Onorare gli “Schindler” turchi che salvarono gli armeni (Gariwo 28.06.17)
Lo scrittore francese Jean-Pierre Fleury è figlio di una sopravvissuta al genocidio armeno. La madre gli ha ripetuto spesso durante tutta la sua infanzia: “Non dimenticare che sono i turchi che ci hanno salvati”.
Lui, divenuto giornalista, si è impegnato a ricostruire la verità sulla tragedia del 1915, che ha causato lo sterminio di 1.5 milioni di armeni. Si era accorto che la madre, Joséphine Mouradian, non ricordava il genocidio come fenomeno storico o politico, ma con alcune persone con cui parlava armeno si commuoveva riportando alla luce singoli episodi.
Recandosi in Turchia e Siria per capire che cosa fosse successo realmente, Fleury ha scoperto che il suo bisnonno era stato decapitato e la sua testa era stata posta su una picca. Ma ancora oggi non sa chi fossero i turchi che avevano salvato il resto della famiglia.
Da pochi anni, grazie all’impegno di persone come lui, esiste l’Aurora Award for the Awakening of Humanity, un premio internazionale rivolto al riconoscimento dei salvatori degli armeni da parte dei sopravvissuti.
I Giusti armeni vengono poi ricordati alla Collina delle Rondini di Yerevan, dove Pietro Kuciukian – console armeno in Italia, co-fondatore di Gariwo e autore di libri sul Metz Yeghern come I disobbedienti, dedicato proprio ai salvatori turchi – ha voluto anche fare tumulare la terra tombale di queste persone nel Muro della Memoria.
Se c’è chi come Jean-Pierre non conosce il nome di chi ha soccorso la propria famiglia, in altre occasioni si è invece scoperta l’identità dei Giusti ottomani. É questo il caso di Maryam, che racconta: “La mia famiglia viveva a Izmir ed è stata salvata da un buon samaritano il cui nome era andato perduto per molto tempo”. Il Giusto in questione, si è poi saputo, era il loro vicino, un soldato turco, che aveva salvato la famiglia di Maryam portandola all’imbarco delle navi per la Grecia, perché pensava che fosse un peccato contro l’Islam uccidere “delle così brave persone”. In altri casi ancora ci sono stati salvataggi che fanno discutere, se così si può dire, come quello della famiglia Berberyan, letteralmente i barbieri, che fu salvata da un governatore turco proprio perché egli non voleva privarsi dei servigi di un buon parrucchiere. Una figura senz’altro esemplare è il vali di Aleppo Gelal Bey, onorato anche al Giardino di Milano, che salvò gli armeni della città perché era rimasto impietrito vedendo la fiumana di profughi maltrattati, denutriti, privati di tutto, che spesso morivano davanti ai suoi occhi in condizioni atroci.
Da notare anche la storia dello sceicco siriano (di Raqqa) al-Aekleh, che salvò un armeno da morte certa assumendolo anche nella propria casa come “ghost-writer” delle memorie di famiglia. Un salvataggio che fu compiuto sempre nel rispetto delle parole di pace contenute nel Corano. La nipote dell’armeno salvato è una giornalista biritannica, Dawn Anahid MacKeen, che di recente ha dedicato un libro al salvataggio di suo nonno Stepan.
Queste storie di “disobbedienti” ottomani, turchi che salvarono armeni, sono ancora poco conosciute, ma piano piano si sta aprendo la via a un loro riconoscimento di pari dignità rispetto a quello dei Giusti tra le Nazioni, i salvatori di ebrei onorati a Yad Vashem.