Quarantatreesimo giorno del #ArtsakhBlockade. L’Azerbajgian non si fermerà all’Artsakh. Dopo proseguirà con l’Armenia (Korazym 23.01.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 23.01.2023 – Vik van Brantegem] – Nella foto di copertina, la capitale della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Stepanakert, prima del blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) e oggi, nel 43° giorno. L’Azerbajgian non accenna a mollare l’assedio dell’Artsakh e la situazione è letteralmente, non solo in senso figurato, congelata. È pulizia etnica e genocidio in atto che nemmeno viene nascosto, anzi apertamente promosso. Il mondo deve ancora intraprendere un’azione concreta, energica e risolutiva contro il regime criminale dell’Azerbajgian. Quasi 5.000 abitanti dell’Artsakh hanno perso il lavoro per il blocco. 30.000 mila minori sono senza luce, al freddo e con cibi razionati. Più di 20.000 minori non possono frequentano la scuola, perché le scuole non sono riscaldate, dopo che l’Azerbajgian ha chiuso il gasdotto dall’Armenia, e più di 7.000 bambini non possono frequentare la scuola materna per le scorte alimentari insufficienti.
In uno dei suoi soliti tweet ipocriti oggi, l’Ambasciatore dell’Azerbajgian in Germania, Nasimi Aghayev, voce bugiarda del suo padrone Aliyev, informa – mostrando un filmato della televisione azera CBC – che «46 pazienti armeni sono stati trasferiti finora attraverso la strada di Lachin dal Karabakh all’Armenia senza alcun ostacolo da parte degli eco-attivisti dell’Azerbajgian. Una volta che la regione sarà completamente reintegrata, l’Azerbajgian costruirà ospedali di prim’ordine in Karabakh in modo che i nostri cittadini armeni non abbiano bisogno di trasferimenti medici in Armenia».
Quindi “senza alcun ostacola” significa lasciare che solo i malati in stato critico vadano in un’altra regione della loro patria perché gli eco-attivisti gli abbiamo bloccati, mentre non hanno possibilità di essere curati nella loro città natale.
Quale trattamento “i nostri cittadini armeni” (che rifiutano essere tali, da prima che esisteva l’Azerbajgian indipendente) possono aspettare dalla generosità azera, ha insegnato la storia, come abbiamo ancora dimostrato, per l’ennesima volta ieri [QUI]. Il blocco dell’Artsakh da parte degli agenti della dittatura familiare-ereditaria di Ilham Aliyev dell’Azerbajgian consente l’evacuazione – solo tramite il Comitato Internazionale della Croce Rossa – di pazienti in condizioni gravi (46 in totale) e (come ha affermato Aliyev) l’uscita degli abitanti Armeni dell’Artsakh che desiderano abbandonare la propria terra (0 in totale, mentre chi è bloccato fuori vuole ritornare). È merito di Aghayev ricordare giornalmente che il blocco c’è e che nessun Armeno dell’Artsakh vuole diventare un suo compatriata.
Il Ministero della Difesa russo ha dichiarato oggi, che un convoglio del contingente di mantenimento della pace russo con carico umanitario è stato scortato lungo l’autostrada interstatale Goris-Stepanakert. Il fatto di un comunicato del genere già da solo è l’ennesima conferma che la strada è bloccata. Il trattamento intimidatorio riservato dai servizi speciale dell’Azerbajgian travestiti come “eco-attivisti” ai minori che tornavano in Artsakh dall’Armenia dopo 37 giorni, dimostra quale trattamento possono aspettarsi “nostri cittadini armeni”, “una volta che la regione sarà completamente reintegrata”. Più che una promessa è una minaccia.
