Perché i leader azero e armeno, Aliev e Pashinjan, si sono incontrati senza stretta di mano (Euronews 11.01.21)
Primo incontro al vertice fra i presidenti armeno e azero dopo la guerra d’autunno nel Caucaso meridionale, nel Nagorno-Karabakh. I volti di Nikol Pashinjan e di Ilham Aliev tradivano imbarazzo, compensato però dalla sicurezza dell’anfitrione, il presidente russo Vladimir Putin, grande mattatore del cessate il fuoco che ora vuole un accordo definitivo tra Azerbaigian e Armenia sulle sorti dell’Alto Karabakh.
Per il presidente Putin, che ha messo in campo tutta la sua capacità di persuasione “l’accordo armistiziale funziona e ha messo fine alla guerra dei 44 giorni”.
Ed è su questa base che il leader del Cremlino ora vuole costruire un accordo di pace definitivo, che riporti la regione alla normalità dopo ben trentacinque anni di conflitti armati.
Se Putin ha svolto il ruolo di onesto sensale, i presidenti armeno e azero hanno invece misurato i gradi delle rispettive divergenze.
Infatti per Aliev la guerra è finita. E le acquisizioni territoriali (per gli azeri “riconquista”) di una consistente porzione di Nagorno-Karabakh sono soddisfacenti. Per lui ora occorre “ripristinare la viabilità, i trasporti, e solidificare la stabilità e la sicurezza regionali”.
Secondo Pashinjan invece “il conflitto non è stato ancora risolto, nonostante il cessate il fuoco. Manca infatti lo status definitivo del Nagorno-Karabakh”.
La proposta del Cremlino è di creare un gruppo di lavoro regionale per la ricostruzione economica della regione. Per gli Armeni si tratta di recuperare per via diplomatica parte del territorio perduto nella enclave armena in territorio azero dell’Alto Karabakh, una repubblica mai riconosciuta dalla comunità internazionale.