Quarantaquattresimo giorno del #ArtsakhBlockade. «Possiamo essere vicini dell’Azerbajgian, ma mai parte dell’Azerbajgian (Korazym 24.01.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 24.01.2023 – Vik van Brantegem] – Ruben Vardanyan, il Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh ha detto: «Possiamo essere vicini dell’Azerbajgian, ma mai parte dell’Azerbajgian. Pensi che gli Armeni vogliano essere governati da uno Stato, dove nei suoi 104 anni di esistenza, 44 anni sono stati controllati da un’unica famiglia? A parte gli Armeni dell’Artsakh, i loro stessi cittadini Azeri non hanno mai sperimentato nessuno dei diritti umani che dice di praticare».
Che Vardanyan ha ragione, ci ricorda la storia e anche lo stesso Heydar Aliyev (10 maggio 1923, Nakhichevan, Azerbajgian 12 dicembre 2003, Cleveland, USA), il padre di Ilham, da cui ha ereditato la Presidenza e proseguito la politica repressivo e sfruttamento delle ricchezze petroliferi del Paese, senza alcuna considerazione per l’ambiente. In un breve filmato, trasmesso il 25 novembre 2013 da ATV-Azad Azerbaycan TV, è ripresa una parte di una conferenza di Heydar Aliyev, durante la quale cita da un suo discorso che pronunciò al Soviet Supremo all’inizio di febbraio 1991, l’anno in cui il Soviet Supremo sciolse formalmente l’URSS (il 26 dicembre): «Ricordo che all’inizio di febbraio del 1991 mi doleva il cuore quando sono apparso per la prima volta in una sessione del Soviet Supremo. Ma purtroppo allora, invece di capire questo mio discorso, mi hanno fatto pressioni, insultato e ricattato. Cosa ho detto allora? Ho detto che il Nagorno-Karabakh è completamente perduto. Il Nagorno-Karabakh non è più dell’Azerbajgian. L’Azerbajgian non ha né governo statale né alcuna politica sul Nagorno-Karabakh. Tutto è fatto in modo approssimativo. Qualcuno spara con una pistola da qualche parte quando può, fa quello che può. Non c’era politica. Ed è successo esattamente così. L’Azerbajgian ha sofferto di questa orribile situazione perché dal 1988 fino alla fine nessuno ha avuto una politica e una strategia adeguate, perché le persone non si sono incontrati e non si sono unite, non hanno cercato e trovato una soluzione a questo problema».
Per quanto riguarda il contesto del suo discorso, in realtà Heydar Aliyev stava criticando il governo di Ayaz Mütallibov (il 1° Presidente dell’Azerbajgian dal 5 febbraio 1991 al 6 marzo 1992 e dal 14 al 18 maggio 1992). Heydar Aliyev fa riferimento alla prima guerra del Nagorno-Karabakh (20 febbraio 1988 – 16 maggio 1994) e al tentativo da parte dell’Azerbajgian sotto la sua Presidenza di risolvere militarmente la questione del Nagorno-Karabakh con l’offensiva del 1993, che si rivelò un totale fallimento. Alla fine l’Armenia continuò a detenere il controllo del Nagorno-Karabakh e la questione rimase aperta.
Heydar Aliyev è stato il 3° Presidente dell’Azerbaigian dal 10 ottobre 1993 al 31 ottobre 2003, quando suo figlio Ilham Aliyev gli è succeduto nella carica presidenziale, fra molte polemiche e moti di protesta. Emanuel Pietrobon l’ha definito «padre fondatore dell’Azerbajgian indipendente e fonte primigenia di quel legato che, trasmesso in eredità ai posteri, ha trovato piena espressione all’alba del ventunesimo secolo». Nell’insieme, ha dominato la vita politica azera per oltre un trentennio e il suo regime è stato descritto come dittatoriale, autoritario e repressivo. Numerosi commentatori politici hanno sottolineato che Heydar Aliyev ha governato uno Stato pesantemente poliziesco, ha truccato le elezioni e imbavagliato i media, mentre alcuni hanno sottolineato che la sua politica ha portato stabilità e ricchezza al Paese.
Gli eventi recenti ci portano alle parole di Heydar Aliyev, riportato in questo filmato (che inizia proprio con delle immagini del 21 febbraio 1988, quando scoppiarono le violenze), che dimostra che l’Azerbajgian ha mai avuto e non ha una politica unanime e specifica sul Nagorno-Karabakh.
