Ricerca storica sui 7mila zingari armeni martiri nel 1915 (Radio Vaticana, 20.10.16)
Don Renato Rosso è un sacerdote originario di Alba, dedito alla pastorale dei nomadi in Italia, Brasile, Bangladesh e India. Recentemente ha visitato l’Armenia e ha rintracciato un’importante documentazione sugli zingari armeni, almeno 7mila, deportati e uccisi nel genocidio di un secolo fa, nel 1915. La documentazione è stata presentata ieri a Papa Francesco nell’udienza in Piazza San Pietro. Per l’occasione, Marcello Storgato ha chiesto a don Renato Rosso di spiegare come e dove abbia trovato la documentazione, e il suo valore:
R. – L’anno scorso, quando ho sentito dai monaci armeni che vivono a Gerusalemme che gli zingari in Armenia cento anni fa erano cristiani, ho cominciato a pensare che probabilmente fossero stati coinvolti nel genocidio, perché il target era quello di uccidere i cristiani. Quando ho saputo che erano cristiani mi sono attivato. Quest’anno, nel mese di giugno, ho trovato un documento prezioso di Gregori Balakian, vescovo della Chiesa ortodossa apostolica, scritto nel 1922. Quindi lui è stato testimone oculare.
D – Quindi è una documentazione di prima mano!
R – Dal momento che i documenti sono rarissimi, questo documento assume un valore prezioso in quanto l’autore, un vescovo, ha raccontato di come sia riuscito a salvarsi da questo genocidio, e lo ha scritto in un testo abbastanza voluminoso con molti particolari. Viveva nella città dove questi zingari sono stati martirizzati, Chankiri, nella provincia di Kastemouni. Lui ha descritto tutto. Ha parlato di queste settemila persone, più di mille famiglie di zingari. Da quel momento abbiamo avuto una documentazione scritta che torna almeno tre volte raccontando un po’ quello che è avvenuto.
D – Ad esempio, cosa racconta?
R – Un fatto interessante, di una ragazza deportata con altre donne. Si trovava in un gruppo di dieci persone: sette erano zingari e tre erano armeni sedentari. Uno dei turchi che accompagnava il convoglio si invaghì di questa ragazza e gli fece una proposta. Le disse che se fosse diventata musulmana si sarebbero sposati così lei non sarebbe morta e lui sarebbe stato contento di vivere con lei. Lei gli fece una controproposta dicendogli di diventare cristiano, di vivere così insieme ugualmente felici. Quest’uomo rimase così ferito, umiliato, che all’inizio fece amputare i seni di questa ragazza, ma lei continuò a rimanere fedele alla sua fede e lui infine la fece tagliare a pezzettini.
D – Quindi la violenza era in qualche modo collegata alla religione …
R – Questo è uno dei tanti segni, di questi fatti che ci raccontano un po’ cosa è stato l’eccidio, quindi dando anche valore a questo fatto. Perché prima della deportazione di questi zingari, sembra che dieci di questi abbiano chiesto di diventare musulmani. Di fronte alle torture non ce l’hanno fatta e hanno fatto questa richiesta. Però questa nota è molto importante perché ci dice che 6.990 sono rimasti fedeli alla loro religione.
D – Una forte testimonianza di fede cristiana, quella degli zingari armeni!
R – Questa gente con questa forza, questi settemila zingari, sono martiri già canonizzati dalla chiesa ortodossa apostolica. Quando sono stato in Armenia ho consegnato questa notizia anche al Patriarcato, che non era a conoscenza di questi fatti. Di solito si parla male di questo popolo …. Quindi una volta che ne possiamo parlare bene, facciamolo con gioia! Secondo me ha un’importanza veramente molto grande. È un gruppo veramente molto significativo. A questo si aggiunge il fatto che questi zingari non erano stati gli unici; ce ne erano tanti altri in tutta l’Armenia, dove mi sono recato personalmente per documentarmi su questo fatto. Ho incontrato gli zingari di Yerevan, di Gyumry che ricordano molto bene i loro nonni, bisnonni, zii che erano stati deportati nelle altre province. Quindi potrebbero essere anche 20mila. Comunque noi rimaniamo al numero di cui abbiamo un testo scritto e su questo non ci sono dubbi. Vivendo con gli zingari, è per me indubbiamente un fatto straordinario!