San Biagio, patrono di Ruvo di Puglia, tra storia e leggenda (Ruvoviva 26.01.24)
In una porta della città, insieme all’effige di San Cleto e San Rocco era presente anche quella di San Biagio. Intorno al ‘500, infatti, la città di Ruvo di Puglia si lega alle vicende di quest’ultimo. Con l’avvicinarsi del 3 febbraio, giorno dedicato alle celebrazioni del Santo, ripercorriamo la storia, tra mito e tradizione, di San Biagio, patrono di Ruvo di Puglia e Compatrono della Diocesi.
San Biagio è stato un medico e il vescovo di Sebaste, città Armena in cui nacque e visse tra tra il III e il IV secolo. Secondo l’agiografia armena, curava con l’aiuto del Signore tutte le infermità degli uomini e degli animali. Per questo motivo venne imprigionato e processato dai Romani. Durante il processo, rifiutandosi di rinnegare la fede cristiana, fu condannato ad un supplizio: legato ad un legno fu scorticato con pettini da cardatori e in seguito prima imprigionato e successivamente gettato in un fiume. Ma, miracolosamente, il vescovo si sedette sull’acqua come se stesse su di un ponte. Fu così che nel 316, su ordine di Agricolao, prefetto di Diocleziano per l’Armenia, il Santo fu riportato nella città di Sebaste e decapitato.
Secondo la leggenda, durante la prigionia, una madre disperata si rivolse a lui quando suo figlio stava per morire soffocato a causa di una lisca di pesce conficcata in gola. Il Santo prese un pezzo di pane, lo benedisse facendo un segno di croce e si limitò a darlo al bambino. La mollica fece uscire la lisca permettendogli di respirare.
Per questo motivo divenne sia un martire e poi un santo. San Biagio è protettore della gola e dei laringoiatri ma anche di pastori, agricoltori, cardatori, fiatisti, materassai.
Nel 732 una parte delle sue reliquie, deposti in un’urna di marmo, naufragarono sulla costa di Maratea, dove i fedeli raccolsero l’urna contenente i cimeli e la conservarono nella Basilica di Maratea. Numerose città vantano di possedere parte delle spoglie, tra cui Ruvo, la quale possederebbe frammento del braccio, custodita in una teca di Argento a forma di braccio con mano benedicente.
Numerose sono le tradizioni connesse alla celebrazione del Santo. Di seguito riportiamo quello più importanti. Durante le commemorazioni è consuetudine donare una «misurina benedetta». Si tratta di un nastrino in vari colori, che, stando alla leggenda, simbolicamente proteggerebbe la gola di chi l’indossa.
Altra tradizione tipica di questo giorno riguarda la preparazione de i «frecedduzze» (o «fricidduzzi»). Sono dei piccoli pani che vengono benedetti e offerti ad amici e parenti per proteggere la gola dai mali. La peculiarità di questi pani è la loro forme simbolica che rimanda alla figura del santo. Tra i vari simboli si possono trovare la mitra, il copricapo del Vescovo, il bastone pastorale, la mano benedicente, il piede.
Anche quest’anno in vista delle celebrazioni sono stati organizzati numerosi eventi che termineranno nella giornata di sabato 3 febbraio.