Pinocchio, burattino armeno. Tra danza, teatro e visual art (Teatrocritica 23.04.19)

Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino, di Carlo Collodi (al secolo Carlo Lorenzini), è un romanzo per bambini di fine Ottocento, noto a tutti. Così famoso, con il suo inquieto protagonista di legno, da essersi guadagnato traduzioni in tutte le lingue del mondo, ma anche numerosi film (un ultimo, in lavorazione, è a firma di Matteo Garrone), cartoni animati, irruzioni in ogni negozio di giocattoli. Grazie alla sua trama agrodolce e ambigua il testo di Collodi si è anche prestato a una miriade di interpretazioni psicologiche, psicoanalitiche e persino filosofiche. Ora Pinocchio è diventato un intelligente balletto in bianco e nero. Attorno ai due creatori – la coreografa Patrizia de Bari e il drammaturgo Tuccio Guicciardini – si è formata una cordata di istituzioni fiorentine, toscane e armene che ha prestato danzatori e a ragione sostenuto questo lavoro (Compagnia Giardino Chiuso, C.O.B Opus Ballet, Versiliadanza, NCA, Small Theatre Yerevan).

foto di Andrea Ulivi

Adatto a un pubblico di tutte le età, questo Pinocchio ha infatti almeno cinque grandi pregi e qualche difetto forse facile da eliminare. Il primo pregio è la presenza dell’attore ottantatreenne Virginio Gazzolo. Si presenta subito come narratore, su palco vuoto. Poi ricomparirà a metà spettacolo e alla fine. È così ricurvo, legnoso, con le braccia penzolanti che agita continuamente, da sembrare l’esatta incarnazione di ciò che recita. Ovvero: brani tratti da Henrich von Kleist, Carlo Collodi, Rainer Maria Rilke, Charles Baudelaire, Vsevolod Mejerchol’d. Tutti spiegano la grazia “senza smancerie” delle marionette, la danza angelica dei burattini e il mistero del teatro dove «le cose devono andare non come sono in natura».
Ai bambini, già presenti in molte recite scolaresche al Teatro Goldoni di Firenze, questo canuto narratore piace moltissimo: appare come un nonno che racconta, con insolita veemenza e passione, una fiaba. Agli adulti può piacere per l’importanza di ciò che recita e per come recita perfettamente “all’antica”, in sintonia con il romanzo di Collodi.

foto di Andrea Ulivi

Il secondo pregio, ben legato al terzo, è senz’altro la presenza di una danzatrice/Pinocchio armena (Tamara Aydinyan), di solida formazione accademico-contemporanea, in grado di restituire con assoluta purezza e assenza di “smancerie” tutte le azioni di cui è protagonista. Dall’assoloquasi acrobatico e ipnotico dell’inizio, alla scena, incantevole, in cui deve ingerire una medicina. Senza di lei e alcuni altri interpreti, Geppetto/Mangiafuoco o la prima fata Turchina, le azioni della coreografa Patrizia de Bari – già nota per l’attività nella compagnia Giardino Chiuso – non avrebbero lo stesso effetto, soprattutto negli assoli e nei duetti (terzo pregio), creati con originalità e una precisa schiettezza.

Il quarto pregio è costituito dall’ambiente, creato solo da immagini video in bianco e nero, ma con talune necessarie luci (un bel rosso acceso) qua e là. I vari contesti sono restituiti con dettagli ricercati e un pizzico di melanconia: senza tradire la storia, eppure senza cadere nell’ovvio. Basti ricordare che il famoso naso lungo di Pinocchio appare una volta sola e scompare tra gli uccellini che vi si aggrappano sopra, sempre in video.
Il quinto pregio è la sobrietà dei costumi: color carne per la danzatrice/Pinocchio di Yerevan: scuri, attuali e casual per la brava coppia del Gatto e la Volpe, in nero teatrale à la Strehler per il narratore: quando scompare dopo aver recitato von Kleist, all’inizio, Gazzolo lascia il posto all’immagine di un nerboruto albero, pure nero. Sembra la sua stessa, imprescindibile, trasformazione che fa compagnia alla squisita prima danza della danzatrice/ burattino.

foto di Andrea Ulivi

Infine, questo Pinocchio, dalla musica varia, ma appropriata, è un gioiellino double/face – popolare e colto – che andrebbe accorciato qua e là; tutti gli interpreti dell’Opus Ballet, volenterosi di certo, dovrebbero puntare a somigliare almeno un po’, nelle proprie scene di gruppo, all’armena Aydinyan e agli artisti più vicini alla coreografa de Bari. Il grande lavoro sfociato in questa collaborativa messinscena non esclude che, se protratto, possa portare a un Pinocchiopersino da esportazione. È una pièce vestita di danza, teatro, visual art dedicata a un pubblico non di nicchia, un progetto per tutte le stagioni che rivedremo in autunno.

foto di Andrea Ulivi

Nel frattempo, a Fabbrica Europa, storico festival fiorentino al via il 3 maggio, la collaborazione tra Giardino Chiuso, Versiliadanza di Angela Torriani Evangelisti e l’NCA Small Theatre, diretto da Vahan Badalyan, si esporrà in un collaudato progetto italo-armeno, già presentato a Yerevan in occasione della settimana della lingua italiana nel mondo, promosso dall’Ambasciata d’Italia in Armenia e in occasione del decennale della collaborazione tra NCA.Small Theatre e Versiliadanza.
Si tratta di Macchine, da La morte di Marx e altri racconti di Sebastiano Vassalli per la regia di Tuccio Guicciardini e la coreografia di Patrizia de Bari. Sul palco dello Small Theater di Yerevan, in scena sei danzatori/performer armeni, tra cui ancora Tamara Aydinyan, alle prese con una progressiva disumanizzazione. Come in Pinocchio,il corpo si irrigidisce in un originale movimento che cerca di divenire fossile, tra immagini che corrono e profetiche parole (di Vassalli) sul nostro futuro senz’anima, ovvero entro un guscio, simile a quello di Gregor Samsa nella Metamorfosi di Franz Kafka. La vita e la morte stanno in bilico, anzi in un equilibrio più che precario.

Marinella Guatterini

Teatro Goldoni, Firenze – marzo 2019
NCA (National Center of Aesthetics) Small Theater, Yerevan – marzo 2019

PINOCCHIO
coreografia Patrizia de Bari
drammaturgia Tuccio Guicciardini
scenografia/video Andrea Montagnani
costumi Santi Rinciari
produzione Compagnia Giardino Chiuso, C.O.B Opus Ballet, Versiliadanza, NCA, Small Theatre Yerevan (Armenia)

MACCHINE
regia Tuccio Guicciardini
coreografia Patrizia de Bari
video Andrea Montagnani
con Ashot Marabyan, Christina Danielian, Narek Minassian, Luska Davtyan, Tamara Aydinyan, Mher Zalinyan

Macchine replica al Teatro della Pergola, Firenze, “Fabbrica Europa” 3 e 4 maggio.

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