Pressalert: L’ennesimo articolo filo Azero
La testata “L’Opinione” ha pubblicato un articoletto a firma Martelloni nel quale si dà spazio al consueto nazionalismo antiarmeno dell’Azerbaigian. Evidentemente la visita del presidente Aliyev in Italia nei giorni scorsi ha dato i suoi frutti…
“Iniziativa italiana per il Karabakh” ha già provveduto ad inviare una nota di protesta per il contenuto dell’articolo.
Invitiamo i nostri lettori a fare altrettanto ed a far arrivare al direttore Diaconale la civile ma ferma condanna per articoli che sembrano scritti su commissione.
Testo della lettera da trasmettere al direttore di l’Opinione:
diaconale@opinione.it, redazione@opinione.it
egr. direttore,
l’articolo di Romolo Martelloni sul Nagorno Karabakh (19 luglio) non affronta in alcun modo la questione ma si limita a riportare false affermazioni di fonte azera.
E’ inaccettabile che un argomento così delicato venga affrontato in modo tanto superficiale quanto antistorico. Gli armeni del Nagorno Karabakh-Artsakh hanno liberamente scelto di vivere nel loro stato libero ed indipendente votando il referendum del 1991 mentre dal cielo cadevano i missili azeri Grad.
Ospitare le tesi azere senza alcun riguardo ad una verifica dei fatti o a un diritto di replica squalifica il suo giornale, alimenta sospetti ed offende profondamente le comunità armene in Italia e nel mondo.
Firma e data
Lettera di protesta trasmessa a firma del Consiglio per la comunità armena di Roma al direttore della testata.
Egr. Direttore,
l’articolo di Romolo Martelloni sul Nagorno Karabakh (19 luglio) non affronta in alcun modo la questione ma si limita a riportare false affermazioni di fonte azera.
E’ inaccettabile che un argomento così delicato venga affrontato in modo tanto superficiale quanto antistorico. Gli armeni del Nagorno Karabakh-Artsakh hanno liberamente scelto di vivere nel loro stato libero ed indipendente votando il referendum del 1991 mentre dal cielo cadevano i missili azeri Grad.
Ospitare le tesi azere senza alcun riguardo ad una verifica dei fatti o a un diritto di replica squalifica il suo giornale, alimenta sospetti ed offende profondamente le comunità armene in Italia e nel mondo.
Non sappiamo quali siano stati i motivi che hanno spinto Martelloni a sostenere la tesi insostenibile della propaganda Azera e non è nostra intenzione controbattere le falsità riportate nel pezzo, che possono comunque essere smentite usando le stesse fonti azere. Ma un domanda ci viene spontanea: Perchè il presidente Aliyev, al posto di elargire ingenti somme di denaro a degli estranei, non si preoccupa del destino del suo popolo e dei profughi che da più di 25 anni vivono in condizioni disumane?
La verità si trova sempre dietro l’angolo. C’è chi la cerca e la trova e c’è chi sceglie l’opportunità di guardare e di cercare sempre laddove gli è più comodo.
Distinti saluti
Consiglio per la comunità armena di Roma
REPLICA DI INIZITIVA ITALIANA PER IL KARABAKH
Caro Diaconale,
fa bene il Suo opinionista Romolo Martelloni a lamentarsi del silenzio sul contenzioso relativo al Nagorno Karabakh. Ma la sua superficiale, approssimativa ed impropria analisi sulla materia rischia di apparire solo come vuota cassa di risonanza del nazionalismo dell’Azerbaigian.
Già dovrebbe essere imbarazzante per un giornalista occidentale dare credito alle tesi di uno stato che “Reporter Senza frontiere” colloca agli ultimissimi posti nella classifica mondiale di “Freedom world press index”, uno stato antidemocratico, che incarcera oppositori politici ed attivisti dei diritti umani e che solo i soldi del petrolio riescono a rendere “presentabile” al mondo.
Martelloni non è nuovo alle sviolinate azere e leggere certe affermazioni sulla Sua testata potrebbe indurre qualche superficiale analista a ritenere che la cosiddetta “politica del caviale” abbia purtroppo di nuovo colpito in Italia.
Siamo certi che vorrà correggere le argomentazioni di Martelloni e, se lo riterrà opportuno, affrontare la vicenda da un punto di vista oggettivo dando corretto rilievo alle argomentazioni storiche, politiche e giuridiche che stanno alla base del diritto all’autodeterminazione del popolo armeno del Nagorno Karabakh; chiedendo a Martelloni, magari, di approfondire le proprie conoscenze sui pogrom antiarmeni in Azerbaigian alla fine degli anni Ottanta e sul citato massacro di Khojaly che fu attuato dagli stessi azeri del Fronte Popolare nel tentativo di rovesciare, con quei morti, il governo di allora. Ma questa è tutta un’altra storia.