L’ipocrisia UE (ovvero, nostra) – « Strillare sui diritti umani serve a ben poco se poi non si è disposti a sopportare le conseguenze di eventuali tagli alle forniture. (…) Ci si chiede, in conclusione, perché gli europei continuino a parlare di temi sgraditi ai governanti di nazioni per loro fondamentali dal punto di vista delle forniture [Qatar e Azerbajgian]. Strillare sui diritti umani serve a ben poco se poi non si è disposti a sopportare le conseguenze di eventuali tagli. Meglio sarebbe pensare ad una politica energetica seria nel lungo periodo da parte della UE, senza provocare altri guai con i nostri fornitori più importanti» (Michele Marsonet – Atlantico di Nicola Porro, 23 gennaio 2023).
Quando un intervistatore non vuole fare il giornalista – Il Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Ruben Vardanyan, è stato intervistato oggi nel programma Hard Talk della BBC. L’intervistatore Stephen Sackur ha avuto poco interesse per l’Artsakh, parlando principalmente del Presidente russo Putin e il Primo Ministro armeno Pashinyan, ma Vardanyan è riuscito a parlare del disastro umanitario e dell’aggressione azera contro l’Artsakh.
Oggi abbiamo ricevuto conferma ufficiale, che il Rappresentante speciale dell’Unione Europea per la crisi del Caucaso meridionale e della Georgia, Toivo Klaar, è resuscitato. Dopo il suo ultimo tweet del 16 dicembre 2022, più di un mese fa, con cui notificava al suo compagno di merende Ilham Aliyev che non avevo niente da obiettare contro il blocco del Corridoio di Lachin, alloro nel suo quarto giorno, è rimasto in ibernazione.
Poi, ieri notte, alle ore 23.17, Toivo Klaar ha prodotto un nuovo tweet: «Back in Yerevan for a day of meetings. The situation around the Lachin corridor is serious and solutions have to urgently be found. I look forward to discussions to explore ways forward. The Unione Europea goal remains a comprehensive Armenian-Azerbajgian settlement» [Di nuovo a Yerevan per una giornata di incontri. La situazione attorno al Corridoio di Lachin è grave e occorre trovare urgentemente delle soluzioni. Non vedo l’ora di discutere per esplorare le strade da percorrere. L’obiettivo dell’Unione Europea rimane un accordo globale armeno-azerbajgiano].
Tempo sprecato: lo sappiamo da 43 giorni – mentre lui ha dormito per 39 giorni – che la situazione per l’Artsakh è grave (che pudore, parla di “situazione attorno al Corridoio di Lachin”, la parola “blocco” non riesce a pronunciare). Invece di dire a Yerevan che “occorre trovare urgentemente delle soluzioni”, che vada a dire a Baku che il blocco deve terminare all’istante.
Oggi, l’Ufficio del Primo Ministro della Repubblica di Armenia ha informato, che Nikol Pashinyan ha ricevuto Toivo Klaar. All’incontro ha partecipato anche il Capo della delegazione dell’Unione Europea in Armenia, l’Ambasciatore Andrea Victorin. Gli interlocutori hanno discusso della situazione nella regione, nonché delle questioni relative alla cooperazione Armenia-Unione Europea. Nella nota si legge: «È diventata importante la decisione presa sull’ubicazione della nuova missione civile dell’Unione Europea al confine armeno-azerbajgiano, che contribuirà alla stabilità e alla sicurezza nella regione. Si è anche fatto riferimento alla crisi umanitaria creatasi nel Nagorno-Karabakh a seguito del blocco del Corridoio di Lachin. Il Primo Ministro Pashinyan ha sottolineato che, a causa di ciò, la situazione nel Nagorno-Karabakh sta peggiorando di giorno in giorno, le scuole e gli asili non funzionano, le istituzioni sanitarie hanno una grave carenza di medicine e stanno affrontando seri problemi. Inoltre, la fornitura di gas al Nagorno-Karabakh è stata interrotta dall’Azerbaigian, c’è anche un problema di fornitura di energia elettrica. Sottolineando l’adeguata risposta della comunità internazionale alla situazione creatasi, Nikol Pashinyan è lieto di sottolineare il fatto delle risoluzioni adottate l’altro giorno dal Parlamento Europeo».