«Se volete avere un’idea del volume di armenofobia in Azerbajgian, leggete i commenti sotto uno qualsiasi dei miei post. La società creata dal dittatore Aliyev è quasi completamente avvelenata dalla xenofobia» (Gegham Stepanyan #StopArtsakhBlockade @Gegham_Artsakh, Difensore dei Diritti Umani della Repubblica di Artsakh, su Twitter). Una risposta del 6 gennaio 2023 riflette quello che la leadership dell’Azerbajgian ha detto che attende “i separatisti criminali del Karabakh [Artsakh/Nagorno-Karabakh] quando sarà presa Khankendi [la capitale Stepanakert]”: «Amico, ti meriterai la tua cella nella prigione di Baku».
Il Ministro degli Esteri dell’Armenia Ararat Mirzoyan, intervenendo al dibattito tenutosi al Comitato degli Affari Esteri del Parlamento Europeo ha osservato, che le azioni dell’Azerbajgian fino ad ora, compreso il blocco del Corridoio di Lachin, hanno dimostrato ancora una volta l’assoluta necessità dell’impegno internazionale per risolvere i problemi di diritti e sicurezza del popolo dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh. «Non possiamo stare ai margini e guardare le persone morire lentamente di fame a causa di giochi politici e, forse, calcoli geopolitici. Il momento di agire è adesso. L’Azerbajgian dovrebbe essere ritenuto responsabile delle sue azioni. Bisognerebbe spiegare all’Azerbajgian che ci sono regole internazionali a cui tutti devono attenersi», ha detto Mirzoyan.
Dalle ore 02.00 del 25 gennaio 2023 in tutta la Repubblica di Artsakh si verificheranno interruzioni di elettricità 3 volte al giorno, ciascuna della durata di 2 ore (invece delle attuali due volte di 3 ore), informa la società Artsakhenergo sulla sua pagina Facebook [QUI]: «Tenendo conto delle osservazioni della popolazione e della necessità di impostare il regime più confortevole per il riscaldamento, si è deciso di mantenere il programma giornaliero di 6 ore di interruzione dell’energia elettrica, attuando le interruzioni per una durata inferiore».
Le stazioni di rifornimento di gas naturale compresso a Stepanakert e nelle regioni saranno chiuse dal 24 gennaio 2023, ha dichiarato in una nota l’InfoCenter dell’Artsakh. Il gas accumulato d’ora in poi sarà fornito solo alle strutture sanitarie e ad altre strutture essenziali.
Negli ultimi due giorni il gas accumulato era stato fornito a istituzioni sanitarie, panifici e alle stazioni di servizio. Tuttavia, tenuto conto delle code create alle stazioni di servizio e del volume limitato di gas, il lavoro delle stazioni di servizio sarà interrotto fino a che verrà ripristinata la fornitura di gas. Al fine di garantire il regolare funzionamento del servizio pubblico e delle organizzazioni di servizio pubblico, i veicoli delle suddette organizzazioni saranno alimentati con benzina o gasolio.
Le 100 tonnellate di alimentari donate dal Fondo All-Armenian “Hayastan” nell’ambito del programma di sostegno umanitario urgente all’Artsakh si trovano attualmente nella città di Goris. A causa del blocco dell’unica strada che collega l’Artsakh all’Armenia dall’Azerbajgian, non è possibile consegnare il carico all’Artsakh, informa il Ministero dello Sviluppo Sociale e della Migrazione della Repubblica di Artsakh sulla sua pagina Facebook. Il post afferma inoltre: “Sono in corso trattative con il comando delle forze di mantenimento della pace russe per consegnare il carico umanitario alla Repubblica di Artsakh nella situazione di crisi. Se sarà possibile trasportare il carico, sarà depositato presso il Ministero dello Sviluppo Sociale e della Migrazione della Repubblica di Artsakh e distribuito gratuitamente ai gruppi socialmente vulnerabili secondo gli elenchi del Ministero”.
La Dichiarazione trilaterale di cessate il fuoco del 9 novembre 2020 non prevede restrizioni al trasporto merci per quanto riguarda la loro “natura, scopo o uso”
«Di recente le autorità azere sono sempre più ricorse a un’interpretazione arbitraria del paragrafo 6 della Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, in merito al funzionamento del Corridoio Lachin», ha affermato il Ministero degli Esteri della Repubblica di Artsakh/Nagorno Karabakh in una nota.