Cordiali saluti
INIZIATIVA ITALIANA PER IL KARABAKH
ll “silenzio stampa” sul Nagorno Karabakh di Romolo Martelloni
19 luglio 2014
http://www.opinione.it/esteri/2014/07/19/martelloni_esteri-19-07.aspx
Della visita del presidente Aliyev, conclusasi il 15 luglio, si è parlato molto nei media italiani in questi giorni. La questione della Trans Adriatic Pipeline e la donazione che l’Azerbaigian ha voluto devolvere al Comune di Roma a supporto dell’opera di restauro dei Fori Imperiali sono stati gli argomenti maggiormente trattati. E certamente, la definitiva approvazione del Governo italiano alla realizzazione della parte finale del gasdotto che dovrebbe portare in Italia e in Europa il gas azerbaigiano – liberandoci così dalla dipendenza da paesi come Russia, Algeria e Libia – non è cosa di poco conto.
Così come non si può non apprezzare il virtuoso gesto compiuto dal ministro della Cultura della Repubblica dell’Azerbaigian, Abulfaz Garayev, che sottoscrivendo una donazione di un milione di euro ribadisce il rispetto che l’Azerbaigian e il suo popolo nutrono nei confronti della cultura e nella tutela di patrimoni che non appartengono solo al Paese che li ospita, ma che sono patrimoni dell’umanità intera. Ed è apprezzabile che questi importanti traguardi vengano raccontati e pubblicizzati.
Al contrario, non è apprezzabile che argomenti meno “glamour”, ma con una priorità che dovrebbe essere massima rispetto a tutto il resto, vengano raccontati a bassa voce, se non del tutto omessi, soprattutto in queste importanti occasioni.
Sì, perché parlare di Nagorno Karabakh è ancora un tabù in Italia, come in molti altri Paesi europei. Probabilmente la maggior parte della popolazione italiana non sa neanche cosa sia il Nagorno Karabakh. E se forse può percepire che si tratta di un luogo, probabilmente non lo saprebbe collocare.
Parlare di occupazioni, di conflitti, di genocidi non è certamente “glamour”, ne tanto meno “conveniente”. Ma la gente vuole sapere, la gente deve sapere. Spesso ho sentito parlare del conflitto del Nagorno Karabakh come di un “conflitto dimenticato”, ma la verità è un’altra; la verità è che questo è un conflitto “censurato”, che solo a parlarne bisogna avere paura perché potresti esser definito una persona non obiettiva o ancor peggio manipolata.
Il fatto agghiacciante è che oggi in Azerbaigian vivono quasi un milione di persone tra rifugiati e sfollati interni, come risultato del conflitto tra Armenia e Azerbaigian. E questo è sicuramente un dato certo.
Così come è un dato certo che il 26 febbraio 1992 le bande armate e l’esercito armeno hanno sterminato quasi interamente la popolazione della città di Khojaly, facendo strage di civili con un pesantissimo bilancio: 613 vittime, tra cui 106 donne e 83 bambini. Questi sono tutti dati certi, ma di cui non si può parlare.
La questione del Nagorno Karabakh è molto più ampia, e certo non si può raccontare in queste poche righe. Ma parlarne non dovrebbe far paura. Dovrebbe far più paura il silenzio che si cela dietro questa enorme tragedia della nostra storia contemporanea. Il silenzio è l’arma più pericolosa, dietro il quale ci si nasconde per cercare di lasciare tutto immutato fino a che arrivi l’oblio. Ma come si può pensare che un popolo, una nazione possano dimenticare questa ferita aperta nella loro storia, nella vita dei loro fratelli che in un attimo hanno perso tutto: i propri cari, la propria casa, la propria dignità.
Nelle scorse settimane il presidente Aliyev, parlando alle comunità internazionali in due importanti occasioni – l’assemblea del Consiglio d’Europa a Strasburgo e l’assemblea parlamentare dell’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) tenutasi a Baku – ha voluto ricordare la sofferenza del suo popolo e il dramma dei profughi del Nagorno Karabakh; ma soprattutto ha voluto ricordare che nonostante le quattro risoluzioni Onu, le decisioni dell’Osce, del Parlamento europeo, dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, dell’Organizzazione islamica per la cooperazione e perfino del gruppo di Minsk – copresieduto da Francia, Russia e Stati Uniti – gli armeni continuano a violare le leggi internazionali, infliggendo ancor più dolore di quanto ne abbiano già inflitto dall’inizio del conflitto del Nagorno Karabakh.
E vorrei aggiungere che il “silenzio stampa” posto sull’argomento, diventa anch’esso involontariamente complice di questa grande ingiustizia.