Secondo la fonte, Toivo Klaar ha espresso preoccupazione per il blocco del Corridoio di Lachin e ha sottolineato la necessità del buon funzionamento del Corridoio. Ha osservato che l’Unione Europea è interessata a garantire stabilità e pace nella regione e continuerà a contribuire alla soluzione di questo problema. Staremo a vedere se riesce a convincere il suo amico Aliyev.
Invece, il Segretario di Stato americano, Anthony Blinken, ha preso il telefono e in una conversazione telefonica con il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, lo ha esortato a sbloccare immediatamente il Corridoio di Lachin per il trasporto commerciale. Al riguardo, il Dipartimento di Stato in una nota ha sottolineato che la minaccia di una crisi umanitaria con il blocco del Corridoio di Lachin mina le prospettive di pace tra l’Armenia e l’Azerbajgian. Blinken ha invitato Aliyev a raddoppiare i suoi sforzi nei negoziati di pace bilaterali con l’Armenia [seriamente, così sta scritto]. Ha anche espresso preoccupazione per i diritti umani in Azerbajgian [preoccupazione, a parole, senza azioni concrete e Aliyev se la ride].
40 organizzazioni non governative della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh hanno inviato una lettera aperta ai leader dei Paesi Co-Presidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE (USA, Francia e Russia), chiedendo loro di discutere la possibilità di dispiegare in Artsakh ulteriori forze internazionali di mantenimento della pace con il mandato del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per garantire la piena sicurezza della Repubblica di Artsakh e dei suoi cittadini.
Nella dichiarazione si afferma: «Per quasi tre decenni, il Gruppo di Minsk dell’OSCE e poi i suoi tre Co-Presidenti, con un mandato internazionale pertinente, hanno svolto un ruolo di mediazione di primo piano nella ricerca di modi per raggiungere una soluzione globale del conflitto azero-karabakh, esclusivamente in modo pacifico, basata sulla Carta delle Nazioni Unite. Le proposte del Gruppo di Minsk dell’OSCE per la risoluzione del conflitto includevano anche principi importanti come il diritto delle nazioni all’autodeterminazione, sulla base del quale sarà determinato lo status finale dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, nonché il non uso della forza o la minaccia della forza.
Riteniamo che la situazione derivante dall’uso illegittimo della forza non possa e non debba essere riconosciuta come punto di partenza per una soluzione globale del conflitto. Lo status indipendente della Repubblica dell’Artsakh deve essere riconosciuto dalla comunità internazionale sulla base del rispetto del diritto del popolo dell’Artsakh all’autodeterminazione. L’intervento militare della Turchia nel conflitto Azerbajgian-Karabakh con il coinvolgimento di combattenti terroristi provenienti dal Medio Oriente, la detenzione illegale di oltre un centinaio di prigionieri di guerra armeni da parte dell’Azerbajgian e i crimini di guerra sono stati condannati dai parlamenti di numerosi paesi e organizzazioni internazionali.
Approfittando della difficile situazione internazionale e del mancato riconoscimento dell’indipendenza della Repubblica di Artsakh, le autorità azere sono ricorse a un’altra azione illegale contro il popolo dell’Artsakh, bloccando le comunicazioni di trasporto lungo il Corridoio di Lachin (Kashatagh), riconosciuto a livello internazionale, che è l’unico modo per collegare l’Artsakh con l’Armenia e il mondo esterno.
Il blocco dell’Artsakh, in corso dal 12 dicembre 2022, viola i diritti e le libertà dei 120.000 abitanti dell’Artsakh, compresi 30.000 bambini, oltre a decine di migliaia di donne e anziani. Ha causato seri problemi con le medicine e l’approvvigionamento alimentare, il Paese è sull’orlo di una catastrofe umanitaria. La chiusura del corridoio di trasporto ha portato alla sospensione dei lavori di costruzione su larga scala effettuati nella Repubblica per fornire alloggi ai rifugiati e agli sfollati interni che hanno lasciato le loro case a seguito dell’occupazione dei territori dell’Artsakh da parte dell’Azerbajgian nel 2020.
