Russia, addio. La Moldavia sposa l’Europa, il ruolo chiave dell’Azerbaigian (Haffingtonpost 31.05.23)
Al vertice della Comunità dei Paesi europei che si aprirà giovedì in un castello alle porte di Chisinau, piccola e ordinata capitale della altrettanto piccola Moldavia, i 40 Paesi riuniti troveranno sul tavolo questioni non certo irrilevanti su cui discutere. Così come non è irrilevante la scelta del luogo per questa riunione di una Europa “politica” allargata – la seconda, nata da un’idea del presidente francese Emmanuel Macron – proprio dietro il confine ucraino, mentre tutto il mondo è in attesa della tanto annunciata controffensiva di Kyiv. La Moldavia, come l’Ucraina, ha chiesto di aderire all’Unione europea lo scorso anno poco dopo l’invasione russa, e Chisinau sta pianificando di utilizzare il vertice per presentare le riforme e convincere i leader ad aprire i negoziati di adesione il prima possibile. La Moldavia ha annunciato l’intenzione di avviare la procedura per il ritiro dall’accordo sull’Assemblea interparlamentare della Csi (Comunità di Stati indipendenti), ha adottato tutte le misure per affrancarsi del tutto dalle forniture energetiche russe, ha presentato di recente proposte di legge contro la propaganda russa e per la messa al bando del partito filorusso, ha portato in piazza 80mila persone a Chisinau per chiedere un accesso rapido all’Ue. Ha ottenuto ieri dal Consiglio Ue il raddoppio dell’assistenza finanziaria – da 150 a 295 milioni di euro – e oggi dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen la promessa di un nuovo pacchetto di investimenti e di assistenza – che include anche l’abbassamento delle tariffe di roaming dal 2024 e la partecipazione moldava alla piattaforma di acquisti congiunti di gas – con una “mobilitazione di 1,6 miliardi di euro con porterà grandi opportunità per le aziende moldave”.
Secondo l’agenzia di stampa Reuters a Chisinau è prevista anche la firma di un accordo di pace tra l’Armenia e l’Azerbaigian. E proprio l’Azerbaigian sarà uno dei protagonisti dell’incontro, non solo perché si spera appunto nella distensione tra Yerevan e Baku, ma anche e soprattutto perché è da Baku che arriveranno – e secondo la nostra premier Giorgia Meloni stanno già arrivando – quelle forniture di energia delle quali Europa, e Italia, hanno tanto bisogno per fare davvero a meno dell’energia che arriva da Mosca. Meloni di recente ha dichiarato: “Riceviamo quasi il 60% delle consegne dell’Azerbaijan tramite TAP attraverso Turchia, Grecia e Albania”.
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Come ha scritto il Wall Street Journal, l’Azerbaigian, con la partecipazione attiva di Bruxelles e Washington, sta mettendo in campo grandi sforzi per normalizzare le relazioni con il suo vicino armeno e aprire rotte di trasporto regionali per l’energia, che può produrre in grande quantità. La principale è quella che dovrebbe passare attraverso il cosiddetto Corridoio di Zangezur – anche noto come Corridoio di Nakhchivan – una direttiva di trasporto che dovrebbe collegare la Repubblica autonoma di Nakhchivan al resto dell’Azerbaigian attraverso la regione di Syunik dell’Armenia. Le autorità azere fanno riferimento per questo progetto al nono punto dell’accordo per il cessate il fuoco nel Nagorno-Karabakh del 2020, firmato il 10 novembre di quell’anno. Con la sua apertura, l’Unione europea (e anche l’Italia) otterrà una rotta di trasporto diretta verso la Cina, aggirando la Russia, attraverso la Turchia, l’Azerbaigian, il Mar Caspio e l’Asia centrale. Nel 2022, il volume delle consegne di gas dall’Azerbaigian all’Unione Europea ha raggiunto i 12 miliardi di metri cubi, ed entro il 2027 Baku prevede di raddoppiare questa cifra. Attualmente Baku fornisce petrolio e gas a Romania, Croazia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Austria, Germania, Grecia, Spagna, Irlanda, Portogallo e Italia, mentre sono in corso negoziati con l’Ungheria, l’Albania e anche la Moldavia, Quest’ultima spera in questo modo di risolvere i suoi drammatici problemi di rifornimento energetico, che attualmente sono strettamente interconnessi alla rete ucraina, tanto che in diverse occasioni i bombardamenti russi al di là del confine hanno causato estesi blackout energetici anche nella piccola Moldavia. La presidente Maia Sandu, a tale proposito, ha recentemente dichiarato: “La Federazione russa vuole un governo filo-russo in Moldavia e ci sta ricattando attraverso le risorse energetiche, per questo la partnership con l’Azerbaigian è molto importante per realizzare il nostro desiderio di raggiungere l’indipendenza energetica. Speriamo nel sostegno e nella cooperazione delle autorità di Baku”.
