“Nei tempi di oscurità, le persone buone si vedono meglio”. La gratitudine dell’Armenia a Renato Farina (Korazym 10.05.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 10.05.2023 – Vik van Brantegem] – Con grande gioia, lo scorso mese ho condiviso nella mia cronaca quotidiana del #ArtsakhBlockade la notizia del conferimento della Medaglia della Gratitudine della Repubblica di Armenia all’amico e collega Renato Farina, editorialista di Libero Quotidiano, dalle mani dell’Ambasciatore della Repubblica di Armenia in Italia, S.E. Tsovinar Hambardzumyan, a Roma venerdì 28 aprile 2023 alle ore 11.00 presso l’Ambasciata della Repubblica di Armenia in Italia.
Hanno presenziato, tra gli altri, S.E. Sargis Ghazaryan, già Ambasciatore della Repubblica di Armenia in Italia; Dott. Stefano Folli, già Direttore del Corriere della Sera, editorialista de la Repubblica; Dott. Gianni Letta, già Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e Autorità delegata per la Sicurezza della Repubblica, già Direttore de Il Tempo, Presidente onorario dell’Associazione Davide De Luca-Una Vita per l’Intelligence; Avv. Laura Sgrò; Dott. Roberto Fontolan, già Direttore del Centro internazionale di Comunione e Liberazione; Dott. Enrico Rufi, giornalista di Radio Radicale; Dott. Giuseppe Rusconi, Direttore di Rossoporpora.org; Dott. Piero Laporta, generale dell’esercito; Dott. Fabrizio Augumeri, Portavoce del Presidente della Calabria; Dott.ssa Mariachiara Manopulo, dell’Ufficio stampa di Forza Italia alla Camera; Saverio Lamiranda, Amministratore Delegato di Terre di Aristeo.
Avevo in programma di esserci anch’io – e non solo per l’amicizia da quasi 40 anni con il premiato – come pure alla preghiera per i martiri del Metz Yeghern, il Grande Male, ovvero il genocidio armeno, che il Cardinale Kurt Koch ha definito un martirio ecumenico, in occasione dell’anniversario delle persecuzioni di un secolo fa, che portarono all’uccisione di un milione e mezzo di persone e alla deportazione di centinaia di migliaia di Armeni. Nella sua omelia, il Prefetto del Dicastero per l’Unità dei Cristiani ha ricordato che tutte le confessioni cristiane sono state colpite in quello che fu il primo di una lunga serie di persecuzioni del ‘900. Purtroppo, non mi è stato possibile di essere a Roma il 27 e 28 aprile, quindi non ho potuto partecipare.
La Medaglia della Gratitudine della Repubblica di Armenia, si legge nel protocollo di conferimento, è stata attribuita a Renato Farina per “il suo contributo al rafforzamento e allo sviluppo delle relazioni di amicizia tra Armenia e Italia, alla difesa dei valori universali”.
Di Armenia, delle sue ricchezze culturali, della sua precaria condizione geopolitica, Renato Farina si occupa politicamente e giornalisticamente da oltre vent’anni, come ha sottolineato l‘Ambasciatore Hambardzumyan nel suo discorso: “Dal 2001 si occupa dell’Armenia e della causa armena, informando la società italiana dei nostri problemi, delle pagine oscure della nostra storia e delle attualità, ma anche della civiltà e della cultura che l’Armenia ha dato al mondo”. Poi: “Dai primissimi giorni dell’aggressione contro il popolo pacifico del Nagorno-Karabakh nel 2020 è stata lei a chiedere all’Europa di proteggere gli Armeni, perché così l’Europa proteggerebbe se stessa”.
“È un paradosso ricevere la Medaglia della Gratitudine – ha risposto Farina nel suo discorso di ringraziamento –, quando dovrei essere io a consegnare un vagone di gratitudine all’Armenia, perché a me l’Armenia ha regalato tutto, soprattutto la mia autocoscienza di Cristiano ed Europeo, e del compito che come giornalista sento come più vero: esporre se stessi, condividendo il dolore e le speranze degli altri, ma non stando su un balcone, per raccontare meglio la vita delle formiche, ma coinvolgendosi con i dolori e le ansie, e tutto, tutto quello che costituisce la vita quotidiana delle persone. Non solo dei grandi, non solo la geopolitica, anche se quella è utile, saperla, ma la vita quotidiana”.