Attraverso le loro azioni criminali, le autorità azere stanno cercando di creare condizioni di vita insopportabili per costringere il popolo dell’Artsakh a rinunciare ai propri diritti fondamentali, compreso il diritto all’autodeterminazione. In alternativa, viene proposto l’eliminazione completo o lo spostamento forzato della popolazione armena indigena
dell’Artsakh dalla loro patria storica. Le azioni delle autorità azere, ufficialmente sostenute dalla leadership turca, hanno trasformato in ostaggi 120.000 cittadini dell’Artsakh e le condizioni avanzate dalla Baku ufficiale per il loro rilascio, essendo di natura politica e mercantile, sono una manifestazione di terrorismo internazionale sotto la legge internazionale.
La politica armenafobica del tandem turco-azerbajgiano continua ancora oggi. Gli appelli degli Stati Uniti, dei Paesi europei, della Russia e, in generale, l’attuazione di sole misure politiche non hanno il giusto impatto sulla politica genocida di questo tandem contro gli Armeni etnici.
A causa del fatto che, nonostante gli obblighi assunti ai sensi della Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, il contingente russo di mantenimento della pace in Artsakh non è in grado di impedire le azioni criminali dell’Azerbajgian, chiediamo gentilmente di considerare la possibilità di dispiegare ulteriori forze internazionali di mantenimento della pace in Artsakh, sotto il mandato del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per garantire la piena sicurezza della Repubblica di Artsakh e dei suoi cittadini.
Siamo convinti che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, in cui gli Stati che rappresentate hanno lo status di membri permanenti, abbia basi legali internazionali sufficienti e opportunità per applicare pienamente gli strumenti pertinenti per impedire l’attuazione delle intenzioni di genocidio da parte dell’Azerbajgian e terminare le sue azioni criminali che violano la Carta delle Nazioni Unite».
L’Azerbaijan non si fermerà all’Artsakh
di Mira Nalbandian
Harvard Political Review, 22 gennaio 2023
(Nostra traduzione italiana dall’inglese)
Dalla fine del 2020, gli storici avversari Armenia e Azerbajgian hanno mantenuto un precario cessate il fuoco segnato da crescenti tensioni. Mentre le scaramucce persistono dal 1994, due anni fa è scoppiata la guerra nel Caucaso per la prima volta da decenni, che ha provocato migliaia di vittime e l’Azerbajgian ha conquistato il territorio conteso. L’Armenia aveva in gran parte mantenuto il controllo informale dell’Artsakh (noto anche come Nagorno-Karabakh), una regione popolata da Armeni riconosciuta a livello internazionale come parte del territorio dell’Azerbajgian. Tuttavia, una ripresa dei combattimenti nel settembre 2022 ha lasciato l’Armenia ancora una volta a rischio di concedere più terra all’Azerbajgian.
L’Artsakh è da tempo al centro del conflitto. Durante l’integrazione della regione del Caucaso nell’URSS nel 1923, l’Artsakh fu ceduto all’Azerbajgian, insieme alla regione a maggioranza musulmana del Nakhchivan. Dalla caduta dell’Unione Sovietica, tuttavia, l’Artsakh è stato principalmente controllato dall’Armenia e ha espresso interesse per l’indipendenza dall’Azerbajgian, in particolare nel referendum del 1991 per la statualità, approvato dal 99,89% dei votanti. La regione è comunque riconosciuta a livello internazionale come azera dopo che la terra è stata conservata dall’Azerbaigian nell’era post-URSS.
