Sochi: il summit dell’incertezza (Osservatorio Balcani e Cuacaso 09.12.21)
All’inizio doveva tenersi online lo scorso 9 novembre. Poi, in realtà, l’incontro tra i leader di Armenia, Azerbaijan e Russia ha avuto luogo di persona lo scorso 26 novembre, a Sochi. La ragione del ritardo, secondo la parte armena, è stata la delicatezza della data scelta inizialmente, anniversario della firma dell’accordo di cessate il fuoco del 2020. Alla vigilia del summit erano trapelate informazioni sulla possibile firma di due documenti sulla demarcazione dei confini e lo sblocco delle rotte economiche e di trasporto regionali tra i due paesi in conflitto. Nulla di questo però è accaduto.
A Sochi i tre leader si sono limitati ad una dichiarazione congiunta riaffermando il loro impegno per l’accordo di cessate il fuoco in 9 punti del novembre 2020. Alcuni osservatori hanno sottolineato come l’incontro di tre ore si sia rivelato in realtà un non-evento. Altri, più familiari con i tentativi di risolvere il decennale conflitto tra Armenia e Azerbaijan, tuttavia, la pensano diversamente.
Richard Giragosian, direttore del Centro di studi regionali (RSC) con sede a Yerevan, lo considera un importante passo avanti: “L’incontro tra i leader armeni e azeri ha evidenziato un essenziale ritorno alla diplomazia rispetto alla forza delle armi”, ha affermato, aggiungendo che questo è solo parte di un processo molto più lungo e complesso.
Inoltre nella dichiarazione firmata da tutti e tre i leader vi è l’impegno ad affrontare le questioni umanitarie – cosa che Giragosian interpreta come un riferimento ai soldati armeni detenuti dall’Azerbaijan – si menziona lo sblocco dei collegamenti economici e di trasporto regionali e emergono alcuni segnali che sia Yerevan che Baku sono pronti ad avviare il processo di delimitazione e demarcazione dei confini.
Putin ha dichiarato che una commissione per la demarcazione dei confini potrebbe essere formata prima della fine del 2021. Inoltre ha aggiunto, con sorpresa di molti, che la commissione potrebbe essere bilaterale piuttosto che trilaterale. La Russia, in virtù delle sue mappe dell’era sovietica, probabilmente assumerebbe ancora un ruolo di sostegno, ma l’apertura russa potrebbe teoricamente far sì che anche altri, come l’OSCE o persino l’UE, possano affiancare il processo.
“Lo scopo principale della riunione di oggi non è solo quello di parlare della presenza o dell’assenza di questioni specifiche, ma il punto principale è che oggi possiamo arrivare a decisioni concrete – o il più concrete possibile – per raggiungere la stabilità nel Caucaso meridionale”, ha dichiarato il primo ministro armeno, Nikol Pashinyan, nel suo discorso di apertura. “La pace, la stabilità e la sicurezza delle persone è nostra responsabilità”, ha aggiunto.
Nel frattempo, anche il presidente azero Ilham Aliyev è sembrato ottimista, parlando della necessità di iniziare pubblicamente a lavorare su un trattato di pace “con lo scopo di porre fine ufficialmente al confronto [e di] riconoscere l’integrità territoriale e la sovranità dell’altro e […] di vivere in futuro come vicini […]”.
“La cosa più importante è che le decisioni che abbiamo preso […] contribuiranno a una situazione più sicura e prevedibile nel Caucaso meridionale”, ha aggiunto Aliyev durante la conferenza stampa finale: lui su un lato di Putin mentre Pashinyan stava dall’altro.
Anche se non sono stati rilasciati dettagli concreti dell’incontro, Putin ha promesso che lo sarebbero stati una volta tenutosi un incontro del gruppo di lavoro trilaterale guidato dai vice primi ministri armeno, azero e russo, poi tenutosi la settimana successiva al summit di Sochi. Come segno di ottimismo, Putin ha persino omaggiato Aliyev e Pashinyan di due sculture d’oro raffiguranti un ramo d’ulivo.
Questo ottimismo, tuttavia, potrebbe essere stato prematuro. L’incontro trilaterale ha avuto luogo il 1° dicembre, come previsto e le discussioni tra i vice primi ministri armeno, azero e russo sono state descritte come “tese” dai media. Inoltre, non solo i dettagli promessi non sono mai emersi, ma è stato annunciato che saranno necessari altri incontri.
Non è chiaro se questo sia un imbarazzo per Putin, ma c’è chi ha sottolineato come l’incontro di Sochi sia stato innanzitutto una risposta diretta all’annuncio di un incontro facilitato dall’UE tra i leader armeni e azeri a margine del vertice del partenariato orientale che si terrà a Bruxelles il 15 dicembre prossimo.
L’incontro proposto dall’UE era in lavorazione da diverse settimane prima che fosse effettivamente annunciato. Infatti, a metà ottobre, il redattore di RFE/RL Europa Rikard Jozwiak aveva già detto che un tale incontro era stato organizzato a margine del vertice del partenariato orientale a Bruxelles. “Siamo onesti su questo”, aveva aggiunto in un’intervista. “L’UE ha pochissimo spazio di manovra […] ma quello che possono fare è offrire denaro, tempo e diplomazia”.
Intanto il 4 dicembre 10 soldati armeni catturati dall’Azerbaijan negli scontri di confine di metà novembre sono stati scambiati con mappe che descrivono in dettaglio la posizione di mine nel territorio ora tornato sotto il controllo di Baku.
Tutta l’attenzione è ora rivolta alla riunione del 15 dicembre. L’UE si augura vengano concordate misure di rafforzamento della fiducia tra i due paesi, cosa che le ultime settimane hanno dimostrato essere necessaria come sempre, se non di più.