«Nagorno-Karabakh? Una catastrofe. E non solo per noi armeni» (Temoi 10.10.24)
«Sa, anch’io provengo dal Nagorno-Karabakh. L’attacco militare di un anno fa dell’Azerbaigian è una tragedia nazionale, ma per me è anche una tragedia personale. La mia famiglia ha perso tutto». Tigran Balayan è stato nominato a settembre dell’anno scorso ambasciatore della Repubblica di Armenia presso l’Unione Europea. Ma rilasciando un’intervista a Tempi sui rapporti tra il suo paese e l’Ue e sull’impervio processo di pace tra Erevan e Baku, non parla soltanto da diplomatico. Il 19 settembre 2023, giorno in cui l’esercito del dittatore Ilham Aliyev ha invaso il Nagorno-Karabakh, cacciando dalle loro case 120 mila armeni, «l’Azerbaigian ha portato a termine la fase finale della sua pulizia etnica contro la popolazione indigena armena», afferma. «È stata una catastrofe, e non solo per noi armeni».
Ambasciatore Balayan, che cosa intende?
L’attacco militare contro il Nagorno-Karabakh è stata una catastrofe anche per il sistema legale internazionale e per il rispetto dei diritti umani. Purtroppo, nonostante i negoziati di pace che proseguono, l’Azerbaigian continua con la sua ostilità armenofoba. L’ultimo esempio è il discorso aggressivo e pieno di minacce di Ilham Aliyev davanti al Parlamento azero, dopo un altro dubbio “processo elettorale”.
Nell’ultimo anno, come confermano rapporti internazionali, l’Azerbaigian ha portato avanti una campagna sistematica di distruzione dell’eredità armena in Nagorno-Karabakh. Che cosa si può fare per fermare Baku?
La distruzione dell’eredità religiosa e culturale armena è stata una delle principali componenti della politica anti-armena dell’Azerbaigian, che ha conosciuto un’escalation a partire dal conflitto del 2020 ma che c’è sempre stata. Avviene su scala industriale e sfortunatamente la comunità internazionale non ha preso iniziative pratiche sufficienti a prevenire questo fenomeno o a proteggere ciò che resta. Ad ogni modo, ci sono state risoluzioni importanti che vorrei ricordare. Nel dicembre 2021, la Corte internazionale di giustizia ha ordinato all’Azerbaigian di prendere misure adeguate a prevenire i vandalismi e la profanazione dell’eredità armena. Allo stesso modo, nel marzo 2022, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione condannando la distruzione e la cancellazione della cultura armena. Ha anche riconosciuto l’ampia componente armenofoba dell’Azerbaigian a livello statale e il revisionismo storico promosso da Baku. Organizzazioni come Unesco o Europa Nostra devono però prevenire la distruzione sistematica dell’eredità armena in modo più attivo e far sì che i responsabili paghino.
E Bruxelles come si sta muovendo su questo fronte?
L’Unione Europea è a conoscenza del problema, i funzionari Ue continuano a rassicurarci sul fatto che solleveranno questo problema nei loro colloqui con Baku. Fino ad ora, però, la distruzione sta andando avanti ed è anche peggiorata rispetto a prima.
Ci sono ancora decine di armeni prigionieri in Azerbaigian. Che cosa sapete di loro?
Siamo a conoscenza della presenza di 23 ostaggi armeni attualmente detenuti illegalmente nelle carceri di Baku. L’Azerbaigian purtroppo è noto per le sue torture nei luoghi di detenzione e molti prigionieri di guerra armeni una volta rimpatriati hanno raccontato storie terribili del trattamento disumano ricevuto in prigione in Azerbaigian. Il numero di prigionieri di guerra e civili presi in ostaggio dall’Azerbaigian in realtà è molto più alto (almeno 80 persone) ma sfortunatamente gli azeri negano la loro esistenza e quindi non sappiamo il numero esatto, né sappiamo se queste persone siano ancora vive o morte. Negli ultimi quattro anni, si sono verificati molti episodi di omicidio, incluse decapitazioni e fucilazioni di massa, torture e altri maltrattamenti di prigionieri di guerra e civili. Molti di questi sono stati ripresi in video dagli stessi torturatori azeri.