«Per portare avanti la propria agenda politica, l’Azerbajgian ha tenuto in ostaggio l’intera popolazione dell’Artsakh per più di 40 giorni, bloccando l’unica strada che collega l’Artsakh con l’Armenia e il mondo esterno e creando una grave crisi umanitaria.
Allo stesso tempo, l’Azerbajgian ricorre a varie speculazioni, cercando di mascherare la sua politica disumana nei confronti del popolo dell’Artsakh. In particolare, le autorità azere presentano i dati sul passaggio dei veicoli del CICR e delle forze di mantenimento della pace russe come prova dell’assenza di crisi umanitaria e blocco. Tuttavia, i fatti sul campo confutano lo stratagemma azero, progettato per fuorviare la comunità internazionale.
In primo luogo, durante i 43 giorni del blocco, attraverso il Corridoio di Lachin sono transitati meno veicoli rispetto al flusso di traffico giornaliero nel periodo precedente al blocco. Tutti questi veicoli appartenevano al CICR o alle forze di mantenimento della pace russe. Non un solo veicolo appartenente ai residenti dell’Artsakh è passato per il Corridoio.
In secondo luogo, a causa del blocco, il flusso di persone attraverso il Corridoio di Lachin in entrambe le direzioni è stato interrotto. Anche i veicoli delle forze di mantenimento della pace russe, che trasportavano i minori dall’Armenia all’Artsakh, sono stati fermati e i passeggeri all’interno sono stati sottoposti a deliberato terrore psicologico da parte dell’Azerbajgian.
In terzo luogo, l’importazione di beni di consumo, pari a oltre 400 tonnellate al giorno, è stata completamente interrotta. Il blocco dell’Artsakh non solo ha portato a una carenza di forniture essenziali, compresi i medicinali salvavita, ma ha anche privato migliaia di persone del lavoro e dei mezzi di sussistenza.
Allo stesso tempo, oltre al blocco terrestre dell’Artsakh [e ricordiamo che l’Azerbajgian impedisce l’atterraggio di aerei all’aeroporto di Stepanakert. V.v.B.], l’Azerbajgian ha imposto un blocco energetico per aggravare ulteriormente la situazione umanitaria. L’Azerbajgian continua a ostacolare deliberatamente la fornitura di gas naturale all’Artsakh, così come la riparazione dell’unica linea ad alta tensione Goris-Stepanakert proveniente dall’Armenia, danneggiata il 9 gennaio, in un’area sotto il controllo azero.
L’affermazione dell’Azerbajgian di avere il diritto di fermare i veicoli che attraversano il Corridoio di Lachin e di condurre ispezioni del carico è assolutamente infondata. La Dichiarazione trilaterale non prevede alcuna restrizione al trasporto di merci per quanto riguarda la loro natura, scopo o utilizzo. Per quanto riguarda il Corridoio di Lachin, l’unico obbligo dell’Azerbajgian è quello di non ostacolare in alcun modo la circolazione, la sicurezza del movimento di cittadini, veicoli e merci in entrambe le direzioni.
I tentativi di Baku di rivedere unilateralmente le disposizioni della Dichiarazione trilaterale e di trasformare il Corridoio di Lachin, che ha uno status riconosciuto a livello internazionale, in una strada controllata dall’Azerbajgian esclusivamente per il trasporto di merci umanitarie sono illegittimi e devono essere respinti.
La firma del Presidente dell’Azerbajgian sotto la Dichiarazione trilaterale rappresenta l’esplicito consenso dell’Azerbajgian al riconoscimento del controllo esclusivo del contingente di mantenimento della pace russo sul Corridoio di Lachin».
All’APCE, Arusyak Julhakyan solleva la questione della tortura delle donne militari armene da parte delle forze armate azere
Dopo la recente aggressione nel settembre 2022 da parte dell’Azerbajgian contro il territorio sovrano dell’Armenia, non solo la comunità armena ma anche quella internazionale è rimasta scioccata da un orribile video diffuso nei media azeri, ha detto il deputato armeno Arusyak Julhakyan alla sessione plenaria dell’Assemblea parlamentare del Consiglio di Europa (APCE).
“Le donne armene cadute nelle mani delle forze armate azere sono state vittime del trattamento più degradante e disumano. Tutte le prigioniere sono state spogliate fino al seno e lasciate sul campo di combattimento con il petto nudo”, ha detto.
