Nella notte (Valtellinanews.it 30.04.20)
Nella notte
di Gabriella Stucchi
Il libro proposto è la traduzione, da parte di Letizia Leonardi, dell’originale scritto da Inga Nalbandian, che collaborò attivamente con la Società delle Nazioni Unite in difesa dei diritti dei rifugiati sopravvissuti al genocidio armeno e morì nel 1929.
Così scrive Letizia nella Nota iniziale: “Ho tradotto il libro perché dalla lettura di questi episodi traspare tutta la disperazione e il dolore di un popolo ignorato per troppo tempo, che solo con la sua dignità e determinazione ha saputo voltare pagina volutamente trascurata e nascosta, che è giusto riportare all’attenzione di tutti, e in ogni modo possibile”.
L’autrice Inga spiega di aver presentato sotto forma di racconti “per descrivere gli eventi più efferati e incredibili di questa guerra mondiale, eventi che hanno segnato le ineffabili tracce della morte nella mia vita e in quella dei miei nipoti”.
Si inizia con una toccante lettera inviata al signor Vahann Ohannian (chiamato Effendi, che significa “maestro” o “signore”) Direttore dell’ospedale armeno di Costantinopoli in cui è descritta la condizione drammatica della città di Bardisak, “vuota”! Vahann con suo fratello e professori armeni del Robert College avevano parlato del piccolo paradiso nascosto nelle montagne, completamente armeno, con una meravigliosa vegetazione.
Mariam è inserviente dell’ospedale da più di due anni e aspetta ancora che il marito Bedros torni dalla guerra dei Balcani; Arakel, l’ultimo dei quattro bimbi, è morto, assassinato dai turchi a Bitlis insieme a quelli della loro razza.
Nella festa di Vartavar, di Anahit, la dea della felicità e della fertilità, una festa pagana della natura, trasformata in “festa del diluvio”, in ricordo del diluvio che Dio ha mandato per punire i peccatori, Mariam sente le voci dei canti dei bambini e pensa al suo Arakel: sarà bruciato o annegato? Vahann Effendi tiene un piccolo discorso e ricorda che quelli che rimangono sono pochi, però invita a far volare le colombe perché torni la pace sulla terra. Mariam, portando nel cuore il suo piccolo Arakel, si avvia verso la chiesa.
Nel III capitolo è descritto il rapporto che si instaura nel padiglione dei malati di mente tra il vecchio Mihran-Agha e Humaiak, un ragazzo di dodici-tredici anni (sfuggito ai massacri di Trebisonda) che, seduto ai piedi, gli legge la Bibbia. Quando il vecchio gli chiede se sa qualcosa di Sivas (Sebaste) gli risponde che sa soltanto che nessuno è rimasto a Sibas e, con voce rotta, dice che li hanno legati tutti insieme, li hanno spinti verso sud e chi non è stato ucciso è morto per la stanchezza e la fame.
Toccante è la testimonianza di Humaiak, un ragazzo di dodici anni che con estrema sofferenza espone con strazio a Vahann Effendi la storia della sua famiglia: il gendarme che a poco a poco ha privato il padre di tutto ciò che possedeva, con minacce, rivolgendosi infine ai figli stesi a terra, camminandovi sopra. I ragazzi poi sono stati portati via, le donne radunate in carri bestiame, condotte alle barche sul fiume e vendute, come pure i bambini. Anche la mamma è stata messa su una barca, ma con lei non c’era il fratello Nichan, che si era perso. Lui, come altri, è stato costretto a camminare a piedi, colpiti da manganelli per spingerli. Cavavano gli occhi se qualcuno cercava di scappare. Il terzo giorno il massacro, con asce e bastoni; alcuni gettati in acqua.
La morte di Haik Hovsepian, giovane medico apprendista tra i più promettenti, avvenuta in Asia minore, a est di Konia, è lo spunto di un dialogo tra Vahann Effendi e il dott. Delacombe, oculista, francese di 65 anni che, non potendo ritornare in Francia, continua il suo lavoro puramente civile di oculista all’ospedale armeno, con l’animo teso vero la sua Francia. In un momento di tranquillità Vahann Effendi racconta a Delacombe le difficoltà affrontate con coraggio dalla moglie di Haik per ritrovare il marito in Germania, dove curava ufficiali di gendarmeria della scorta. È pure incaricato di curare la figlia di un capo, malata nella tenda del suo harem; la guarisce e gli viene proposto di prenderla in moglie. Al netto rifiuto di Haik non tanto per motivi religiosi, quanto perché per le usanze della sua razza non poteva sposare più donne e lui non voleva tradire sua moglie, viene ucciso. Finito il discorso, Delacombe fa ascoltare a Vahann Effendi il canto dei bambini che si diffonde nel giardino, in cui si chiede a Dio che doni la pace al mondo. Delacombe aggiunge che il suo cuore canta con loro. I due medici si lasciano con una stretta di mano.
Nei due capitoli successivi sono descritti due momenti estremamente drammatici: l’esplosione delle bombe e gli arresti di una cinquantina di persone…Vahann Effendi sta male, il vecchio prete di Yedikule raggiunge l’ospedale, parlano e il medico gli confida il suo grande sogno: che la pace arrivasse prima, che i rifugiati potessero sopravvivere; invece ci si sta avvicinando ad un’altra guerra, e sicuramente ce ne sarà una terza.
Il testo si chiude con la Postfazione di Daniela Cecchini, giornalista professionista, che esprime il suo elogio per l’opera della scrittrice Letizia Leonardi, che con storie ed immagini molto cariche di umanità descrivono il genocidio armeno compiuto dai turchi nel 1915, ma con origini pregresse e purtroppo oscurate dalla storia per diversi decenni.
Un libro che fa rivivere in modo vivo e intenso i drammi del genocidio (massacro, olocausto) degli armeni, commemorato il 24 aprile.
Inga Nalbandian NELLA NOTTE – Paoline – euro 13.00