Dopo aver ricordato la raccolta di poesie Io, della mia dolce Armenia del grande poeta armeno Yeghishe Charents [*] – libro poi donato dall’Ambasciatore Hambardzumyan agli intervenuti – Farina ha ricordato quanto scriveva nell’Ottocento il monaco e filologo armeno Ghevonz Alishan: “Ormai secche le rose e le violette armene… l’Armenia è diventata la casa del dolore. Il profugo armeno erra in terra straniera, oppure vaga affamato nella patria cosparsa di cadaveri”. E ha avvertito: “Questo è stato scritto nel XIX secolo, prima del Grande Male, il Metz Yeghern, che ha colpito il popolo nel 1915, ma non è esploso a caso, e ci sono numerosi precedenti e premonizioni che avrebbero dovuto destare allarme per quel che doveva ancora accadere. Adesso, quel che sta accadendo, è lì, è una premonizione, ci chiama, ci chiama! Dice qualcosa a noi: un nuovo genocidio è alle porte, quel che accade ora al Nagorno-Karabakh ne è una premessa. Va spenta la miccia. Ci riguarda. Perché il popolo armeno ha questa caratteristica, di essere un piccolo popolo che concentra in sé sia i dolori sia le preghiere di tutto il mondo, come dimostra la figura di Gregorio di Narek e dimostrano le sue opere”.
Segue la trascrizione integrale della Cerimonia di Conferimento della Medaglia di Gratitudine della Repubblica di Armenia a Renato Farina.
Lasciami sopportare il tuo dolore
Il bene sia con voi
Tsovinar Ambardzumyan
Gentile Dott. Farina, cari presenti, benvenuti presso la sede dell’Ambasciata di Armenia in Italia. È un onore per me conferire questo alto riconoscimento del mio Paese a un politico, scrittore. opinionista, giornalista, e semplicemente ad una persona la cui biografia, e incarico politico e giornalistico sono un esempio di saldi principi e di valori che onorano la verità, la giustizia, la dignità umana.
Dott. Farina, è molto emblematica anche la tempistica della sua visita. Proprio ieri nella Basilica di San Bartolomeo, insieme a lei abbiamo partecipato alla celebrazione ecumenica e abbiamo reso omaggio ai martiri armeni, in occasione del giorno della memoria del genocidio degli Armeni. La ringrazio tanto per aver condiviso le pagine più buie nella nostra storia, ma anche un giorno di unità nazionale, di gratitudine e di rinascita.
La sua presenza qui è il suo continuo sostegno sono ancora più importanti e graditi, soprattutto nell’attuale situazione intorno all’Armenia e al Nagorno-Karabakh. C’è un’aggressione in corso da parte dell’Azerbajgian, che provoca ogni giorno nuove vittime, perdite, disgrazia e distruzione. Come diceva Erich Maria Remarque, “nei tempi di oscurità, le persone buone si vedono meglio”.
La nostra storia di sofferenze ci ha insegnato a individuare quelle persone meglio di chiunque altro. Purtroppo, abbiamo conosciuto troppe pagine oscure, ma al nostro fianco ci sono sempre state persone che hanno scelto di essere dalla parte giusta della causa.
Quando gli Armeni furono sottoposti allo sterminio e all’esilio nell’Impero ottomano, fu il giurista Raphael Lemkin a dare al mondo il nome esatto di ciò che è stato fatto agli Armeni: genocidio. Ad oggi, più di 30 Paesi e organizzazioni internazionali hanno ufficialmente riconosciuto il genocidio armeno, tra cui la Camera dei Deputati italiana nel 2019 e circa 200 consigli comunali e regionali d’Italia.
Caro Dott. Farina, i suoi sforzi personali in tal senso, sono difficili da sopravvalutare, anche perché, come vediamo, il genocidio non ha fine.
