Mechitar di Sebaste (1676-1749), il monaco fondatore dell’ordine dei Mechitaristi (IlGazzettino 23.08.21)
VENEZIA – La cronaca lo vide venire al mondo a Sebaste – l’attuale Sivas turca, in Anatolia – come Petros Manuk, il 7 febbraio 1676; la storia lo conosce come Mechitar (dall’armeno Mkhitar, consolatore), e Venezia gli fu di consolazione facendogli dono dell’isola di San Lazzaro, nel 1717 (conosciuta da allora come “San Lazzaro degli Armeni”), che grazie alla sua intuizione è divenuta uno dei più importanti centri religiosi e culturali armeni al mondo: le collezioni del Monastero, dai fondi librari ai reperti archeologici, artistici e scientifici, ne rappresentano la prova tangibile. E la missione della Congregazione Mechitarista, da lui fondata, può essere sintetizzata nella volontà di promuovere una rifioritura culturale e religiosa del popolo armeno.
Ma Venezia – della quale oggi la comunità armena è componente indispensabile e vitale – fu solo la fortunata tappa finale di una vita dedicata allo studio e alla preghiera. Che cominciò molto presto, a quindici anni, quando Petros entrò nel monastero di Surp Nshan, “Santa Croce”, assumendo fin da subito il nome di Mechitar. L’anno seguente, il 1692, mentre era assorto in preghiera in un altro monastero sull’isola di Sevan, ebbe la visione della Vergine Maria, che diede l’impulso decisivo alla sua missione. ispirato dall’idea di creare un ordine dedicato alla ricostituzione spirituale del popolo Armeno attraverso l’elevazione culturale.
A vent’anni, nel 1696, fu ordinato sacerdote e due anni più tardi insignito del grado dottorale di vardapet; da quel momento fu un mistico bruciare le tappe: nel 1700 fondò a Costantinopoli un Ordine di ieromonaci dotti predicatori al servizio del popolo armeno, che dopo la sua morte assunse il nome di Congregazione Mechitarista e che per suo volere fu sempre unita alla Chiesa romana con una forma di spiccata autonomia. Nel settembre del 1701, per sottrarsi alla persecuzione del clero armeno scismatico e a quella delle autorità ottomane presso cui gli scismatici lo accusavano di parteggiare per i Latini, decise di trasferirsi coi confratelli a Modone nel Peloponneso (all’epoca dominio veneziano), dove edificò un monastero con una chiesa.
A Modone Mechitar conobbe diverse personalità veneziane come Alvise Sebastiano Mocenigo, destinato a diventare doge, così come il governatore della Morea Angelo Emo; furono queste conoscenze ad aprirgli la strada per Venezia quando nel 1715 Modone fu conquistata dai Turchi. Due anni più tardi fu assegnata alla Congregazione l’isola di San Lazzaro, allora in stato di abbandono. Mechitar e gli altri religiosi non si spaventarono: iniziarono anzi un paziente lavoro di risanamento degli edifici esistenti e l’avvio dell’edificazione di un nuovo complesso monastico, che incluse anche un allargamento dell’isola e che continuò fino al 1740.
Contemporaneamente fu avviata un’intensa attività editoriale (fino ad alcuni anni fa sull’isola era ancora presente una stamperia armena molto rinomata) che vide lo stesso Mechitar comporre e tradurre testi, almeno una cinquantina, come una edizione della Bibbia in lingua armena, nel 1735, ma anche una grammatica e un dizionario della lingua armena, tra il 1744 e il 1749. Azioni che posero fin da subito la comunità di San Lazzaro degli Armeni al centro della rinascita della letteratura armena in lingua classica, fino a divenire uno dei fulcri più incisivi di promozione della rinascita culturale armena.
Un apostolato al servizio del popolo armeno, fatto anche di raccolta di libri e manoscritti e di restaurazione della lingua e della letteratura armena, che si configura ancora oggi nel senso della promozione umana sul piano spirituale quanto culturale e che rende l’isola della laguna veneziana – dove fu disegnata fra l’altro anche la prima bandiera dello stato Armeno indipendente – un indispensabile presidio di armenologia in Europa, tale da permettere di mantenere salda la cultura armena anche dopo le persecuzioni avvenute in Turchia tra il 1915 e il 1916.
Mechitar di Sebaste si spense il 27 aprile 1749 nella sua isola, a 73 anni, dopo una lunga malattia; fu sepolto nel presbiterio della chiesa di San Lazzaro. È in corso la sua causa di beatificazione da parte della Chiesa cattolica.