“In uno dei video il corpo di una donna completamente nuda è stato posto come un trofeo sopra il resto dei cadaveri vicini. I suoi seni e genitali sono stati portati nudi come spettacolo per i testimoni. Gli autori hanno lasciato un messaggio “YAŞMA” sul suo petto, che è un nome in codice per le forze azere appositamente addestrate, e salterò tutti gli altri dettagli orribili”, ha aggiunto il parlamentare.
“Le riprese e la diffusione di tali operazioni sui media sono fatte per la valutazione pubblica e l’orgoglio. Gli autori avevano evidentemente intenzione di lasciarlo come messaggio agli osservatori, poiché questi video sono stati visti non solo dal popolo armeno in generale, ma anche dai tre figli di questa soldatessa, causando loro inutili sofferenze e dolore. E vale la pena ricordare che il corpo di questa donna soldato non viene consegnato alla parte armena da molto tempo”, ha aggiunto Julhakyan.
“Il video di cui parlo è una prova concreta di un grave crimine di guerra crudelmente commesso dalle forze armate azere e attribuibile all’Azerbajgian. La grave violenza degli autori è oltre ogni immaginazione. Inoltre, questi raccapriccianti crimini sono seguiti da azioni che dimostrano un estremo cinismo basato sull’odio contro l’etnia armena. Questa violenza non è solo basata sul genere, ma anche su base razziale”, ha affermato il deputato.
Julhakyan ha sottolineato che l’oltraggio alla dignità personale costituisce un crimine di guerra ai sensi del diritto penale internazionale e gli autori devono essere puniti, poiché l’impunità provoca nuovi crimini. “Quindi è necessario che l’Assemblea affronti la questione della violenza sessuale durante i conflitti armati”, ha affermato.
Quanti giorni devono ancora passare prima che gli USA. l’Unione Europea, la Gran Bretagna e altri Paesi decideranno di fermare gli aiuti militari e non all’Azerbajgian, di inviare aiuti umanitari all’Artsakh attraverso l’aeroporto di Stepanakert, di sanzionare i criminali di guerra dell’Azerbajgian?
BP ha un crescente problema con l’Azerbaigian
di Michael Rubin [*]
Washington Examiner, 23 gennaio 2023
(Nostra traduzione italiana dall’inglese)
Proprio l’anno scorso, British Petroleum, o BP, l’ottava compagnia petrolifera e del gas più grande del mondo per fatturato, ha celebrato con orgoglio 30 anni di partnership con l’Azerbajgian. Rimane il più grande investitore straniero di quel Paese.
Mentre la società britannica si vanta del suo “investimento sociale” nel Paese, il vero beneficiario della partnership è stata la famiglia regnante dell’Azerbajgian. Heydar Aliyev, un ex ufficiale del KGB sovietico, era presidente quando la BP e l’Azerbajgian firmarono un accordo di condivisione della produzione per un importante giacimento petrolifero del Caspio. Suo figlio Ilham ha rilevato sia la relazione con BP che il Paese alla morte di suo padre due decenni fa. Per gli Aliyev, è stata una relazione redditizia. A partire dal 2021, il giacimento BP rappresentava il 95% delle esportazioni di petrolio dell’Azerbajgian. Ciò si traduce in ben oltre 10 miliardi di dollari all’anno, molti dei quali sembrano confluire nei conti privati o nella rete di imprese degli Aliyev piuttosto che nel bilancio pubblico. Per molti nell’industria petrolifera, questo è normale. Molti membri dell’OPEC sono antidemocratici. Le compagnie petrolifere fanno affari, non danno giudizi di valori.
Prove circostanziali suggeriscono che accanto alla partnership BP c’è stato un tacito accordo con il governo britannico per proteggere gli Aliyev. La famiglia Aliyev possiede proprietà per un valore di forse 700 milioni di dollari a Londra e ha speso decine di milioni in più per sostenere organizzazioni “culturali”. Al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il Regno Unito vota spesso a fianco della Russia e contro gli Stati Uniti per proteggere l’Azerbajgian dalla condanna della sua aggressione e delle violazioni dei diritti umani. Durante una riunione del Consiglio di Sicurezza il mese scorso per discutere del blocco dell’Azerbajgian delle forniture di cibo e medicine alla popolazione armena nel Nagorno-Karabakh, per esempio, un diplomatico azero si è vantato che la Gran Bretagna e la Russia hanno bloccato l’azione. La BBC, nel frattempo, ha fornito una copertura controfattuale per la propaganda azera nei documentari, alcuni dei quali prodotti con il supporto della BP e dell’Azerbajgian.
