Nagorno Karabakh, nuova escalation (Osservatorio Balcani e Caucaso e altri 30.03.22)
Per più di un anno in Nagorno Karabakh il cessate il fuoco concordato dopo il conflitto del 2020 ha retto. Ci sono stati scambi di fuoco fra Armenia e Azerbaijan, ma il più delle tensioni hanno riguardato i vecchi-nuovi confini fra i due paesi, cioè i confini di stato che Yerevan e Baku si sono trovate ad avere una volta che il cuscinetto del territorio del Karabakh come era uscito dalla prima guerra è stato rimosso.
Le profonde differenze fra gli scontri transfrontalieri e quelli nel territorio di quel rimane del Karabakh sono la natura del contendere, e la presenza o meno di una forza d’interposizione. Per quanto riguarda il primo aspetto, l’assenza di un accordo sul perimetro dei confini è l’origine degli scontri transfrontalieri, anche se c’è un accordo di fondo sulla legittimità dei due territori separati. Armenia e Azerbaijan si riconoscono reciprocamente, ma non sono d’accordo su dove inizia uno e finisce di conseguenza l’altro. Per il Karabakh è diverso: l’Azerbaijan non ne riconosce l’esistenza. Non esiste per Baku quel territorio e quella specificità locale. Per Baku è tutto Azerbaijan e gli armeni che vi risiedono sono cittadini azeri che devono accettare la giurisdizione di Baku e temporaneamente vi sono dei peacekeeper russi.
Questo porta direttamente alla seconda differenza: sui confini di stato armeno-azeri non ci sono forze di interposizione, in Karabakh invece c’è un contingente di circa 2000 uomini di Mosca, sul cui operato però ora piovono critiche da ambo le parti.