Quartu Sant’Elena, mostra dei pittori armeni (cq24.it 19.07.17)
Quartu Sant’Elena, 19 luglio 2017 – Nell’ambito della 31° edizione “Sciampitta” 2017, dalle ore 17 alle 20 è possibile ammirare all’ex Convento dei Cappuccini a Quartu Sant’Elena la Mostra Artisti Armeni a cura dell’Ingegnere Giacomo Carlo Tropeani, organizzata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Quartu S. Elena, in collaborazione con la Sovrintendenza Beni Artistici Storici, Archeologici di Cagliari, l’Ambasciata Armena e l’Associazione Settenote e più”.
Da sempre Sciampitta è promotrice delle culture oltre confini, sin da quel 1985, anno della prima edizione, che ogni anno richiama migliaia di persone che vengono ad ammirare i migliori gruppi folk da tutto il mondo.
Una rassegna ricca di colori, suoni e portatrice di cultura che fanno di Sciampitta una delle migliori kermesse mondiali.
Pronunciare la parola Armenia ci conduce alla fama universale del Monte Ararat, il monte dell’Arca di Noè, il monte dove tutto ricominciò dopo il Diluvio Universale. Attualmente conosciamo l’Armenia attraverso la musica di Arto Tuncboyaciyan( https://youtu.be/gwK6wO1QW0) e degli” Armenian Navy Band” e dei “System of a Down”, ma vi è anche un’Armenia che si esprime attraverso i colori, e le raffigurazioni dell’arte pittorica e plastica che non solo parla della propria storia e vissuto umano, ma rivolge lo sguardo all’uomo ed anche alla sua intimità, sogni e paure. Il celebre passo della Genesi 8,4 “ Nel settimo mese, il 17 del mese l’arca si posò sui monti dell’Ararat, ( in ebraico: al Harey Ararat) e dal significato duplice della lingua ebraica l’etimologia ha fatto sorgere leggende di vario tipo sull’ubicazione esatta del dove di posò l’Arca di Noè. Famosa per avere dato i natali al pensatore Gurdjeff e per essere stata una delle prime terre ad accogliere le prime comunità cristiane, l’Armenia ancora piange per il dolore subito della diaspora avvenuta nel 1915 a causa del genocidio ad opera dei “Giovani Turchi”. La notte del 24 aprile 1915 l’organizzazione nazionalista turca “I Giovani Turchi” portava avanti l’ideologia di uno stato nazionale turco, spurgato delle eredità culturali cristiano, armene ed indoeuropee. Il Genocidio iniziò in primi s a Costantinopoli, con lo sterminio nella notte del 24 aprile del 1915 nelle case degli studiosi, poeti ed intellettuali per diffondersi a tutti gli armeni che abitavano i territori orientali da millenni fino alle terre dell’Ararat, antica Armenia. Gli Armeni erano stati i primi al mondo a dichiarare il Cristianesimo religione ufficiale del proprio paese nell’anno 301 d.C. secondo la tradizione della Chiesa Armena fatta risalire a Taddeo Bartolomeo due apostoli di Gesù e solo nel IV secolo d.C. che San Gregorio l’illuminatore con il battesimo del re Tiridate III il Cristianesimo è diventato il pilastro dell’identità e cultura armena. Il genocidio armeno, tuttora negato dal governo turco, obbligò alla deportazione donne, vecchi e bambini, uomini e donne costringendoli dal territorio turco a vagare nel deserto siriano . Molti bambini dovettero subire l’inchiodamento ai piedi di ferri di cavallo tortura imposta prima dell’attraversamento del deserto siriano. Gli unici armeni sopravvissuti alla diaspora si sono sparsi per le nazioni del mondo, da Israele, dove la chiesa Armena è custode dei luoghi santi, fino le terre d’oltremare. Lo stesso Adolf Hitler in un suo celebre discorso del 1939 affermò: “ Chi mai si ricorda dei massacri degli armeni?” Di lì a poco con la sua frase “ Wer redet noch heute von der Vernichtung der Armenier?” rivolta ai suoi generali il “Füher” dava ordine di invadere con spietatezza e senza alcun riguardo la Polonia. Iniziava la messa in opera dell’Olocausto. Tempi passati e tempi presenti. La storia si ripete. Rinascono i nazionalismi, turchi e non e si dimenticano i genocidi.
Questa mostra vuole essere ancora un inno alla vita, alla presa di coscienza del colore e del sentimento contro l’oscurità delle barbarie e l’annientamento dei sentimenti umani. È ancora un inno alla vita, alla storia di questi giovani e contemporanei artisti armeni che si ripropongono e nella loro arte si esprimono tutte le sfumature e linguaggi della comunicazione grafica e segnica. Una rinascita che l’uomo attraverso l’arte rivive e ritrova il senso dell’essere, della funzione vitale e la sua infanzia primordiale, la ricerca dell’arcano esistere e della sua ancestrale domanda all’essere qui, oggi abitante di questo pianeta, ancora martoriato dall’ignoranza e cecità umana. Un’arte che vuole sorridere e partecipare alla vita ed alla rinascita dell’esserci ancora, sia come popolo che come individui e persone. È l’inno alla vita che l’arte con i suoi colori sa ancora trasmetterci emozioni e sentimenti.
A cura di Antonio Piludu e Paula Pitzalis