Quando si tratta dell’Azerbajgian, tuttavia, la protezione fornita dalla partnership BP potrebbe presto cambiare. Freedom House classifica l’Azerbajgian come uno degli Stati più repressivi del mondo e Transparency International lo classifica tra i più corrotti del mondo. La “diplomazia del caviale” che una volta ha acquistato i favori dei politici su entrambe le sponde dell’Oceano Atlantico porta sempre più a questioni di credibilità se non a rischi legali.
Il vero problema è che Aliyev agisce sempre più in modo irregolare. Segue un percorso tracciato da Saddam Hussein. A causa di un pio desiderio, dell’avidità o del desiderio geopolitico, i diplomatici sia a Washington che a Londra una volta descrissero Saddam come un moderato e trovarono delle scuse man mano che si distaccava maggiormente dalla realtà. Questo è venuto al culmine, ovviamente, quando non solo ha negato il diritto di esistere del Kuwait (come fa oggi Aliyev con l’Armenia), ma poi ha inviato i suoi militari ad agire secondo le sue ambizioni (come ora Aliyev minaccia di fare). Mentre Aliyev cerca di ripulire le notizie, la fame di 120.000 Armeni da parte di un importante cliente non è qualcosa che nessuna società britannica può ignorare. Il danno alla reputazione sarebbe semplicemente troppo grande. Anche se gli uomini d’affari fossero inclini a guardare dall’altra parte, i diplomatici britannici del XXI secolo non possono farlo.
In effetti, i diplomatici britannici coinvolti con l’Azerbajgian si comportano sempre più a disagio dietro le quinte e non fingono più di credere nei propri argomenti di discussione. Le posizioni sul Caspio di BP potrebbero aver portato grandi profitti, ma potrebbero presto dimostrare il motivo per cui i dittatori viziati possono essere una proposta perdente.
[*] Michael Rubin è un collaboratore del Washington Examiner’s Beltway Confidential. È senior fellow presso l’American Enterprise Institute.
«Heydar Aliyev ha avviato trattative con compagnie occidentali sullo sviluppo dei giacimenti petroliferi in Azerbajgian. Il 20 settembre 1994, il governo dell’Azerbajgian ha firmato il Contratto del Secolo con le maggiori società petrolifere e del gas: BP (Regno Unito), Amoco, Unocal, Exxon, McDermott e Pennzoil (USA), Lukoil (Russia), Statoil (Norvegia) e Società Petrolifera Statale della Repubblica di Azerbaigian (SOCAR), TPAO (Turchia), Delta Nimir (Arabia Saudita) e Ramco (Scozia) per lo sviluppo su larga scala dei giacimenti Azeri-Chirag-Gunashli nel settore azerbaigiano del Mar Caspio. Questo accordo ha avuto un ruolo eccezionale nell’attrarre investimenti e nello sviluppo dell’industria del Paese. Il professore dell’Università di Harvard, David King, nota anche che Heydar Aliyev ha contribuito al miglioramento dell’economia dell’Azerbajgian. Tuttavia Aliyev ottenne considerevoli risultati nella sua politica volta ad attirare investitori internazionali soprattutto nell’industria petrolifera azera che deteneva il controllo della maggior parte delle risorse di gas e petrolio del Mar Caspio. Nel 1997 Aliyev firmò un contratto milionario con il consorzio internazionale petrolifero Azerbaijan International Operating Company (AIOC). Fu anche promotore del controverso progetto di due miliardi di dollari dell’Oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan per il trasporto di petrolio greggio da Baku a Ceyhan in Turchia, attraversando la vicina Georgia e aggirando l’Iran settentrionale e la Russia» (Wikipedia).
Ombre scure sul futuro del Caucaso
di Andrea Gaspardo
Difesa Online, 23 gennaio 2023
Mentre l’attenzione del mondo intero è concentrata sull’evolvere della Guerra Russo-Ucraina, nelle lande del Caucaso si sta consumando una crisi finora bellamente ignorata che, se dovesse concludersi nel peggiore dei modi, rischierebbe di mettere a nudo una volta per tutte tanto il pressapochismo dell’Occidente nell’affrontare questo tipo di conflitti quanto la plasticità dei sovente strombazzati a vanvera “valori universali” del medesimo; specialmente in questo caso in cui uno dei contendenti è fiancheggiato (utilizzo deliberatamente questo termine di allusione “mafiosa” perché di questo si tratta) da un Paese che formalmente fa parte della NATO ma che da anni lavora per crearsi un’area di egemonia che è completamente in antitesi con i più basilari interessi nazionali dell’Italia.