Sebbene la guerra sia di natura altamente territoriale, non riguarda solo l’Armenia e l’Azerbajgian. Le tensioni nella regione sono profonde e si estendono lontano, coinvolgendo Russia e Turchia, rappresentando uno stato di disagio che ricorda le controversie ottomane e dell’Unione Sovietica. La Russia ha storicamente fornito sostegno all’Armenia, tentando anche di rimanere neutrale, come dimostrato dal suo riuscito negoziato del cessate il fuoco nel 2020 dopo i precedenti tentativi falliti delle Nazioni Unite, della Francia e degli Stati Uniti.
Ma mentre la Russia mediava la pace nella regione, la Turchia forniva un sostegno diretto all’Azerbajgian, suo alleato di etnia turca. Nella guerra del 2020, aerei da combattimento turchi sono stati avvistati in Azerbajgian e la Turchia ha inviato mercenari siriani in Artsakh per combattere con l’esercito azero.
Tale coinvolgimento puzza di pan-turchismo, un’ideologia radicata nell’unificazione di tutti i popoli di lingua turca in tutta l’Asia occidentale e centrale. Il pan-turchismo non è semplicemente un movimento edificante per i popoli turchi. Storicamente, è stato utilizzato per prendere di mira molti popoli non turchi nella regione, vale a dire Armeni, Assiri, Curdi e Greci, che sono considerati estranei all’ideologia pan-turca. Durante la Prima Guerra Mondiale, la propaganda pan-turca mirava a contrastare l’influenza russa. In una parata per la vittoria azera in Azerbajgian dopo la guerra del 2020, il Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha elogiato Enver Pasha, un leader pan-turco in tempo di guerra che ha aiutato nella pianificazione del genocidio armeno, che dal 1915 in poi ha ucciso 1,5 milioni di Armeni e ne ha sfollati innumerevoli altri. Anche gli Armeni che vivono in Azerbajgian hanno subito violenze, in particolare il pogrom di Baku degli anni ’90, che ha preso di mira gli Armeni nella capitale azera. L’ideologia è apparentemente riapparsa mentre i presunti sforzi di supporto aereo e mercenario della Turchia creano un nuovo livello di pericolo per l’Armenia nella guerra in corso. In altre parole, l’Azerbaigian non ha semplicemente una vendetta isolata per l’Armenia, piuttosto, l’ultima aggressione azera segnala la continuazione di una storica persecuzione del Paese e del suo popolo.
Mentre sia l’Armenia che l’Azerbajgian hanno affermato che l’altro ha colpito per primo, il tempismo della guerra arriva in un momento strategicamente molto vantaggioso per l’Azerbajgian. Da quando la Russia ha iniziato a invadere l’Ucraina a febbraio, il principale sostenitore dell’Armenia nella regione è occupato. Di conseguenza, l’Armenia non ha il supporto fondamentale che di solito trova in Russia per contrastare gli attacchi azeri e l’Azerbajgian gode di un vantaggio significativo. Come ha detto alla National Public Radio Paul Stronski del Carnegie Endowment for International Peace: “Il tempismo, il fatto che la Russia sia occupata, ha certamente portato a quella che in questo momento sembra un’offensiva azera”.
L’Armenia e il Portavoce del Dipartimento di Stato americano, Ned Price, hanno anche riferito che l’Azerbajgian non ha solo attaccato il territorio conteso, ma anche la terra armena sovrana, con Price che ha indicato “prove significative di bombardamenti azeri all’interno dell’Armenia e danni significativi alle infrastrutture armene” a settembre . Secondo quanto riferito, le truppe azere sono in territorio armeno e il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan ha rivelato che l’Azerbajgian ha occupato terra controllata dagli Armeni, confermando ulteriormente l’obiettivo alla base dell’aggressione: una campagna per catturare sempre più terra armena. Inoltre, dal 12 dicembre 2022, l’Azerbajgian ha istituito un blocco sull’Artsakh, il che significa che i cittadini della regione sono tagliati fuori dalle forniture necessarie.