Dal 2001 si occupa dell’Armenia e della causa armena, informando la società italiana dei nostri problemi, delle pagine oscure della nostra storia e delle attualità, ma anche della civiltà e della cultura che l’Armenia ha dato al mondo. Lei ha continuato questo suo impegno per l’Armenia e per gli Armeni anche in veste istituzionale dopo la sua elezione a Deputato nel 2008, a volte dovendo affrontare minacce e ricatti. Dai primissimi giorni dell’aggressione contro il popolo pacifico del Nagorno-Karabakh nel 2020 è stata lei a chiedere all’Europa di proteggere gli Armeni, perché così l’Europa proteggerebbe se stessa. Non dimenticheremo i numerosi articoli scritti nei vari giornali importanti per foggiare e sollecitare l’opinione pubblica italiana sulla realtà. Apprezzo molto il fatto che lei abbia sempre sostenuto la comunità armena in Italia e valorizzato il contributo che gli Armeni, a loro volta, hanno avuto per lo sviluppo e per la prosperità dell’Italia, soprattutto nel campo culturale.
È molto facile stare dalla parte dei più forti. È difficile, invece, stare con i giusti. Dott. Farina, da questo punto di vista, può essere orgoglioso, perché ha svolto un ruolo importante nella lotta per la giustizia e per la libertà e si è impegnato in tutto questo senza interesse, senza rimunerazione, solo per amore e devozione. Noi Armeni siamo persone sensibili e non dimentichiamo mai la mano tesa a noi durante i nostri giorni buoni e cattivi. Con questa Medaglia di Gratitudine conferita dal Presidente dell’Armenia che le consegno con piacere e orgoglio, esprimo anche la mia ammirazione verso il grande popolo italiano, che lei egregiamente rappresenta.
Conferimento protocollare
Per il decreto del Presidente della Repubblica di Armenia del 23 dicembre 2022 sul conferimento della Medaglia di Gratitudine della Repubblica di Armenia, per il suo contributo al rafforzamento e allo sviluppo delle relazioni di amicizia tra Armenia e Italia, alla difesa dei valori universali, si conferisce la Medaglia di Gratitudine al giornalista Renato Farina.
L’Ambasciatore appunta la medaglia al petto di Renato Farina.
Renato Farina
Barin and zes! Il bene sia con voi! Questo è il saluto armeno che mi è stato rivolto e che esprime il cuore di questo popolo. Il bene sia con voi.
È un paradosso ricevere la Medaglia della Gratitudine, quando dovrei essere io a consegnare un vagone di gratitudine all’Armenia, perché a me l’Armenia ha regalato tutto, soprattutto la mia autocoscienza di Cristiano ed Europeo, e del compito che come giornalista sento come più vero: esporre se stessi, condividendo il dolore e le speranze degli altri, ma non stando su un balcone, per raccontare meglio la vita delle formiche, ma coinvolgendosi con i dolori e le ansie, e tutto, tutto quello che costituisce la vita quotidiana delle persone. Non solo dei grandi, non solo la geopolitica, anche se quella è utile, saperla, ma la vita quotidiana. Io ho imparato immergendomi nel vostro spirito e nella vostra storia e nella vostra capacità di dolcezza.
Del grande poeta Charents [*] in italiano c’è una raccolta delle sue poesie, Io, della mia dolce Armenia: dolce come le albicocche dell’Armenia, che sono le più buone del mondo, si chiamano armelline in Veneto perché vengono da lì. Lo storico Leonzio, il cui nome in Armeno non somiglia per nulla a Leonzio, ma ho recuperato comunque il suo nome, che… a pagamento vi racconterò [in realtà si tratta di Padre Ghevonz Alishan, monaco e filologo, 1820-1901, ndr]. Ho letto Charents e Leonzio proprio nel 2000, prima di partire per la prima volta verso Armenia. Scriveva Leonzio: “Ormai secche le rose e le violette armene… l’Armenia è diventata la casa del dolore. Il profugo armeno erra in terra straniera, oppure vaga affamato nella patria cosparsa di cadaveri”. Questo è stato scritto nel XIX secolo, prima del Grande Male, il Metz Yegern, che ha colpito il popolo nel 1915, ma non è esploso a caso, e ci sono numerosi precedenti e premonizioni che avrebbero dovuto destare allarme per quel che doveva ancora accadere. Adesso, quel che sta accadendo, è lì, è una premonizione, ci chiama, ci chiama! Dice qualcosa a noi: un nuovo genocidio è alle porte, quel che accade ora al Nagorno-Karabakh ne è una premessa. Va spenta la miccia. Ci riguarda. Perché il popolo armeno ha questa caratteristica, di essere un piccolo popolo che concentra in sé sia i dolori, ma sia le preghiere di tutto il mondo, come dimostra la figura di Gregorio di Narek e dimostrano le sue opere (che tengo sul comodino). Dopo le tragiche visioni di Padre Leonzio, ci sono. Sorprendenti, questi versi del poeta Yeghishe Charents, che ci dice: “Quando percorri il tuo fragrante prato/e primavera ti cammina al fianco”. È questo il paradosso armeno – il grande male e insieme la consapevolezza del fragrante prato e la primavera che comunque ti cammina al fianco – che è espresso dalle croci fiorite dell’Armenia. Il sangue di Cristo, immediatamente fiorisce, è un unicum questo nelle culture di tutto il mondo.
