Nagorno Karabakh, il patrimonio cristiano ancora a rischio? (AciStampa 17.02.22)
Nell’ultimo atto di quella che sembra una guerra combattuta prima di tutto sul piano culturale, Anar Karimov, ministro della Cultura dell’Azerbaijan, ha annunciato la creazione di un gruppo di lavoro per le aree riconquistate del Nagorno-Karabakh per “rimuovere le tracce fittizie di armeni su siti religiosi albaniani”. Dichiarazione che rilanciano la preoccupazione degli armeni per il patrimonio cristiano in Artsakh, il nome storico armeno del Nagorno Karabakh.
Per comprendere le dichiarazioni del ministro della cultura si deve fare un passo indietro. Il territorio del Nagorno Karabakh era stato assegnato all’Azerbaijan dall’Unione Sovietica, e si era poi proclamato indipendente al momento della dissoluzione dell’URSS, proclamando la sua identità armena. Nel corso del secolo scorso, è stata più volte denunciata la sistematica distruzione di patrimonio cristiano storico nel territorio, definito da alcuni studiosi come un genocidio culturale, come è stata denunciata anche la volontà azera di riscrivere la storia etnica del territorio esaltandone le radici albaniano-caucasiche.
Da parte azera, si lamenta invece che l’Armenia reclami una presenza che è solo successiva alla presenza degli albaniani, e viene denunciata la distruzione di moschee durante il periodo in cui il Nagorno Karabakh aveva mantenuto una autonomia, sebbene mai riconosciuto come Stato nemmeno dall’Armenia.
L’ultimo conflitto tra Azerbaijan e Armenia si è concluso con un doloroso accordo che ha portato la perdita di diversi territori da parte dell’amministrazione armena, dove tra l’altro c’erano storici monasteri la cui integrità è sorvegliata dalle truppe di pace russe. Gli azeri da una parte sottolineano di voler tutelare i cittadini armeni nel loro territorio, ma dall’altro alcuni gesti, come la visita del presidente Alyeev alla bombardata cattedrale di Shushi, avevano comunque suscitato preoccupazione.
Lo scorso 14 dicembre, la Corte Internazionale di Giustizia ha ordinato all’Azerbaijan di prevenire e punire atti di vandalismo e profanazione contro l’eredità culturale armena in Nagorno Karabakh. Come potranno essere considerate, dunque, le ultime dichiarazioni del Ministro della Cultura azero?
Il gruppo di lavoro annunciato da Karimov dovrebbe prima esaminare i siti, e poi discutere se e cosa eventualmente rimuovere. Non si sa chi comporrà il gruppo, se non che saranno “esperti locali e internazionali”.
Le affermazioni di Karimov si riferiscono alla teoria secondo cui le antiche strutture nell’area dell’Azerbaigian e del Nagorno-Karabakh sono l’eredità dell’Albania caucasica, un antico regno che esisteva sul territorio dell’attuale Azerbaigian fino all’inizio del IX secolo. Secondo questa teoria, sviluppata dallo storico azerbaigiano Ziya Buniyatov negli anni ’50, le iscrizioni armene sulle chiese in Azerbaigian sono aggiunte successive e il risultato dell'”armenizzazione” sulla scia dell’emigrazione armena nell’area dell’inizio del XIX secolo. Questa teoria è respinta dalla maggior parte degli storici, ma propagata dagli storici nazionalisti azerbaigiani e dall’attuale governo azerbaigiano.
Durante una visita alla città di Hadrut nel Nagorno-Karabakh nel marzo 2021, il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev ha dichiarato che gli armeni volevano armenizzare le chiese con le loro iscrizioni.
Riferendosi a una chiesa armena del XII secolo ad Hadrut, ha definito come “false” tutte le iscrizioni che si trovavano lì. Mentre Karimov ha affermato persino che il monastero armeno medievale di Dadivank è una delle “migliori testimonianze dell’antica civiltà albanese caucasica”.
