SALVATE IL SOLDATO LETIZIA (Replica a articolo Domenico Letizia su Opinione del 7 ott 2020)
SALVATE IL SOLDATO LETIZIA (Replica a articolo Domenico Letizia su Opinione del 7 ott 2020)
È rimasto l’unico, per lo meno in Italia. E fa quasi un po’ di tenerezza. Domenico Letizia su l’Opinione del 7 ottobre accusa l’Armenia di aver scatenato la guerra in corso nel Caucaso meridionale e difende a spada tratta l’Azerbaigian.
Come Hiiro Onoda, il soldato giapponese rimasto sull’isola deserta fino al 1974 ad attendere l’invasione di un nemico che non sarebbe più arrivato perché la seconda guerra mondiale era già finita da trenta anni, il soldato Letizia svolge il suo compitino a favore della propaganda azera senza accorgersi che tutto il resto del mondo la pensa diversamente da lui.
Tutto il globo è presso che unanime nell’accusare l’Azerbaigian di aver scatenato la guerra, Amnesty International denuncia Baku per la violazione delle convenzioni internazionali sull’uso delle bombe a grappolo sugli insediamenti civili, ma lui va avanti diritto per la propria strada.
Non vi è osservatore internazionale che non consideri un’azione premeditata quella di Aliyev contro il popolo armeno (al dittatore non interessa il Nagorno Karabakh ma un Nagorno Karabakh senza armeni), che non valuti negativamente l’intervento della Turchia con l’appoggio logistico e militare nei bombardamenti, che non denunci l’impiego di mercenari jihadisti tagliagole fatti arrivare dalla Siria via Ankara per combattere a fianco dei soldati azeri. E lui che fa?
Se la prende con gli armeni, con l’Armenia, con il governo di Pashinyan. In un’analisi a senso unico che farebbe felice ogni funzionario governativo dell’Azerbaigian.
Già l’Azerbaigian, l’amore smodato di Letizia che sul suo sito personale cita persino una frase di Alexis de Toqueville sulla libertà di stampa ma poi appoggia la politica di un Paese che nella classifica della libertà di informazione nel mondo (Freedom Press Index) figura al 168° posto su 180 nazioni e che ha le carceri piene di oppositori politici e attivisti della società civile.
È rimasto l’unico a parlare in tali termini; altri “fulminati” sulla via di Baku hanno moderato i toni o scelto la strada di un decoroso silenzio mentre i cittadini armeni di Stepanakert e delle altre città del Nagorno Karabakh-Artsakh si nascondono nelle cantine per sfuggire alle bombe di Aliyev.
Il povero soldato Letizia invece combatte una guerra che ha già moralmente perso. Quella vera purtroppo infuria senza tregua grazie al suo amico Aliyev.
CONSIGLIO PER LA COMUNITA’ ARMENA DI ROMA