Ecco, io così ho espresso la percezione che ho dell’Armenia, e quello che mi ha regalato. L’Armenia non ci comunica soltanto un’ingiustizia subita, che è importante ricordare. Ma ci comunica il destino di noi uomini, che è quello di cercare la verità e di essere fraternamente in comunione con ogni uomo, perché non siamo distaccati gli uni dagli altri. La differenza dei popoli è la ricchezza che consente loro di unirsi un disegno di armonia.
Ieri abbiamo celebrato, hanno celebrato la preghiera ecumenica per la pace nel mondo e nella memoria dei Santi Martiri, che sono stati canonizzati tutti quanti dalla Chiesa Apostolica Armena. E mi viene in mente che i popoli occidentali – anche i popoli, non solo i governi, perché i governi esprimono i popoli – non hanno espresso questa gratitudine operosa e non la stanno esprimendo nei confronti del popolo armeno. E anche il governo italiano sta purtroppo usando un doppio standard, che non gli fa onore, nel trattare le questioni relative alle aggressioni e alle ingiustizie che subiscono i popoli e soprattutto mutando atteggiamento verso chi le aggredisce, a mio giudizio, un opportunismo che è nel seno della storia italiana e che non fa onore all’Italia.
Io spero sempre che quello che nel 2019 ha deciso il Parlamento [il riconoscimento del genocidio degli Armeni 1915-1923, ndr] diventi la traccia del comportamento del nostro governo: non per schierarsi con l’Armenia contro l’Azerbajgian, ma imparando a guardare la verità delle cose e a comportarsi secondo quello spirito di fraternità che dovrebbe essere il messaggio per cui si è costituita l’Unione Europea.
Questa era la parte diciamo così politica ma che in fondo è contingente rispetto alla sostanza: perché l’Armenia è eterna. Pio XI disse, subito dopo promulgazione in Italia delle leggi razziali incontrando dei pellegrini del Belgio, “Noi siamo spiritualmente Semiti”.
Io credo che in questo tempo noi dobbiamo essere spiritualmente Armeni. L’Armenia è un numero primo, la sua lingua non nasce da altre lingue, è una lingua sorgiva. E questo dice tante cose, nasce dall’Arca di Noè, per usare un’immagine biblica e poetica. Ecco, i numeri primi non si possono cancellare, si possono mortificare e nascondere, ma non si possono cancellare, senza i numeri primi non si dà l’infinito e l’infinito è quello che cerchiamo nel quotidiano. Grazie, grazie Ambasciatrice, grazie al Presidente dell’Armenia!
Tsovinar Hambardzumyan
Vorrei presentarvi cari Ospiti, questo libro che abbiamo pubblicato con la Regione Calabria l’anno scorso, è un libro di Yeghishe Charents [*]: bilingue, c’è armeno e traduzione a fronte in italiano. Il primo traduttore è stato nel 1968 Mario Verdone, padre di Carlo Verdone, e poi l’anno scorso altri membri della nostra comunità, anche tanti professori italiani che non hanno radici armene insieme a noi… Lo regalo molto volentieri.
