Per la prima volta in Italia il coro di musica sacra armena, concerto-evento a Roma (Ilmessaggero 10.12.19)
Città del Vaticano – Arriva per la prima volta in Italia il Coro dei Diaconi armeni della Sede Madre di Santa Etchmiadzin, uno dei cori di musica sacra più famosi al mondo. Il coro armeno si esibirà il 12 dicembre alle ore 18, nella Basilica di Santa Maria in Trastevere, in occasione del 150esimo anniversario della nascita del fondatore della musica sacra Armena, “Komitas”, una figura strettamente legata al genocidio degli armeni.
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Il repertorio scelto per il concerto romano è il più classico e porta nel passato, quando quelle melodie venivano tramandate verbalmente da una generazione all’altra, fino all’arrivo del genio di Komitas che le salvò dalla distruzione e dall’oblio, trascrivendole mentre era in corso lo sterminio della minoranza armena nel 1915 da parte dell’impero ottomano. Solo grazie all’intervento di Komitas un patrimonio secolare di musiche è arrivato fino a noi.
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L’evento musicale che gode del patrocinio del Vaticano è stato organizzato dal Legato Patriarcale della Chiesa Apostolica Armena nell’Europa Occidentale.
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Komitas, al secolo Soghomon Gevorki Soghomonyan era nato in una famiglia di musicisti. Nel 1881 fu ammesso al seminario di Echmiadzin – la sede della Chiesa armena – dove impressionò i suoi insegnanti con il suo talento e dove si diplomò nel 1893. Nello stesso anno divenne un monaco e gli fu dato il nome di Komitas. Nel 1896 si recò a Berlino a completare gli studi. Nel 1899 acquisì il titolo di dottore in musicologia e tornò a Echmiadzin, iniziando a viaggiare per tutta la regione, registrando canzoni e danze folcloristiche armene; in questo modo collezionò e pubblicò circa tremila canzoni, spesso riadattate per il suo coro. Il suo capolavoro fu una Divina liturgia (Badarak), ancora oggi una delle musiche più utilizzate durante la messa della Chiesa apostolica armena.
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Nel 1910 visse ad Istanbul, dove fondò un coro di trecento membri. Il 24 aprile 1915, inizio del genocidio armeno, fu arrestato e deportato con altri 180 notabili armeni in un campo di concentramento nella Anatolia centrale. Grazie all’aiuto del poeta turco Emin Yurdakul Mehmed, dell’autrice Halide Edip Hanım e dell’ambasciatore degli Stati Uniti d’America in Turchia, Henry Morgenthau senior, Komitas fu rimandato nella capitale insieme ad altri otto deportati.
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La visione dei massacri del 1915, il ricordo delle marce della morte che causarono la morte di 1 milione e mezzo di persone, lo portarono a una irreversibile chiusura in se stesso e a gravi problemi psichiatrici. Da allora fino alla morte avvenuta nel 1935 non volle più parlare. Troppo era il suo dolore. Komitas per questo è considerato uno dei martiri del genocidio. Nell’autunno del 1916 fu ricoverato in un ospedale militare turco e nel 1919 in una clinica psichiatrica parigina, dove morì nel 1935. Le sue ceneri furono trasferite successivamente a Erevan, in Armenia.