San Gregorio Armeno, l’omaggio di Nardò al patrono in era Covid (Corrieresalentino 17.02.21)
NARDO’ (Lecce) – Il Covid condiziona il consueto programma dei riti religiosi e civili in onore di San Gregorio Armeno, il patrono della città. Rispetto alla consuetudine, la festa patronale 2021 non contempla la processione e la fiera, ma la città ovviamente renderà comunque omaggio a San Gregorio Illuminatore con un più scarno calendario messo a punto dal Comitato Feste Patronali in collaborazione con la Diocesi di Nardò Gallipoli e il Comune di Nardò.
Domani, giovedì 18 febbraio, alle ore 19:30, nella Basilica Cattedrale Maria SS. Assunta, è in programma la presentazione di 20 febbraio 1743: Nardò, una città che trema, libro scritto da Giovanni De Cupertinis, Paolo Sansò e Andrea Vitale e edito da Edizioni Grifo con il patrocinio della Fondazione Fare Oggi, braccio operativo della Caritas Diocesana Nardò-Gallipoli, in cui si racconta, per la prima volta, la macchina dei soccorsi post terremoto.
Venerdì 19 febbraio, alle ore 18, nella Basilica Cattedrale, è in programma la solenne celebrazione eucaristica presieduta da S. E. mons. Giovanni Ricchiuti, vescovo di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti. La cerimonia è aperta al pubblico, sebbene con le solite restrizioni anti-Covid, ma potrà essere seguita anche in tv, su Radio System TV (canale 601 DTT), e sul web al canale Youtube della Diocesi Nardò Gallipoli, al sito web della stessa Diocesi (www.diocesinardogallipoli.it) e ancora in radio su Radio Centrale (canale 688 DTT e app).
Nelle ore del mattino di sabato 20 febbraio, San Gregorio Armeno, il Nuovo Concerto Bandistico Terra d’Arneo Città di Nardò farà un giro per le vie del centro storico, mentre nel corso della stessa giornata verranno sparati alcuni colpi secchi per omaggiare il patrono. Le luminarie, simboliche, impreziosiranno il breve cammino tra la Basilica Cattedrale e piazza Salandra. Sempre sabato, nella Basilica Cattedrale, saranno celebrate le messe alle ore 7:30, 9, 10:30 e 18:30.
“Una festa diversa dal solito nelle forme e nei riti – dice il sindaco Pippi Mellone – ma non nell’essenza dell’omaggio al nostro patrono. Quest’anno, più che mai, vogliamo stare almeno idealmente più vicini, vogliamo sentirci un’unica e forte comunità, in grado di superare, come Nardò ha già dimostrato di saper fare, un momento complicato dal punto di vista sanitario, sociale ed economico”.
San Gregorio Illuminatore nacque in Armenia nel 257 circa, giovanissimo si rifugiò in Cappadocia per sfuggire a una persecuzione e in quella terra venne educato al cristianesimo. Rientrato in patria e divenuto monaco, visse la persecuzione di Tiridate nei confronti dei cristiani in Armenia, che nel frattempo Gregorio aveva conquistato con l’efficace campagna di predicazione. Fu imprigionato nella fortezza di Artashat, dove restò tredici anni. Una lunga malattia del re si risolse con l’intervento di Gregorio, che da quel momento ottenne la conversione di Tiridate e il riconoscimento della religione cristiana in Armenia. Nel 302 Gregorio ricevette la consacrazione a Patriarca d’Armenia, divenendo riferimento principale per la comunità cristiana.
Dopo un’intensa campagna di evangelizzazione decise di ritirarsi a vita anacoretica. Morì in un eremo sul monte Sepouh all’incirca nell’anno 328. I resti vennero portati nel villaggio armeno di Tharotan e alcune sue reliquie sono sparse in vari luoghi del mondo. A Nardò si trovava una parte dell’avambraccio con la mano benedicente (secondo la tradizione trasportata da monaci armeni in fuga da una persecuzione iconoclasta), contenuta in un reliquario in argento trafugato negli anni ’70. Fu sostituito con una copia contenente un metacarpo, donata alla città dal cardinale Corrado Ursi, già vescovo della città.
La tradizione vuole che la statua del santo, posta sul Sedile, si sia miracolosamente spostata, quasi a rivolgersi verso l’epicentro del sisma che alle ore 16:30 del 20 febbraio 1743 aveva colpito Nardò, con ingenti danni a persone e cose. Per i fedeli il numero dei morti e la devastazione sarebbero stati più ingenti senza l’intercessione del santo. Risulta da vari documenti che già prima di questo episodio la comunità neretina era intimamente legata alla figura del vescovo venuto dall’Oriente e lo aveva “eletto” a patrono.