Sargis Ghazaryan
Quando alcuni giorni fa mi ha chiamato il mio amico Renato, chiedendo anche a me di esprimere davvero due parole, mi sono sentito assolutamente orgoglioso di questo che per me è un dovere, ma un piacevole dovere. L’On. Farina è un amico del popolo armeno e dell’Armenia. Oggi è un atto formale, celebriamo questo dato ma Renato è un mio amico, è un mio amico personale e mi ricordo il nostro primo incontro. Era il febbraio del 2012. Ci siamo incrociati a Yerevan in via Abovyan, io conoscevo Renato per le mie letture dai banchi dell’Università di Gorizia. Ed era davvero per me sorprendente vederlo passeggiare a Yerevan. Da allora è stata una passeggiata lunga 12 anni, nelle mie e nelle sue diverse funzioni. Max Weber, nel suo Pensiero razionale definisce l’amicizia come quel rapporto fra persone dove la fiducia si dà per scontata. La nostra amicizia va oltre questo perché in più di un’occasione ci siamo trovati su delle trincee. Io e Renato abbiamo sempre vinto le battaglie. Ci siamo trovati in trincee dove la simmetria, la nostra arma più forte erano gli atti e le parole di verità e audacia di Renato. Il mio amico Renato. Ed è per questo che oggi credo che questo atto formale celebra un qualcosa che era già in essere da tanto tempo. Nel 900, almeno nel 900, poi questa è una storia lunga 2000 anni almeno, la presenza degli Armeni in Italia e degli amici degli Armeni. Ma nel 900 mi ricordo Benedetto Croce, quando si esprimeva con parole simili alle tue sul mio popolo. E penso a Luigi Luzzatti, quel Presidente del Consiglio anti-interventista che per tutta la durata della Prima Guerra Mondiale denunciava con altrettante parole di audacia e verità il crimine contro gli Armeni. Impegnava il governo italiano nei negoziati di pace a sostenere la causa dell’indipendenza dell’Armenia. Penso al Console Giacomo Gorrini che acquistando orfani armeni a Trebisonda li salvava dal genocidio. Ecco, questo è un insieme di audaci e attori della verità del 900 a cui si aggiunge oggi formalmente il tuo nome.
Ti sono davvero grato per questo. Ti sono davvero grato per aver fatto, aver aiutato a scoprire agli Armeni della mia generazione e agli Italo-Armeni della mia generazione un punto di vista assolutamente nuovo, dirompente sulla nostra identità. Per tutto questo vi sono davvero grato.
Stefano Folli
Allora, io non conosco Renato da 12 anni, ma da più di 20. L’ho conosciuto in varie circostanze, per motivi di lavoro e poi per motivi di amicizia. E sono assolutamente d’accordo con quello che è stato detto, con il richiamo che ha fatto l’Ambasciatrice ai valori morali, che alla fine vanno al di là della politica o per lo meno ne sono la premessa. Non per tutti è così, ma per Renato sì.
Quel suo richiamo a questo senso spirituale delle cose, dello stare insieme, del costruire l’idea del mondo, una visione del mondo che è fondata sullo spirito ed è fondata sui valori giusti. Ognuno di noi ha dei valori.
Cerchiamo di fare in modo che siano valori giusti. Non sempre ci riusciamo, naturalmente, però è quello che ci sforziamo di fare. La causa armena che Renato ha contribuito a difendere e a far conoscere in un paese, è vero, troppe volte distratto, è una grande causa che mette in gioco il senso spirituale del mondo e una visione del mondo, mette in gioco l’amicizia, mette in conto il senso morale della politica. Non è un caso che Benedetto Croce avesse stigmatizzato l’orribile vicenda del genocidio armeno che, purtroppo non è ancora abbastanza conosciuta.
Questo incontro serve anche questo, a renderci consapevoli che questa pagina orribile della storia d’Europa, si tratta d’Europa, fondamentalmente è ancora oggi, deve essere ancora oggi un elemento fermo del nostro agire sulla scena nazionale e anche internazionale. E Renato per il senso dell’amicizia che lo distingue e per la generosità che lo distingue, per lui, la generosità, ovviamente, è parte integrante del senso dell’amicizia che lui ha molto, molto forte per generosità si è messo anche nei guai molte volte, n’è uscito perché è una persona retta. Ma l’elemento della generosità per gli amici, per le cose in cui crede, è sempre stato presente in lui. Lo è ancora oggi con una freschezza incredibile, che è la freschezza che aveva 20 anni fa quando ci siamo conosciuti. Probabilmente è la freschezza che aveva da bambino, una freschezza che corrisponde a questa idea anche poetica, che lui ha della vita. Lo ha dimostrato anche nei brani che ha letto adesso ed è certamente dovuta anche alla fede, alla fede importante che lo ha sempre sostenuto nella sua vita, gli ha indicato la strada. Quindi un amico generoso è un amico prezioso e noi ti siamo grati di questo.