Nel maggio 2021 le autorità azere hanno anche iniziato a ristrutturare la cattedrale di Shushi del XIX secolo, che era stata danneggiata durante la guerra, per riportarla alla sua presunta “forma originale”, vale a dire senza la cupola: secondo gli azeri, questa sarebbe stata aggiunta solo negli Anni Novanta, ma ci sono testimonianze che la cupola era in realtà presente prima del periodo sovietico.
La Chiesa apostolica armena ha condannato le azioni dell’Azerbaigian come un “atto antiumano e anti-civiltà”. Ha anche lamentato la continua “ostilità e odio” nei confronti dell’Armenia, del Nagorno-Karabakh e del popolo armeno, sottolineando che “l’identità armena dei santuari cristiani del Nagorno Karabakh è stata scientificamente provata”.
Più e più volte, il Catholicos Karekin II, capo della Chiesa apostolica armena, ha invitato la comunità internazionale ad agire. La parte armena fa sempre riferimento all’enclave azerbaigiana di Nakhichevan, dove negli ultimi anni migliaia di siti storici cristiani sono stati rasi al suolo. .
L’esperta dell’Armenia di Salisburgo Jasmin Dum-Tragut, che ora ha una posizione di consulente ufficiale presso la sede del Catholicossato a Etchmiadzin, ha avvertito più di un anno fa in un’intervista a Kathpress che l’Azerbaigian aveva iniziato da tempo a riscrivere i contenuti sul cristianesimo in Karabakh su Internet. Così “cristiani armeni” diventerebbero “albanesi caucasici”. I libri di scuola azerbaigiani forniscono anche informazioni errate o del tutto assenti sui cristiani in Azerbaigian e nel Karabakh. Ci sono anche esempi in cui l’Armenia viene chiamata “Azerbaigian occidentale”.
Ma le preoccupazioni internazionali hanno visto il ministero della Cultura azero rispondere con una stigmatizzazione delle notizie di “mass media stranieri di parte”, sottolineando che l’Azerbaijan ha sempre “trattato il suo patrimonio storico e culturale con rispetto, indipendentemente dalla sua origine religiosa ed etnica”.
Il Nagorno Karabakh fu cristianizzato nel IV secolo ed ebbe un ruolo importante nell’autonomia culturale degli armeni tra il X e il XIX secolo. Un catholicossato indipendente armeno fu fondato nella regione fu fondato già nel V secolo.
Prima della Prima Guerra Mondiale, il Karabakh, annesso all’impero zarista russo, aveva 222 chiese e monasteri. Con l’indottrinamento sovietico e ateo e la soppressione stalinista della cultura nazionale, la Chiesa armena perì nel 1930 e si risvegliò solo nel corso della prima guerra del Karabakh e della dissoluzione dell’Unione Sovietica.
Nel 1991, la Repubblica Autonoma dell’Artsakh (Nagorno-Karabakh) popolata da armeni all’interno dell’Azerbaigian si è dichiarata indipendente. La prima guerra del Karabakh che seguì durò fino al 1994 e si concluse con un cessate il fuoco. Le milizie dell’Artsakh riuscirono a preservare la maggior parte della piccola repubblica con la storica capitale Stepanakert e, in collaborazione con l’esercito armeno, presero anche il controllo di sette province azere tra il Nagorno-Karabakh e l’Armenia, assicurando così il collegamento tra l’Artsakh e l’Armenia Repubblica.
Al 10 novembre 2020, la diocesi del Karabakh ha mantenuto più di 30 chiese e monasteri “funzionanti”. L’Ufficio dei monumenti della Repubblica del Karabakh ha elencato un totale di 4.403 monumenti culturali cristiani per la regione: da siti archeologici preistorici e antichi a chiese medievali, monasteri e fortezze a palazzi principeschi, innumerevoli croci di pietra e lapidi riccamente decorate.