Nagorno Karabak, due libri tra storia e attualità (La Voce del Patriota 03.02.21)
Tradizioni e radici. Questi, in estrema sintesi, i pilastri su cui si fonda la storia di un Paese forse sconosciuto ai più, che però negli ultimi mesi è stato al centro dell’ennesima fase di una guerra che non ha mai smesso purtroppo di tormentarne la popolazione. Parliamo dell’Armenia. E più precisamente della regione contesa dell’Artsak (o Nagorno Karabak). Una regione a maggioranza armena che, tra la fine del 1991 e l’inizio del 1992 ha indetto e svolto un referendum popolare il cui esito, a stragrande maggioranza, ha sancito il distacco dall’Azerbaigian e la costituzione di una autoproclamata repubblica indipendente. Da allora, nell’area, la situazione è sempre stata tesa, con alti e bassi che hanno visto l’esplosione di diverse e più o meno sanguinose scaramucce di confine.
Nell’autunno 2020, però, la tensione è sfociata in una vera e propria guerra durante la quale l’esercito azero, appoggiato dalla Turchia e dai gruppi di fondamentalisti islamici ad essa legati, ha rotto gli indugi e ha invaso l’Artsak. Con conseguenze drammatiche per la popolazione fiera ma sfiancata di questa lontana regione del Caucaso.
Del conflitto in questione in Occidente si è parlato poco e spesso non esattamente a proposito e con cognizione di causa. C’è però per fortuna stato comunque qualcuno che ha deciso di approfondire e raccontare pagine di storia strappata che meritano decisamente di essere riprese e diffuse.
In questo senso valgono moltissimo i lavori del direttore della rivista Il Guastatore Clemente Ultimo, autore di “Il grande gioco del Caucaso. Nagorno Karabakh, il Paese fantasma nella partita geopolitica tra Russia, Usa e Turchia” (Passaggio al Bosco, 2020) e di Daniele Dell’Orco, giornalista ed editore, che con Idrovolante Edizioni ha pubblicato “Armenia cristiana e fiera” (2020).
Il volume di Ultimo, arricchito dalla prefazione di Marco Valle e dall’appendice di Bledar Hasko, oltre ad una accurata ricostruzione della storia della regione, si concentra giornalisticamente sugli “aspetti che conferiscono tanta importanza geopolitica al Caucaso”, con particolare riferimento allo sfruttamento e alla distribuzione di gas e petrolio (risorse energetiche di cui il Nagorno Karanbak risulta particolarmente ricco). E non trascura di evidenziare il ruolo in tutto questo ricoperto anche da Paesi come Turchia, Russia e Iran, che mantengono sul Nagorno Karabak vecchie e nuove ambizioni, a dimostrazione che “dietro la nascita della Repubblica di Artsakh ed il tentativo azero di riconquistare quei territori, si muovono interessi ben più grandi rispetto a quelli degli attori locali”. Non manca infine, come spiega l’autore, il riferimento al “dramma impossibile da dimenticare degli armeni dell’Artsakh, esposti alla minaccia di una nuova pulizia etnica da parte degli azeri spalleggiati dalla Turchia neo-ottomana di Erdogan, che utilizza il jihadismo come testa d’ariete. Impegnati nella strenua difesa della loro terra e della propria identità nazionale e religiosa, gli armeni del Karabakh sono stati nuovamente abbandonati da un’Europa che, guardando agli ‘affari’, si finge distratta”.
Quanto al lavoro di Daniele Dell’Orco, si tratta di un diario, completo di un notevole apparato fotografico. Una sorta, in sostanza, di reportage di scatti e parole del viaggio che l’autore ha compiuto personalmente in Nagorno Karabak appena poche settimane prima dello scoppio dell’ultima fase del conflitto. Come spiega Dell’Orco (che, vale la pena ricordarlo, ha destinato i proventi della vendita del suo libro alla popolazione dell’Artsak), il suo è “un percorso lungo la Terra Santa del Caucaso meridionale”, ovvero l’Armenia, che “ha resistito a qualsiasi tipo di dominazione, invasione e conquista grazie alla fierezza del suo popolo scolpita nella roccia, ma anche grazie alla fede, quella stessa fede che l’ha resa il primo Stato cristiano nella storia dell’umanità”. Nelle parole dell’autore e dalle sue pagine emerge una anche emotivamente partecipata narrazione di storie e luoghi misteriosi, simbolici e bellissimi. Storie e luoghi di una terra che “non conosce pace. Come il suo popolo”. O meglio “cerca, tra le rovine, di vivere in pace. Così si scopre che una culla di civiltà come l’Armenia è in grado di urlare a chi ascolta un sacro messaggio d’amore: sii ciò che sei, accetta la tua croce, portala con orgoglio, non permettere a niente e nessuno di farti rinunciare al tuo spirito. Vivi, lotta, muori se necessario, essendo sempre martire delle tue idee”.