali per la democrazia e dall’Economist, per raddoppiare le scorte di gas dal Paese. Il memorandum di intesa è stato criticato da attiviti e esponenti politici, come l’eurodeputata dei Verdi Marketa Gergorova. “All’inizio di quest’estate – scrive Euractiv – alla domanda se l’Ue disporrà di un meccanismo specifico per garantire che l’aumento del flusso di denaro dell’Ue verso l’Azerbaigian non venga utilizzato per conflitti o violazioni dei diritti umani, un funzionario europeo ha affermato che ‘l’Ue non esercita il controllo sulle entrate commerciali del Paese terzo derivanti da operazioni commerciali legittime di petrolio e gas con gli Stati membri” del blocco.