In risposta alla guerra più recente, Pashinyan ha tentato di perseguire concessioni diplomatiche per placare l’Azerbajgian ed evitare ulteriori conflitti, una strategia che ha provocato forti proteste in Armenia. Si ipotizza che Pashinyan conceda l’Artsakh all’Azerbajgian, provocando richieste di dimissioni. Al contrario, il Presidente dell’Artsakh, Arayik Harutyunyan, si è opposto con decisione a qualsiasi concessione all’Azerbajgian.
A livello internazionale, Francia, Russia, Stati Uniti e Unione Europea hanno chiesto la pace nella regione, riflettendo le loro azioni due anni fa, quando tentarono di negoziare il cessate il fuoco. Tuttavia, durante la guerra in Ucraina, sono sorte complicazioni, con la Banca Mondiale che ha notato che i Paesi che dipendono dal gas naturale per l’energia soffriranno di un accesso limitato. L’Azerbajgian, che contiene riserve di gas naturale, ha così raccolto la simpatia della Commissione Europea, lasciando l’Armenia ancora più vulnerabile.
Ancora una volta, e non sorprende, la Turchia ha affermato che sosterrà l’Azerbajgian, in linea con la sua posizione nella guerra del 2020, fornendo ulteriori indicazioni sul fatto che l’Azerbajgian continuerà a competere per la terra armena, essendo sostenuto da un potente alleato che incoraggia l’idea che l’Armenia sia un territorio ancestrale turco. L’alleanza tra Turchia e Azerbajgian va oltre una semplice questione di interesse politico: i due Paesi hanno una lunga storia di sentimenti anti-Armeni radicati nel pan-turchismo e hanno dichiarato più volte la loro intenzione di “rivendicare” la terra nell’odierna Armenia. Il Presidente azero, Ilham Aliyev, ha dichiarato nel 2010: “Ho ripetutamente affermato che l’attuale Armenia, il territorio, chiamato Repubblica di Armenia sulla mappa, è un’antica terra azera”. Aliyev fa questa affermazione nonostante prove che gli Armeni vivono nell’odierna Armenia da circa 3000 anni.
Tuttavia, il governo azero ha fissato gli occhi all’interno dei confini dell’Armenia. Il politico azero Bahar Muradova è stato citato affermando che “gli Azeri torneranno nelle loro terre storiche, inclusa Yerevan. Non ci possono essere dubbi”. Le sue parole fanno eco ai sentimenti del suo governo, ma mentre questi politici azeri sono stati avanti nelle loro aspirazioni, il governo turco ha famigeratamente negato alcuni dei suoi più eclatanti atti anti-armeni, in particolare la sua complicità nel genocidio armeno, pur elogiando gli architetti del genocidioi.
La storia non si ripete semplicemente, prosoegue. Le azioni della Turchia e dell’Azerbajgian dimostrano la loro vera intenzione storica: il controllo della terra armena. Mentre il governo azero può rivendicare la difesa della sua terra, il suo attacco all’Armenia in seguito all’invasione russa dell’Ucraina, i suoi movimenti nella terra armena sovrana e la sua storia di sentimenti pan-turchi servono solo come indicazione che l’Azerbajgian è interessato a molto di più che proteggere i suoi confini attuali.
Il Primo Ministro Pashinyan ha il dovere di resistere all’aggressione azera. Il popolo armeno ha dimostrato il suo rifiuto di soccombere alla pressione, così come lo stesso Artsakh, e il suo governo deve riflettere la sua forza.
L’Azerbajgian, e la sua alleata Turchia, hanno una lunga storia di aggressioni contro l’Armenia e hanno chiarito le loro intenzioni di invadere sempre più la terra armena. Se Pashinyan concede completamente l’Artsakh, l’Azerbajgian non sarà soddisfatto. Finché Aliyev e i suoi alleati sostengono che tutta l’Armenia è la loro patria ancestrale, sarebbe sciocco pensare che non continueranno a spingere fino a quando non avranno vinto ciò che pensano di meritare.
