San Gregorio di Narek, “dottore della pace” per il mondo di oggi (Vaticannews 27.02.21)
Debora Donnini e Gabriella Ceraso – Città del Vaticano
Un Dottore della Chiesa che potrebbe essere anche definito “Dottore della pace”. Così disse Papa Francesco quando, nel corso del suo viaggio apostolico in Armenia, nel 2016, prese parte a Yerevan all’incontro ecumenico e di preghiera per la pace. Nel Libro delle Lamentazioni, infatti, San Gregorio di Narek aveva rivolto al Signore un’invocazione di perdono e misericordia per i nemici: “Non sterminare coloro che mi mordono: trasformali! Estirpa la viziosa condotta terrena e radica quella buona in me e in loro (Libro delle Lamentazioni, 83,1-2)”. Questo monaco, teologo, mistico e poeta armeno vissuto tra il 951 e il 1010, si è così fatto “preghiera di tutto il mondo” portando un messaggio di solidarietà universale con l’umanità, “un grido accorato che implora misericordia per tutti”, rimarcò il Papa esortando gli armeni a farsi “messaggeri di questo anelito di comunione”.
Solidarietà e pace al centro del suo essere
L’anno prima, nel 2015, Papa Francesco aveva dichiarato San Gregorio di Narek, già venerato come santo dalla Chiesa apostolica armena e dalla Chiesa cattolica, “Dottore della Chiesa universale”. In tale occasione aveva anche inviato un messaggio agli armeni richiamandosi, nel senso della solidarietà, alle parole profetiche di San Gregorio di Narek, “formidabile interprete dell’animo umano”: “Io mi sono volontariamente caricato di tutte le colpe – scriveva sempre nel libro delle Lamentazioni – da quelle del primo padre fino a quello dell’ultimo dei suoi discendenti, e me ne sono considerato responsabile”. Tra le sue opere si annoverano un commentario al Cantico dei Cantici e numerosi panegirici. Forte la sua devozione a Maria presente nella sua riflessione teologica. Fra questi importanti elementi, il preannuncio del dogma dell’Immacolata Concezione, proclamato più di ottocento anni dopo.
Lo scorso febbraio, poi, Papa Francesco ha decretato di iscrivere nel Calendario Romano Generale le memorie facoltative di alcuni Dottori della Chiesa fra cui quella di San Gregorio di Narek il 27 febbraio. Prima, nel 2018, aveva benedetto la statua in bronzo dedicata al Santo nei Giardini Vaticani. All’incontro parteciparono anche tre patriarchi: Karekin II, Catholicos di tutti gli Armeni dalla sede di Etchmiadzin; Aram I, catholicos della sede della Grande Casa di Cilicia; e Krikor Bedros XX, catholicos patriarca di Cilicia degli armeni Cattolici.
Le cerimonie in Vaticano nella prima memoria liturgica
E per ricordare questo eminente Dottore della Chiesa, in Vaticano questa mattina, giorno della sua prima memoria liturgica, si svolgono una Messa e poi una Preghiera Ecumenica. A presiedere alle 10.30 la celebrazione eucaristica nella Basilica di San Pietro, il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali. Concelebranti, monsignor Lévon Bogos Zékyian, arcivescovo di Istanbul degli Armeni e delegato pontificio per la Congregazione Armena Mechitarista, e monsignor Brian Farrell, segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Subito dopo nei Giardini Vaticani presso la statua di San Gregorio di Narek, monsignor Khajag Barsamian, rappresentante della Chiesa Armena Apostolica a Roma, presiede una Preghiera ecumenica alla presenza del cardinale Kurt Koch, presidente del dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. “Continuare il viaggio fraterno e il dialogo globale sullo scambio dei tesori sacri, in uno spirito di amore e stima, rispetto e fiducia reciproca”. Così a Vatican News l’ambasciatore d’Armenia presso la Santa Sede, Garen Nazarian, presenta le celebrazioni di oggi, dedicate a Gregorio di Narek “ponte tra Oriente e Occidente, capace di unire nazioni e Chiese”.