Gianni Letta
Ambasciatrice! Come sempre Stefano Folli, con la sua capacità straordinaria di interpretare e raccontare le cose, ha tratto il succo di questa bellissima mattinata e ha dimostrato con poche parole quanto sia giusta la gratitudine degli Armeni verso Renato, e quanto sia opportuno e felice il riconoscimento della Medaglia di Gratitudine.
D’altro canto, lei l’aveva detto all’inizio, quando ha ricordato le qualità professionali eccelse di Renato, ricordando che è un politico, uno scrittore, un giornalista, un opinionista e ne ha giustamente sottolineato il valore e l’importanza nella sua professione. Ma ha detto che la gratitudine va – oltre che a quel grande professionista e scrittore – a una persona straordinaria.
E come ci ha detto adesso Stefano, è una persona che antepone e valorizza quei valori con un sentimento morale, con un richiamo alla spiritualità, che sa guardare più alto e dall’alto riesce a ispirare le sue azioni per quella ricerca – lo diceva benissimo [Sargis Ghazaryan] – di audacia e verità, la verità con l’audacia e l’audacia anche a costo di fare per generosità qualche errore di cui nessuno più di me è testimone, memore e grato. E quindi condivide quello che ha detto benissimo Stefano quando dice per generosità, si è messo nei guai ma ne è sempre uscito perché una persona retta, di corretta moralmente ispirata. Lo ha detto lui, quando ha detto che non guarda da un balcone per raccontare la vita delle formiche laggiù, ma perché si lascia coinvolgere con quel sentimento, con quella sensibilità, per quella finalità spirituale che lo porta a guardare in alto e a guardare alle vicende dei fratelli che sono lì come le formiche partecipandone al dolore, alle sofferenze, condividendole e facendo le sue per cui la sofferenza degli armeni che lui ha raccontato, l’ha vissuta, quell’ingiustizia che anche lui ha conosciuto e che quindi diventa un testimone vivo, sofferente, non rituale o così per sentito dire, ma perché fa sua la sofferenza di chi, per ingiustizia, è chiamato a soffrire, sia perché l’ha sperimentata, sia perché quei valori morali, quella ispirazione, così spirituale, quel guardare oltre, più in alto, lo porta a condividere fraternamente cristianamente, non solo i dolori altrui, ma lo slancio di andare incontro agli altri. Quindi è vera la gratitudine che tutti noi dobbiamo con voi Armeni verso Renato per quello che fa, ma lui non se l’aspetta, perché lui lo fa per uno slancio morale intimo suo che viene per questa altissima ispirazione, per quella fede che Stefano [ha citato] che è vissuta intimamente, perché ci crede, perché non è una manifestazione esteriore, perché ispira tutti i atti, quelli della vita con gli altri, quelli della sua professione, quelli con i quali ispirato, si iscrive e lo leggiamo con piacere e scrivendo rende giustizia alla verità, anche quando serve audacia per farlo. Quindi la ringraziamo per aver dato questo riconoscimento anche a nome nostro. Perché la gratitudine che lei ha mostrato per Renato, è anche la nostra, di chi lo conosce bene, di chi ne segue l’attività, giorno per giorno.
[*] L’Ambasciata della Repubblica di Armenia in Italia e l’Università La Sapienza di Roma invitano alla presentazione dei libri Yeghishe Charents. Io della mia dolce Armenia. Antologia delle opere poetiche (1911-1922), con testo armeno a fronte, a cura di Naira Ghazaryan (Leonida Edizioni 2022, 384 pagine) e Yeghishe Charents. Vita inquieta di un poeta di Letizia Leonardi, con la prefazione di Carlo Verdone (Le Lettere 2022, 220 pagina), con la partecipazione di Carlo Verdone, che si terrà martedì 16 maggio alle ore 11.30 presso l’Aula Odeion-Museo dell’Arte Classica Facoltà di Lettere e Filosofia, piano terra, piazzale Aldo Moro 5 in Roma [QUI].