Il corso per placare l’Azerbajgian deve trasformarsi in sanzioni internazionali repressive – Presidenza dell’Artsakh
Armenpress, 23 gennaio 2023
(Nostra traduzione italiana dall’inglese)
Nelly Baghdasaryan, Consigliere per le relazioni internazionali del Presidente della Repubblica di Artsakh/Nagorno Karabakh, Arayik Harutyunyan, ha commentato la risposta internazionale e la sua efficacia al blocco azero dell’Artsakh, gli obiettivi perseguiti dall’Azerbajgian e altre questioni in un’intervista condotta da Armenpress.
Il Ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, ha recentemente annunciato che il contingente di mantenimento della pace russo, deputato a controllare il traffico lungo il Corridoio di Lachin in base alla dichiarazione trilaterale, ha tutte le capacità per controllare i mezzi di trasporto. Si prega di commentare il messaggio di questo annuncio, in particolare tenendo conto della seguente dicitura: “Il contingente di mantenimento della pace ha tutte le possibilità per controllare i mezzi di trasporto”.
La domanda chiave dopo la formulazione del Ministro degli Esteri russo riguardo al corridoio durante il blocco è la seguente: è possibile ottenere lo sblocco con l’influenza della parte russa e senza precondizioni nel quadro degli obblighi assunti dalla Russia il 9 novembre 2020? Secondo la sequenza delle ultime discussioni, il 17 gennaio si è svolto un colloquio telefonico Lavrov-Bayramov, durante il quale il Ministro degli Esteri russo ha sottolineato “la necessità di un rapido e completo sblocco del traffico lungo il Corridoio di Lachin in linea con i parametri previsti dalla Dichiarazione trilaterale di alto livello del 9 novembre 2020”, e durante la conferenza stampa del 18 gennaio che riassume il 2022 Sergey Lavrov ha citato questa telefonata. Ha ribadito i doveri assunti dalla Russia nell’ambito dell’accordo trilaterale di controllo del traffico e dei mezzi di trasporto. Allo stesso tempo, il Ministro degli Esteri russo ha in una certa misura spostato il baricentro della risoluzione della crisi nell’arena dell’Azerbajgian-Artsakh: il Ministro ha affermato che “i rappresentanti dell’Azerbajgian hanno avuto incontri con i rappresentanti del Karabakh con la partecipazione del comandante del contingente russo”. Secondo un comunicato rilasciato dal Consiglio di Sicurezza dell’Artsakh il 18 gennaio, la comunicazione del 15 gennaio con la parte azera per la riapertura del corridoio non ha dato alcun risultato. Invece di sbloccare, l’Azerbajgian sta ora sviluppando una strategia di logoramento, perseguendo l’obiettivo di costringere l’Artsakh a fare concessioni. In pratica, il blocco ha registrato uno status quo in senso negativo.
Quanto è realistica la revoca del blocco per l’influenza della comunità internazionale e dei centri di potere? In generale, quale atteggiamento della comunità internazionale ha registrato nei confronti di questo atto disumano dell’Azerbajgian? Le valutazioni e le dichiarazioni da sole sono sufficienti? Secondo lei, cosa può contribuire concretamente alla risoluzione del problema?