Con l’aiuto della comunità internazionale l’Armenia sta faticosamente cercando di concludere un accordo di pace con l’Azerbaigian. Molti si chiedono se Erevan possa davvero fidarsi di Aliyev. Lei che cosa ne pensa?
Come ha detto il primo ministro Nikol Pashinyan nel suo intervento durante la 79esima sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, la «pace tra Armenia e Azerbaigian non solo è possibile, ma è a portata di mano». Il 30 agosto, l’Armenia e l’Azerbaigian hanno firmato il loro primo documento bilaterale legale, il “Regolamento sull’attività congiunta delle commissioni sulla delimitazione del confine di Stato” tra i nostri due paesi, concordando di fissare come principio fondamentale della delimitazione del confine la Dichiarazione di Alma Ata del 1991. Il prossimo passo dovrebbe essere la firma dell’Accordo sull’avviamento della pace e delle relazioni interstatali tra i nostri paesi, e c’è già un accordo sull’80 per cento del testo. Il mio governo ha proposto di firmare l’accordo. Purtroppo, per ora l’Azerbaigian non solo porta ancora avanti la propaganda anti-armena ai massimi livelli, ma presenta sempre nuove richieste e precondizioni pretestuose. Si vede che mentre l’Armenia sta mostrando di essere pronta in modo genuino a portare la pace nella nostra regione non solo con semplici dichiarazioni ma anche con passi concreti, ad esempio l’allontanamento dal confine delle forze armate o la creazione di un meccanismo per fare luce sugli incidenti tra i due paesi, Baku sembra non esserlo rigettando tutte queste proposte.
Molti rifugiati armeni dall’Artsakh non hanno chiesto la cittadinanza dell’Armenia perché sperano di fare ritorno alle loro case. Il regime azero sostiene che il Nagorno-Karabakh è già “aperto” al loro ritorno. Ci si può fidare?
Molti paesi e organizzazioni internazionali con dichiarazioni o risoluzioni hanno chiesto all’Azerbaigian di garantire il ritorno degli armeni in sicurezza. Il richiamo più importante è quello della Corte internazionale di giustizia, che ha emesso un ordine vincolante. Nonostante questo, l’armenofobia del governo azero e l’assenza di impegni chiari in questo senso, come anche le notizie sulle torture e le umiliazioni inflitte dagli azeri agli armeni, compresi bambini e anziani, ci fanno concludere che è molto difficile immaginare un ritorno sicuro e la permanenza degli armeni in Nagorno-Karabakh.
L’Armenia si sta avvicinando all’Unione Europea, alla quale è culturalmente e storicamente legata. Eppure, nel 2022 la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha definito Aliyev un «partner affidabile dell’Ue». Molti membri dell’Europarlamento hanno criticato la presidente per quelle parole. A che punto sono le relazioni tra Erevan e Baku?
Il rapporto tra Armenia e Unione Europea ha raggiunto il punto storicamente più alto, nell’ultimo anno abbiamo raggiunto obiettivi importantissimi che hanno ridefinito il contenuto delle relazioni tra Armenia e Ue. Solo nell’ultimo anno, infatti, il premier Pashinyan ha parlato davanti al Parlamento europeo in sessione plenaria, affermando che il popolo armeno «è pronto ad avvicinarsi all’Unione Europea, nella misura in cui l’Unione Europea lo riterrà possibile». In seguito, il nostro ministro degli Esteri è stato invitato al Foreign Affairs Council, poi c’è stata la risoluzione del Parlamento europeo che ho già citato. Ad aprile ha avuto luogo il vertice senza precedenti tra Bruxelles, Washington e Erevan, dando un nuovo impeto alla cooperazione. Il Consiglio dell’Unione Europea ha poi aperto i colloqui per la liberalizzazione dei visti con la Repubblica dell’Armenia, l’Ue ha stanziato anche 270 milioni di euro di fondi per il nostro paese. E potrei andare avanti. Rimane ancora molto lavoro da fare, ma sono fiducioso che insieme potremo ottenere ancora di più.