Propaganda azera nel giornale ufficiale del Vaticano (Assadakah 31.07.24)
Letizia Leonardi (Assadakah News) – Il giornalista britannico, ricercatore di fama mondiale di antiche civiltà, Graham Hancock considera l’Armenia la culla dell’umanità. Lui ha scritto: “Il mondo è in realtà ingiusto nei confronti della nazione armena. In queste condizioni difficili, l’Armenia è riuscita a resistere davvero». Ma ciò che stupisce è l’atteggiamento, nei confronti del più antico Paese cristiano del mondo, del Vaticano che, non solo sembra ignorare le sofferenze di questo popolo che subisce da sempre attacchi dei vicini Paesi islamici, ma permette a certi giornalisti di pubblicare, nel giornale L’Osservatore Romano, delle autentiche mistificazioni della storia.
L’Artsakh, internazionalmente conosciuto come Nagorno Karabakh, quel territorio ancestralmente abitato e governato da armeni e sottratto a quest’ultimi dagli islamici azeri nella totale indifferenza del mondo e nell’assordante silenzio del Papa e del Vaticano, è diventato Albania caucasica. E sarebbero dunque attribuite all’Albania caucasica le radici del cristianesimo. In un articolo di questi giorni, pubblicato da L’Osservatore Romano (Viaggio nell’antica Albania caucasica Alle radici del cristianesimo. Uno dei primi territori ad adottare la religione cristiana ancora viva oggi grazie alla comunità degli Udi del 24 luglio 2024), si legge che è stato “Uno dei primi territori ad adottare la religione cristiana ancora viva oggi grazie alla comunità degli Udi”. E per avvalorare questa bislacca tesi si distingue l’Albania balcanica da quella caucasica e si parla della nascita della Chiesa Albana Apostolica del Caucaso nel IV secolo dopo la nascita di Cristo. Area che corrisponde oggi al territorio dell’Azerbaijan. Il governo di Baku si dà parecchio da fare a invitare coloro disposti a raccontare una storia reinterpretata. E così l’Armenia non sarebbe più il primo Paese cristiano del mondo ma addirittura l’Albania caucasica, grazie al predicatore Eliseo, discepolo dell’apostolo Taddeo che è stato inviato nel Caucaso per conto di san Giacomo, primo patriarca di Gerusalemme. E San Gregorio Illuminatore sarebbe stato preceduto da Eliseo che avrebbe fondato l’antica Chiesa Apostolica Albana di rito orientale del Caucaso. Ovviamente la giornalista Rossella Fabiani racconta il lungo viaggio di Eliseo e si affretta però a specificare che, ça va sans dire, è poco noto che l’Azerbaijan sia stata la culla della Chiesa Albana Caucasica Apostolica di rito orientale, che sarebbe più antica dell’armena Apostolica Gregoriana. Si citano manoscritti armeni che si trovano nel museo armeno Matenadaran e l’intento è sempre quello di togliere ogni paternità alla storica Armenia, compresa quella della cristianità. Sì cita la data del I secolo d. C. ma si specifica che è stato solo a metà del IV secolo (dopo l’Editto di Milano del 313) che i re albani adottarono ufficialmente il cristianesimo. Ma l’Armenia il cristianesimo lo ha adottato nel 301. Ed è strano che questa mistificazione, che genera confusione in chi poco sa dell’Armenia, sia a favore di un Paese islamico. E allora ecco che i monasteri armeni diventano dell’Albania caucasica.
Ma la parte più assurda dell’articolo è la seguente: “(….) Ma un lento oscuramento della Chiesa albana era già con la firma del trattato di Turkmenchay nel 1828 quando si decise di trasferire gli armeni provenienti dagli imperi ottomano e persiano nei territori dei khanati di Garabagh, Erivan e Nakhchivan. Iniziò allora un processo di gregorizzazione del patrimonio dell’Albania caucasica (….)” . Quindi gli armeni sarebbero i musulmani e i cristiani sarebbero gli antichi azeri…
E il viaggio in Azerbaijan deve essere piaciuto parecchio alla giornalista de L’Osservatore Romano, deve essere stata accolta molto bene, perchè ne ha scritto anche un altro di articolo (Monasteri tra le nuvole – 24 luglio 2024).
“Nel nostro viaggio in Azerbaijan abbiamo attraversato tre grandi regioni del paese: Gabala, Shaki e Garabagh. Ognuna di esse è caratterizzata da una ricca presenza dell’antica Chiesa albana apostolica. A Nij — la nostra prima tappa dopo Baku, dove vive la comunità cristiana degli Udi, eredi diretti della comunità cristiana albana (…) “. Vengono elencati monasteri, chiese, luoghi ma degli armeni, anche nella zona di quella che era il Nagorno Karabakh, non ci sarebbe alcuna traccia.
A criticare quest’ultimo articolo, pubblicato sul quotidiano ufficiale vaticano, in cui i monumenti essenziali del patrimonio armeno del Nagorno Karabakh vengono descritti come appartenenti al patrimonio di Aghouania, è stata anche la Fondazione Geghard che lo ha definito privo di qualsiasi fondamento scientifico. Ha infatti rilasciato una dichiarazione in cui sottolinea che la propaganda statale azera ha trovato posto anche nella stampa vaticana.
Anche l’uso dei nomi azeri per i monumenti armeni nel titolo dell’articolo indica che la propaganda statale del governo di Baku non perde occasione per diffondere notizie false.
La dichiarazione della Fondazione aggiunge che “(…) questa strategia di appropriazione indebita del patrimonio culturale armeno viene ora implementata su nuove piattaforme internazionali, supportata dai massicci investimenti dell’Azerbaijan nel settore petrolifero e dalla sua influenza finanziaria sulle organizzazioni e istituzioni internazionali. L’Azerbaijan ha fatto della falsificazione storica non solo una politica statale, ma anche una teoria diffusa sulle piattaforme internazionali. Da un lato Baku sembra costruire un’immagine “multiculturale e democratica”, dall’altro “internazionalizza” i meccanismi di distorsione del patrimonio culturale armeno”. La mistificazione è portata avanti anche attraverso mostre fotografiche, come quella allestita recentemente in Polonia sul cosiddetto “albanese-caucasico”, con l’intervento dell’Ambasciata dell’Azerbaijan. La Fondazione Geghard condanna la politica di distorsione del patrimonio culturale armeno portata avanti dal regime dittatoriale di Aliyev, che utilizza tutti i mezzi possibili. Egli invita le rinomate organizzazioni scientifiche e istituzioni internazionali, nonché i media, a non cedere alla propaganda anti-armena dello Stato azero.
Fortunatamente ci sono ancora persone dalla memoria più solida, come quella del ricercatore britannico citato inizialmente. Graham Hancock ha concluso che l’Armenia dovrebbe essere un punto di svolta nella comprensione dell’antichità, nel ripristinare la memoria dei tempi antichi.
“Secondo me – ha dichiarato Graham Hancock – l’Armenia può davvero insegnare al mondo qualcosa sul nostro passato dimenticato e sullo spirito umano”.