Rimanere o partire? Il dramma dei cristiani di Siria. Aleteia

Ascoltato alla Camera l’arcivescovo armeno cattolico di Aleppo: “dare status di rifugiati ai cristiani in fuga”. Aleteia

“Io vengo da Aleppo dove è nato il cristianesimo. A Damasco Paolo è stato battezzato e ha cominciato la sua missione per arrivare fino a Roma. A 40 km da Aleppo i primi discepoli di Cristo sono stati chiamati ‘cristiani’. Gesù è nato in Palestina ma i cristiani sono nati a Damasco”. E’ iniziata così l’audizione di mons. Butros Marayati, arcivescovo armeno cattolico di Aleppo, invitato il 19 febbraio dal Comitato permanente dei diritti umani, istituito presso la  Commissione esteri della Camera dei deputati, per parlare dei temi della persecuzione delle minoranze e della repressione della libertà religiosa da parte di ISIS/Daesh. L’incontro è stato coordinato dal presidente del Comitato, Mario Marazziti.

La situazione in Siria è “tragica”, ha detto senza mezzi termini mons. Marayati che ha anche confermato come un mese fa la cattedrale armeno-cattolica di Aleppo sia stata colpita da un razzo che ha provocato pesanti danni materiali tanto che la cattedrale al momento non è in funzione. Non è l’unica né in città, né nel resto del Paese: “sono 110 le chiese non più aperte al culto perché bruciate o distrutte, o perché non hanno più la facoltà di ricevere fedeli”.

E i danni alle chiese non sono il problema più rilevante in un territorio sconvolto da quattro anni di un conflitto che ha provocato oltre 220 mila vittime.

“NON POSSIAMO PIU’ DIRE: RIMANETE”

“Due terzi dei nostri fedeli – ha affermato l’arcivescovo -, cristiani, armeni, ortodossi, cattolici e protestanti, hanno lasciato Aleppo. Possiamo chiamarlo un esodo. Noi come capi religiosi che facciamo? Rimaniamo o partiamo? È una questione molto difficile e alla quale è ancora più difficile rispondere. Due anni fa noi dicevamo ai nostri fedeli: rimanete, arriverà la pace. Oggi non possiamo dirlo più, lasciamo a loro la scelta perchè sono in grande pericolo”. Marayati ha precisato come due terzi di Aleppo siano in mano “ai ribelli, che ormai sono jihadisti, terroristi. Il resto è in mano all’esercito governativo. La guerra continua in città, da una parte l’esercito lancia” bombe “contro i due terzi, dall’altra i jihadisti lanciano missili sul resto”.

La gente vuole scappare perché le condizioni di vita nell’ultimo anno sono notevolmente peggiorate: “Non c’è acqua, non c’è luce, non c’è benzina, non c’è riscaldamento per l’inverno. La centrale elettrica e anche quella dell’acqua si trova nella zona dei ribelli jihadisti. Quando vogliono, danno un’ora di luce e acqua, ma spesso non abbiamo niente e viviamo come in un campeggio. I nostri fedeli ad Aleppo sono profughi nelle loro case”.

SCAPPARE: DOVE?

Ormai “l’Isis è a 30 km da Aleppo, non sappiamo quando potrebbero arrivare in città. Tutti i fedeli hanno davanti l’esempio di Mosul, in Iraq, dove in 24 ore l’Isis è entrato e tutti i cristiani sono scappati”. Ma dove si dirigono i cristiani in fuga? C’è un problema nel problema. “Non c’è altra scelta che la Turchia – ha spiegato l’arcivescovo armeno cattolico -, ma voi sapete che gli armeni non possono e non vogliono ritornare in Turchia perché sono stati massacrati, fu un genocidio, nel 1915. Non è concepibile per gli armeni di Aleppo lasciare la città per andare in Turchia”.

Occorre trovare al più presto delle soluzioni umanitarie. L’inviato speciale delle Nazioni Unite, Staffan de Mistura, così come la Comunità di Sant’Egidio, “ha chiesto di congelare la situazione attuale ad Aleppo e far sì che arrivino gli aiuti umanitari, e pare che questo appello sia stato accolto dal governo ma non sappiamo cosa faranno i ribelli. Speriamo che cominciando da un cessate il fuoco ad Aleppo possa iniziare il dialogo anche in altre città, per poi arrivare a un incontro tra tutti quelli che fanno questa guerra fratricida. Siamo tutti siriani, nati lì, parliamo arabo, abbiamo la stessa storia e la stessa cultura”.

ABBANDONATI DALL’EUROPA

I cristiani di Siria, che abitavano la regione ancora prima dell’avvento dell’Islam,  si sentono abbandonati dall’Europa che pure “rivendica un rapporto privilegiato con la cristianità ma che non riesce ad incidere nel difficile negoziato tra governo e ribelli siriani e, ad un livello politico-diplomatico che sarebbe decisivo, tra Stati Uniti e Russia”, ha aggiunto Marayati.

L’arcivescovo di Aleppo ha chiesto aiuto all’Italia e agli altri paesi europei sotto due aspetti: da un lato sostenere la permanenza della popolazione cristiana nella regione e, contemporaneamente, una politica dei visti mirata alla crisi siriana. “E’ necessario – ha concluso Marayati – consentire soprattutto ai credenti perseguitati di accedere allo status di rifugiato e di non cadere nelle mani dei trafficanti di essere umani”.

 

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