Sandri: una testimonianza che ci provoca come credenti
“Quasi sei anni dopo la memorabile celebrazione presieduta dal Santo Padre Francesco il 12 aprile 2015, la Basilica Vaticana sente risuonare ancora una volta i preziosi inni della tradizione armena”: esordisce nell’omelia il cardinale Sandri, ricordando i tanti momenti che da allora hanno segnato la vicinanza tra la Chiesa Cattolica e quella Apostolica Armena. In particolare la visita di Papa Francesco in Armenia del 2016. E il porporato coglie l’occasione per invitare alla preghiera per il Pontefice nell’imminenza del viaggio apostolico in Iraq. “Il Papa che ha evocato la ‘guerra mondiale a pezzi’ e che ha indicato san Gregorio di Narek come stella nel firmamento nei dottori – afferma il cardinale Sandri -, vola nelle terre che insieme alla Siria pur sofferente si appellano a Sant’Efrem come padre ed ispiratore. Un incrocio di storie, di sofferenze, di santità e di sapienza”. Celebrare la memoria liturgica di San Gregorio di Narek, “ci provoca e ci destabilizza, come armeni e come credenti in Gesù – prosegue il cardinale Sandri -. Con la sua testimonianza egli infatti ci chiede se vogliamo essere cristiani solo di nome o per antica tradizione, o perché vogliamo essere oggi discepoli del Signore, come lui ha fatto, diventando maestro di sapienza e di dottrina”. E cita alcune parole del Santo scritte durante i giorni di malattia:
“abbattuto dai miei crimini, sul letto delle mie malattie e il letamaio dei miei peccati, non sono niente più che un cadavere vivente, un morto che ancora parla. […] Allora, come al giovane chiamato alla vita per lenire il dolore di sua madre, Tu ridammi la mia anima peccatrice rinnovata come la sua”.
San Gregorio di Narek, afferma ancora il prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, “ci insegna che vera sapienza è quella di rimanere discepoli, sapendo vivere con Gesù e per Lui ogni frangente della storia”. L’omelia si conclude con l’invito alla speranza. “Interceda per l’Armenia in questi giorni di turbamento e tribolazione e per tutti noi – afferma il cardinale Sandri – la Tutta Santa Madre di Dio Maria Santissima, insieme a San Gregorio di Narek che così l’ha invocata: “Madre dell’edificio incrollabile della Chiesa”.
La figura di San Gregorio e il suo messaggio
Centrale per comprendere la figura di San Gregorio di Narek Il libro delle Lamentazioni, da lui scritto con non poca fatica durante una dolorosa malattia: un monumento per la letteratura armena nel quale si riflette la tensione, anche drammatica, fra la coscienza del peccato e la celebrazione della misericordia come l’attributo più glorioso di Dio, che è “tenerezza”. Un uomo che dunque ha dato voce al grido dell’umanità, sofferente e peccatrice, ma illuminata dallo splendore dell’amore di Dio.
Di tutto questo parla il postulatore della causa che ha portato San Gregorio di Narek ad essere Dottore della Chiesa, monsignor Boghos Levon Zekiyan, arcieparca di Costantinopoli, già docente di Lingua e Letteratura Armena all’Università Ca’ Foscari Venezia:
Nelle sue parole, il valore di questo Santo, innanzitutto nella fede e nella storia del popolo armeno. Il libro delle Lamentazioni spiega, per un millennio è stato “sotto il cuscino di tutte le generazioni armene” e questo già prova la “grandezza e l’attualità perpetua di questo capolavoro di spiritualità”. E ancora ne è una prova, l’abitudine di tramandare oralmente le preghiere di questo Santo, come hanno fatto per generazioni le nonne, e di ripeterne i versi come facevano i martiri che andavano al genocidio. Altrettanto grande il valore e l’originalità di questo teologo e mistico nella storia della Chiesa universale. “Senza dubbio – spiega monsignor Zekiyan – il Papa con la scelta di farlo Dottore della Chiesa e inserirlo nel Calendario romano, ha voluto dare al popolo armeno un riconoscimento particolare, “ma lui è veramente all’altezza dei più grandi mistici e teologi della Chiesa universale”.
Il messaggio al mondo di oggi
Quale dunque il messaggio che alla cristianità di oggi lascia San Gregorio? Monsignor Zekiyan non ha dubbi: i messaggi sono diversi ma in particolare, per l’attualità, c’è sia l’aspetto della “corresponsabilità ” e del “senso del peccato dell’uomo”, ma anche la natura della sua preghiera. La “sua preghiera così personale e profonda – afferma monsignor Zekiyan – è una grande liturgia che si innalza al Signore”. Il libro delle Lametazioni lo dimostra. Esso è una “liturgia corale che si innalza al cielo pur essendo la preghiera personalissima di Gregorio. Questo sta a dire all’oggi che la preghiera liturgica è profondamente personale e la preghiera personale deve sempre integrarsi e tradursi nella preghiera liturgica. E nella ecclesialità odierna questo è fondamentale”.
Autocritica via per il dialogo e la comprensione reciproca
Ma c’è anche in San Gregorio un modello di artigiano di pace che a noi oggi insegna come tessere il vero dialogo e la comprensione fraterna che stanno alla base di una convivenza pacifica. San Gregorio ha mostrato, infatti, l’importanza del farsi carico degli errori degli altri, di non di puntare il dito. “Innanzitutto – dice – San Gregorio ci insegna l’autocritica. “Nessuno di noi è immacolato e specie nel campo politico, oggi, questa è una verità. “La politica occidentale non sa fare autocritica obiettiva e consapevole di se stessa, questo invece è il primo passo verso la pace vera che non è quella dell’armarsi per difendersi, non è quella delle rappresaglie e delle rivendicazioni, è quella capace di riconoscere i propri limiti e andare incontro all’altro.