L’ho scritto un’infinità di volte e non smetterò mai di farlo: stiamo parlando della Turchia. Come dicevo poc’anzi, ci troviamo nel Caucaso e lo scenario è quello dell’ancora irrisolto conflitto del Nagorno-Karabakh, nel frattempo estesosi di fatto all’intero territorio della Repubblica di Armenia che, sotto la pressione congiunta turco-azera, rischia di scomparire dalla mappa geografica (e visti i trascorsi storici di poco più di un secolo fa, ciò ha l’alta probabilità di trasformarsi in un secondo Genocidio per il popolo armeno).
A partire dal 12 di dicembre del 2022, la parte residuale del territorio del Nagorno-Karabakh (anche noto come “Repubblica di Artsakh”) non ancora rioccupata dall’Azerbajgian a seguito della guerra del 2020 e dei successivi accordi di armistizio sponsorizzati dalla Russia, è sottoposta ad una sorta di “assedio” da parte di masse di manifestanti azeri che hanno bloccato l’unica strada di collegamento esistente tra essa e l’Armenia propriamente detta.
Ufficialmente le manifestazioni sono state descritte dalla stampa di regime azera come “ecologiste”, tuttavia è assai curioso che gli organizzatori abbiano scelto come palcoscenico per inscenare le loro proteste proprio il Corridoio di Lachin e non la penisola di Absheron che, dopo oltre un secolo di Storia dell’industria petrolifera locale è stata profondamente segnata dall’inquinamento chimico.
Inutile a dirlo, hanno ragione i maligni a ritenere che dietro a questa manovra di “guerra ibrida” ci siano le autorità di Baku che, con sapiente furbizia, utilizzano i cosiddetti “manifestanti” per mantenere alta la pressione sia nei confronti degli Armeni nagornini (circa 120.000 anime rimaste nei loro territori ancestrali nonostante la minaccia di annichilimento da parte delle autorità azere).
Singolare il fatto che la Turchia non abbia perso tempo a manifestare la sua totale vicinanza ai manifestanti ed allo stato azero. Scelta singolare per una “manifestazione ecologista” che non fa che accreditare ulteriormente i sospetti di quanti ritengono che il tutto non rappresenti altro che l’ennesima manfrina pilotata dal “satrapo” dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev.
Ancora una volta, l’autocrate di Baku si sta dimostrando un eccellente opportunista nell’organizzare crisi geopolitiche pilotate a suo esclusivo uso e consumo nel mentre il mondo è distratto da altre emergenze più o meno gravi e può destinare all’area caucasica solamente il “residuo” delle energie. È così in particolar modo per la Russia, de facto l’unico “protettore militare” dell’Armenia, la quale è attualmente impossibilitata ad intervenire nell’area caucasica perché costretta a concentrare tutti i suoi sforzi in Ucraina. Per non parlare dei vari Paesi occidentali (Italia tristemente inclusa) che hanno tutti preferito prendere una posizione sostanzialmente filo-azera sacrificando quei “valori occidentali irrinunciabili” che tanto vengono sbandierati quando si tratta di parlare di Ucraina e poi bellamente ignorati quando fa comodo.
La sfrontatezza degli Azeri e dei loro fiancheggiatori Turchi è poi tristemente agevolata anche dal fatto che, ancora scioccato dalla sconfitta militare del 2020, lo stato armeno fatichi ancora a formulare una nuova strategia di contenimento degna di questo nome mentre qualsiasi tentativo di riforma (a questo punto disperatamente necessaria!) delle Forze Armate Armene è stato sistematicamente silurato dallo stesso Primo Ministro Nikol Pashinyan che da anni sembra più impegnato a preservare pervicacemente il suo potere che non a proteggere il suo Paese ed il suo popolo dalle nubi scure che si stanno stagliano sopra le vette del Caucaso e non lasciano intravvedere nulla di buono per i prossimi anni.
Segnaliamo che, dopo 44 giorni, anche la Repubblica parla del #ArtsakhBlockade:
Nagorno Karabach, migliaia di armeni vivono una grave crisi umanitaria per il blocco del Corridoio di Lachin
La denuncia delle Organizzazione per i diritti umani. Manifestanti azeri bloccano una strada che collega l’Armenia con il Nagorno-Karabakh, regione contesa. Il passaggio interrotto impedisce l’ingresso di cibo e medicinali
la Repubblica, 24 gennaio 2023
Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]