Il fatto ha registrato un alto livello di internazionalizzazione. Apprezziamo la solidarità internazionale e il lavoro svolto per formare il dossier politico oggettivo del blocco totale dell’Artsakh risultante dalla chiusura del Corridoio di Lachin. Il dossier sul blocco deve modificare gli approcci dei centri di potere che sostenevano la convivenza dell’Artsakh con l’Azerbajgian. I nuovi approcci concettuali per la risoluzione dei conflitti devono essere costruiti sulla base del rispetto del diritto all’autodeterminazione del popolo dell’Artsakh. Fin dai primi giorni del blocco la comunità internazionale ha condannato e chiesto l’immediata eliminazione del blocco del Nagorno-Karabakh, la riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è stata particolarmente importante e i discorsi che vi sono stati pronunciati, ma ritengo che l’assenza di una dichiarazione di consenso sia un deplorevole errore da parte della comunità internazionale. Attribuisco importanza anche ai sostanziali discorsi nella Riunione speciale del Consiglio permanente dell’OSCE del 16 e 17 gennaio. Ricordando in generale i discorsi dei Rappresentanti permanenti degli USA, della Francia e della Russia presso l’OSCE, anche in qualità di Co-Presidenti, hanno chiesto l’adesione all’accordo trilaterale del 9 novembre 2020, il ripristino immediato e incondizionato della circolazione libera e sicura lungo il Corridoio di Lachin e di non peggiorare la crisi umanitaria. La coerenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo è stata importante nel notificare con urgenza al Comitato dei Ministri del Consiglio Europeo la decisione riguardante lo sblocco del Corridoio di Lachin. In ambito europeo l’ultimo fatto importante è stato il Rapporto annuale 2022 della Politica estera e di sicurezza comune del 18 gennaio del Parlamento Europeo riguardante il blocco del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbajgian. Il 19 gennaio il Parlamento Europeo ha adottato la risoluzione di condanna sulle conseguenze umanitarie del blocco nel Nagorno-Karabakh. Queste discussioni e pressioni internazionali, l’enorme lavoro, sono certamente molto apprezzate da noi, ma finché il blocco continua non possiamo trovarle sufficienti. Il corso di pacificazione dell’Azerbaigian, in corso dal 2020, deve trasformarsi in un corso di repressione pratica attraverso gli strumenti delle sanzioni internazionali. Il 19 gennaio il Parlamento europeo ha adottato la risoluzione di condanna sulle conseguenze umanitarie del blocco nel Nagorno Karabakh. Queste discussioni e pressioni internazionali, l’enorme lavoro, sono certamente molto apprezzate da noi, ma finché il blocco continua non possiamo trovarle sufficienti. Il corso di pacificazione dell’Azerbaigian, in corso dal 2020, deve trasformarsi in un corso di repressione pratica attraverso gli strumenti delle sanzioni internazionali. Il 19 gennaio il Parlamento europeo ha adottato la risoluzione di condanna sulle conseguenze umanitarie del blocco nel Nagorno Karabakh. Queste discussioni e pressioni internazionali, l’enorme lavoro, sono certamente molto apprezzate da noi, ma finché il blocco continua non possiamo trovarle sufficienti. Il corso di placcare l’Azerbajgian, in atto dal 2020, deve trasformarsi in un corso di repressione pratica attraverso gli strumenti delle sanzioni internazionali.
In generale, quali obiettivi minimi e massimi persegue l’Azerbajgian tenendo chiuso il Corridoio di Lachin con il falso pretesto ambientale?
“Artsakh senza gli Armeni” – questo è il calcolo massimo dell’Azerbajgian nella questione dell’Artsakh, non ci sono calcoli minimi. L’Azerbajgian ha scelto una strategia di logoramento incruento dell’Artsakh. La combinazione delle azioni armenofobe dell’Azerbajgian include una politica di pulizia etnica strisciante, occupazione strisciante e terrorismo. La popolazione di 120.000 abitanti dell’Artsakh è in condizioni di disastro umanitario, la nostra principale e fondamentale preoccupazione sono i 30.000 bambini che sono sotto blocco, che stanno vivendo le conseguenze psicologiche, sociali e fisiche del blocco in modo più acuto. Il famigerato incidente in cui un gruppo di minori dell’Artsakh che tornavano a casa da Goris con le forze di mantenimento della pace russe è stato sottoposto a una violenza psicologica organizzata da parte degli Azeri deve essere condannato nelle arene legali internazionali..
Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]