Grazie all’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan, la cui costruzione è stata sostenuta da Stati Uniti e Gran Bretagna, dal 2006 l’Azerbaigian ha una via di trasporto del petrolio indipendente dal Cremlino. La presenza di una tale infrastruttura è di importanza decisiva per la politica energetica indipendente di Baku nell’interesse dell’Unione Europea. Il Kazakistan – che sarebbe un possibile fornitore di energia alternativo a Mosca – non ha soddisfatto la richiesta della Germania di aumentare il volume delle forniture di petrolio e il 27 maggio scorso il vice capo dell’operatore nazionale del Kazakistan per il principale oleodotto, la KazTransOil, Eric Sagiyev, ha osservato che l’aumento delle esportazioni dipende interamente dalla Federazione Russa. “Il presidente azero Ilham Aliyev è riuscito a sfuggire al controllo di Mosca con maggior successo di quasi tutti gli altri leader delle ex repubbliche sovietiche”, ha osservato sempre il Wall Street Journal ed ha insistito scrivendo che “Putin sta usando gli armeni del Karabakh come pedine del suo gioco, allo stesso modo degli osseti del sud e degli abkhazi in Georgia…” . Del resto, è innegabile che Baku si oppone al separatismo filo-russo tanto quanto sta cercando di fare Kyiv: l’Ucraina nel Donbass e la Crimea, l’Azerbaigian nel Nagorno-Karabakh. Se l’Ucraina è il baluardo dell’Europa sulla via dell’espansione aggressiva di Mosca, l’Azerbaigian si candida a diventarlo in un modo differente, essendo uno dei principali fornitori di energia dell’Ue, compensando la rinuncia al gas russo. Dal punto di vista militare, di fronte al minaccioso riavvicinamento di Russia e Iran, nonché all’attività dei separatisti del Karabakh sotto la copertura del contingente militare russo, l’Azerbaigian è stato costretto ad aumentare costantemente la sua capacità di difesa. La spesa militare dell’Azerbaigian nel 2022 ha raggiunto infatti quasi 3 miliardi di dollari. Di conseguenza, nella classifica delle potenze militare per il 2023, l’Azerbaigian si è classificato al 57° posto su 145 paesi. Pertanto, è attualmente lo stato militare più potente del Caucaso meridionale. E gli analisti internazionali sono convinti che, nel tentativo di fare leva su Baku, Mosca coinvolgerà i separatisti armeni nel Karabakh (che anche il primo ministro dell’Armenia ha riconosciuto come territorio sovrano dell’Azerbaigian).
Nonostante la presenza di vicini ostili a nord e a sud, l’Azerbaigian sostiene costantemente l’Ucraina: “L’Azerbaigian continua a fornire assistenza umanitaria al popolo ucraino”, ha dichiarato poche settimane fa il ministro degli Esteri di Baku, Jeyhun Bayramov, che ha ricordato come, solo nel 2022, l’Azerbaigian ha fornito gratuitamente all’Ucraina oltre 200.000 litri di carburante e oltre 900 tonnellate di medicinali, attrezzature mediche e cibo. Un aiuto che non ha lasciato indifferente Kyiv, con la vicepresidente della Verkhovna Rada dell’Ucraina, Elena Kondratiuk, che il 16 maggio scorso ha ringraziato la leadership di questa repubblica del Caucaso meridionale “per il costante sostegno alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina”, mentre la scorsa settimana, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha espresso la sua gratitudine per “la posizione coerente dell’Azerbaigian nel sostenere la sovranità del nostro paese”. La speranza, allora, è che dal vertice di Chisinau venga fuori una “Europa allargata” unita e solidale, decisa ad operare per la pace nella regione ed a contrastare, compatta, l’aggressività e l’espansionismo di Mosca.