[ REPORTAGE ] Lo spettacolare paesaggio della fortezza di Amberd, a 2.300 metri di quota: l’Armenia onirica che racconta suggestioni (Turismoitalianews 29.10.24)
La cornice è quella del monte Aragats, il massiccio vulcanico che con la sua cima a 4.090 metri è il punto più alto del Caucaso Minore e dell’Armenia. Il luogo è lo spettacolare paesaggio delle rovine della fortezza di Amberd, a 2.300 metri di quota, e della chiesa di Vahramashen, costruita per il principe Vahram Pahlavuni e completata quasi mille anni fa: era il 1026. Un insieme emblematico, che per quanti visitano l’Armenia rappresenta una meta imprescindibile, carica di suggestioni. Soprattutto se si decide di assistere ad una funzione religiosa nella chiesetta cruciforme. E tuttavia la fortezza è stata inclusa nella lista “7 Most Endangered 2024” di Europa Nostra. Ecco perché.
(TurismoItaliaNews) Scenografica, suggestiva, persino inquietante. Se non altro per le condizioni in cui versa. Tanto da valerle l’inserimento nell’elenco dei 7 monumenti e siti più a rischio di scomparsa da parte della Federazione paneuropea per il patrimonio culturale “Europa Nostra”. Insieme agli altri, potrebbe crollare a causa dell’età, dell’assenza di finanziamenti per il consolidamento delle strutture e per effetto di erosione e dei terremoti. Eppure quella il cui nome si traduce dall’armeno “fortezza tra le nuvole”, ha la sua ragion d’essere come luogo di grande attrazione. Di storia da queste parti se ne è scritta parecchia e l’intero paesaggio è di una bellezza sconvolgente, ancorché sassoso a perdita d’occhio. Ma se si vuol avere un’idea dell’infinito, Amberd è il posto giusto. Del resto è dal decimo secolo che veglia su questo territorio e la successiva realizzazione della chiesa di Vahramashen nell’undicesimo secolo ha reso l’insieme ancor più attrattivo.
La fortezza, il cui primo insediamento risale addirittura all’età della pietra, ha trovato la sua evoluzione come fortezza durante l’età del bronzo e nel periodo urartiano, diventando secondo alcune fonti una residenza estiva per i re. Nel tempo è stata poi ampliata e consolidata con l’inserimento di nuove mura, sino a diventare nel settimo secolo un possedimento della nobile casa di Kamsarakan. E’ di quattro secoli più tardi il passaggio di mano alla casa di Pahlavuni, con la ricostruzione con muri in pietra più spessi e l’aggiunta di tre bastioni lungo la cresta del canyon da parte del principe Vahram Pahlavouni. Al quale si deve anche la chiesetta di Surp Astvatsatsin, l’altro nome con cui è nota la chiesa di Amberd, oltre che di Vahramashen.
Ma la sua storia tortuosa ha conosciuto ulteriori capitoli. Durante il XII e il XIII secolo, sotto il controllo di Zakarian è stata sottoposta ad ulteriori potenziamente strutturali, diventando con il nobile Vache I Vachutian – che ha acquistato Amberd nel 1215 – un sito difensivo chiave nella regione. Finché non sono arrivati i Mongoli, che una volta conquistata la fortezza nel 1236 l’hanno ridotta praticamente in un cumulo di rovine.
Il sito è rimasto abbandonato fino al ventesimo secolo, quando sono iniziati gli scavi archeologici e una prima ricostruzione. Lo studio delle strutture ha permesso di rilevare l’utilizzo di blocchi di basalto grossolanamente squadrati e fissati con malta, la presenza di tre livelli con solai in legno, con cinque stanze al primo e al secondo piano, mentre al terzo livello spazi pensati per il ricevimento e i locali riservati ai suoi abitanti reali, secondo uno schema organizzativo interno rimasto comunque inalterato dal decimo secolo. Non solo: gli scavi archeologici hanno dimostrato che l’interno del castello e le stanze erano piuttosto sontuosi, con decorazioni elegantemente intagliate nelle stanze, lampade a olio, portaincenso e pareti decorate con sete e broccati e con ornamenti in bronzo, oro e argento.
Fin qui la possente struttura. Poi c’è la chiesa. La tipologia architettonica è di tipo cruciforme, con quattro locali a due piani negli angoli; un grande tamburo circolare a dodici facce si trova in cima alla chiesa, con coppie di sottili colonne decorative sul bordo di ogni faccetta. Una cupola conica a ombrello è collocata al di sopra. Esternamente è decorata con semplici bordi intorno al portale e alcune piccole finestre, cornici appena al di sopra delle sottili colonne sul tamburo e sulla cupola. L’insieme appare decisamente armonico, addirittura onirica se inquadra nel contesto del paesaggio e della vicina fortezza.
Ma al di là del modello artistico, le sensazioni più vive (e che restano scolpite nella memorie, un po’ come i disegni a croce in rilievo scolpiti sulle facciate) sono quelle che si vivono all’interno, durante la celebrazione del rito religioso. La coincidenza di trovarsi lì in quel momento è un segnale che vale la pena di cogliere, fermandosi ad ascoltare e a guardare. Anche se la lingua utilizzata non è comprensibile sono i gesti, i toni solenni o sommessi, i canti, il profumo dell’incenso a fare la differenza e a far capire il valore e il significato di quanto sta avvenendo. Immutabilmente da secoli.
7 Most Endangered 2024 di Europa Nostra. Oltre alla fortezza di Amberd in Armenia, l’elenco include il sito archeologico di Muret e Portës (Durazzo, Albania); Palais du Midi (Bruxelles, Belgio); alloggi della classe operaia (courées) (Roubaix-Tourcoing, Francia); isole Cicladi, in particolare Sifnos (Serifos e Folegandros, Grecia); chiesa di San Pietro in Gessate (Milano, Italia); sinagoga di Siena (Italia); palazzo di Sztynort (Masuria settentrionale, Polonia), sede dell’esercito popolare jugoslavo a Šabac (Serbia); chiesa greco-ortodossa di San Giorgio, Altınözü (Turchia); porta di ferro di Antiochia, Antakya (Turchia).
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Giovanni Bosi, giornalista, ha effettuato reportages da numerosi Paesi del mondo. Da Libia e Siria, a Cina e India, dai diversi Paesi del Sud America agli Stati Uniti, fino alle diverse nazioni europee e all’Africa nelle sue mille sfaccettature. Ama particolarmente il tema dell’archeologia e dei beni culturali. Dai suoi articoli emerge una lettura appassionata dei luoghi che visita, di cui racconta le esperienze lì vissute. Come testimone che non si limita a guardare e riferire: i moti del cuore sono sempre in prima linea. E’ autore di libri e pubblicazioni.
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