Monaco: artisti armeni ospiti dell’AIAP (Qemagazine 12.02.23)
Il Comitato nazionale monegasco dell’Associazione internazionale delle arti plastiche presso l’UNESCO (AIAP) presenta “Lumière”, una mostra che vuole essere un momento esclusivo per mettere in luce il talento di un gruppo di artisti armeni selezionati per l’occasione.
E’ intitolata “Lumière” la prima esposizione del 2023 organizzata dal Comité National Monégasque de l’Association Internationale des Arts Plastiques auprès de l’UNESCO (AIAP), dedicata in particolar modo all’Armenia. “Vorremmo sottolineare la soddisfazione di beneficiare della luce, dell’opinione, dell’illuminazione. dello sguardo di un amico, una parentesi in un periodo in cui i veli oscuri passano troppo spesso davanti ai nostri occhi. Le opere dei nostri artisti saranno i punti di una luce talvolta discreta, intensa, spettacolare o abbagliante, che vorremmo luce abbagliante che vorremmo offrire agli occhi dei nostri visitatori”. E, continua la nota stampa: “L’arte nasce dalla luce. Appare nelle grotte, alla luce del fuoco. Le ombre sono disegnate e appaiono le forme. Fin dall’antichità, l’artista capisce che questi criteri saranno fondamentali per catturare e catturare e rendere la forza di ciò che percepisce. Questo gioco di luci e ombre, che si protrarrà per tutta la durata del secoli fino ai tempi moderni.
Con un forte simbolismo, associato al potere della divinità, della trascendenza, la luce sarà usata a sua volta per glorificare ma anche per celebrare una certa spiritualità. L’architettura, sia essa romanica, gotica, ortodossa o bizantina, è progettata per e dalla luce. In pittura, appare in modo significativo con l’opera di artisti del XIV secolo come Giotto o il Beato Angelico, che la simboleggiano con l’uso dell’oro. Dal Rinascimento in poi è scomparsa a favore della pittura a olio e dello sviluppo di tecniche particolari come quelle utilizzate da Da Vinci o Van Eyck. L’uso dell’oro in pittura scomparve a partire dal Rinascimento a favore della pittura a olio e dello sviluppo di tecniche particolari, come quelle utilizzate da Vinci e Van Eyck, e fu evidenziato dalle tecniche di chiaroscuro di cui Caravaggio fu l’artista più evidente; si tinse di misticismo con i Romantici e trovò infine la sua forma più eclatante nelle opere di Turner e dei suoi successori, gli Impressionisti. È chiaro che l’uso della luce nella storia dell’arte si è sviluppato parallelamente ai progressi tecnologici. È il caso della principale scoperta del XIX secolo. La questione dell’imprinting e, in particolare, della creazione attraverso la luce, nasce con l’invenzione dell’elettricità e poi della fotografia, il mezzo fotosensibile che materializza il fenomeno della luce, rendendo visibile ciò che non lo è. La luce è diventata allora un materiale, dando libero sfogo a tutte le processi della prima metà del XX secolo: le solarizzazioni di Man Ray o le scritture automatiche di Picasso o Fontana. È diventato un oggetto, in particolare con le luci al neon di Dan Flavin. Gli artisti della seconda metà del XX secolo, emancipandosi sempre più dall’idea di mimesi, si sono rivolti alla questione fenomenologica per mettere in discussione e addirittura alterare le nostre modalità di percezione, giocando sulla le nostre modalità di percezione, giocando sui limiti delle forme sensibili e sulle loro possibili trasformazioni. trasformazioni possibili. L’illuminazione ci permette anche di raccontare storie, di creare ambienti che ambienti che sorprendono o stupiscono, come il “Teatro delle Ombre” di Christian Boltanski o il installazioni di Tim Noble e Sue Webster. È chiaro che il gioco della luce nei tempi moderni non si basa più solo su un’idea di luce. È chiaro che il gioco della luce in epoca moderna non si basa più solo su lampi o tensioni, ma cerca piuttosto di illuminare una molteplicità di letture. Quindi, che sia tecnico o metaforico, l’uso della luce si ritrova in tutta la nostra storia. la nostra storia. Lo accompagna, lo rivela, lo trascende.