PAMPARATO – 22 agosto 2024 – HAYREN – SUONI ARCAICI DELL’ARMENIA

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Giovedì 22 agosto 2024 – ore 21

Oratorio di Sant’Antonio

Pamparato

HAYREN – SUONI ARCAICI DELL’ARMENIA

Grigor Narekatsi (951-1003)

Havun Havun

 

Georges Ivanovič Gurdjieff (1875-1949) e Thomas de Hartmann (1884-1956)

Canto armeno

 

Tradizionale

Nare Nare

 

Georges Ivanovič Gurdjieff e Thomas de Hartmann

Waltz

 

Tradizionale

Hoy Areq

 

Georges Ivanovič Gurdjieff e Thomas de Hartmann

Duduki

N.ro 40

Chants from Holy Book

 

Tradizionale

Chachane

Mer Tan Itev

Dle Yaman

 

Georges Ivanovič Gurdjieff e Thomas de Hartmann

Canto persiano

 

Komitas Vardapet (1869-1935)

Tchur Guka Verin Saren

Shataki par

Ensemble Nor Arax

Maurizio Redegoso Kharitian, viola

Aram Ipekdjian, duduk

Antonio Sernia, tar persiano


Il Festival dei Saraceni propone un suggestivo programma dedicato al patrimonio musicale armeno.

 

Giovedì 22 agosto alle 21 nell’Oratorio di Sant’Antonio di Pamparato il pubblico del Festival dei Saraceni potrà scoprire la suggestiva tradizione musicale dell’Armenia, nell’interpretazione al tempo stesso coinvolgente e molto idiomatica del violista Maurizio Redegoso Kharitian, dal pianista Tatevik Aivazian e di Aram Ipekdjian al duduk, un antico strumento musicale tradizionale armeno dal suono estremamente evocativo.

Stretta tra l’Europa, il Medio Oriente, la Russia e i paesi dell’Asia centrale, l’Armenia ha risentito profondamente delle influenze culturali degli imperi che con il tempo si sono succeduti in questa regione.

In particolare, nel corso dei secoli nel territorio corrispondente all’attuale Armenia sono passati tra gli altri gli urartei, una civiltà fiorita all’epoca degli assiri nella zona del Lago di Van e tuttora avvolta dalle nebbie del tempo, i greci, i persiani, i romani, gli arabi, gli ottomani e i russi ma – nonostante questo – il popolo armeno ha sempre saputo preservare la propria identità culturale, che iniziò a svilupparsi con l’adozione del Cristianesimo come religione di stato, avvenuta nel 301 d.C. – oltre un decennio prima dell’Editto di Milano emanato da Costantino e Licinio – e la creazione di un proprio alfabeto, che permise la traduzione in lingua armena dei testi sacri e la creazione di una fiorente letteratura.

Sotto il profilo musicale, l’Armenia vanta una tradizione antichissima, le cui prime testimonianze certe risalgono addirittura al V secolo d.C., quando vennero tradotti in armeno alcuni tropari e canti liturgici e vide la luce una serie di inni sacri originali.

Chiesa di Pamparato

L’importanza fondamentale di queste prime opere musicali fu sottolineata dall’antico storico armeno Mosè di Corene, che giunse al punto da definire la musica un elemento distintivo dell’identità nazionale.

Il programma di questo concerto è imperniato sulle figure carismatiche e molto affascinanti di quelli che vengono ritenuti i massimi protagonisti della cultura armena, ossia Komitas Vartapet e Georges Ivanovič Gurdjieff, alle cui opere fanno corona una serie di brani tradizionali, che consentono di apprezzare le sonorità molto evocative del duduk e del tar persiano, un aerofono ad ancia doppia il primo e uno strumento a sei corde simile al liuto suonato con un piccolo plettro d’ottone il secondo.

Tra le tempestose vicende che funestarono la storia del popolo armeno, nel 1869 nacque Soghomon Gevorki Soghomonyan, un compositore e musicologo geniale, passato alla storia della musica con il suo nome da monaco Komitas Vartapet. Accanto agli studi sacri e letterari, il giovane Soghomon si avvicinò alla musica, iniziando a nutrire un interesse sempre maggiore per la musica tradizionale del suo popolo, che lo portò a diventare l’antesignano degli etnomusicologi, molto prima dell’ungherese Béla Bartók.

Secondo Avedis Nazarian, un musicista contemporaneo armeno residente in Italia, Komitas ebbe «il merito di aver portato il canto popolare a un livello altissimo, ponendo le fondamenta della musica sinfonica e orchestrale armena».

Con la sua capillare ricerca, il compositore intendeva andare alle radici della musica armena, partendo da canti di epoca precristiana e non tralasciando espressioni musicali turche e curde.

Dopo avere pronunciato gli ordini sacri e assunto il nome Komitas, il compositore iniziò a scrivere una Divina Liturgia (Badarak) diventata una delle più utilizzate dalla Chiesa apostolica armena, e a presentare il patrimonio musicale del suo paese in tutte le principali nazioni europee.

Durante il genocidio armeno, Komitas fu deportato in uno sperduto paese dell’Anatolia centrale, ma l’intervento di alcuni intellettuali e dell’ambasciatore degli Stati Uniti ne permisero la liberazione e il ritorno a Istanbul. Purtroppo, le atrocità dei massacri compiuti contro il suo popolo fecero vacillare il suo equilibrio psico-fisico, al punto da renderne necessario nel 1919 il ricovero in una clinica psichiatrica parigina, dove si spense nel 1935. In seguito le sue ceneri furono traslate a Yerevan, dove oggi riposano con tutti gli onori nel Pantheon.

Nato sei anni dopo Komitas, Gurdjieff fu un intellettuale a tutto tondo, in quanto – oltre alla musica – si interessò di molti altri campi dello scibile umano, segnalandosi in particolare per le sue profonde speculazioni filosofiche, che lo portarono a elaborare la Quarta Via, che lui stesso definì come una forma di Cristianesimo esoterico.

Considerata come una strada per raggiungere un reale e completo sviluppo dell’uomo, la Quarta Via suscitò un grandissimo interesse nella sofisticata Europa dei primi anni del XX secolo, contribuendo a rendere Gurdjieff sempre più famoso e richiesto nei circoli più esclusivi.

Nell’ambito più strettamente musicale, Gurdjieff strinse un proficuo rapporto con il pianista e compositore russo Thomas de Hartmann, che scrisse centinaia di brani per pianoforte, dettatigli da Gurdjieff, che in seguito esercitarono un profondo influsso su molti musicisti contemporanei tra cui Franco Battiato e Keith Jarrett, oltre che su vari pensatori del milieu New Age.

A più di settant’anni di distanza dalla scomparsa di Gurdjieff e a quasi novanta da quella di Padre Komitas, Maurizio Redegoso Kharitian, Aram Ipekdjian e Antonio Sernia portano oggi avanti un’ambiziosa opera di riscoperta della musica tradizionale armena, presentandola in stagioni di grande prestigio.

In particolare, i tre interpreti si pongono l’obiettivo di proporre al grande pubblico una serie di brani, mantenendone intatto da un lato lo spirito evocativo e aggiungendo dall’altro le sonorità fresche ed estremamente attraenti del duduk e del tar persiano, per tramandare alle generazioni che verranno la preziosa eredità di un millennio e mezzo di storia della musica armena.