Lutto nel mondo della filosofia, scompare Siobhan Nash-Marshall, ha esplorato le origini dei genocidi (Il Messaggero 13.12.24)
E’ scomparsa nella sua casa di New York Siobhan Nash-Marshall, intellettuale, docente di filosofia teoretica al Manhattanville College di New York, autrice di importanti lavori sul genocidio armeno al punto da essere definita la nuova Hanna Harendt per le ricerche filosofiche sulle radici genocidarie. Era malata da tempo e la sua morte ha avuto una grande eco in tutto il mondo, soprattutto all’interno delle comunità armene sparse nel mondo. Poliglotta, parlava diverse lingue, tra cui l’italiano imparato all’Università di Padova e alla Cattolica di Milano, recentemente aveva partecipato ad una cerimonia alla Camera dei Deputati per il conferimento di un premio alla scrittrice Antonia Arslan, autrice della Masseria delle Allodole, il fortunato romanzo che racconta le origini della sua famiglia scampata ai massacri sotto l’allora impero ottomano e pubblicato vent’anni fa. Il lavoro più importante firmato dalla professoressa Nash Marshall è un un volume intitolato “The Sins of the Fathers. Turkish Denialism and the Armenian Genocide” il primo di una trilogia dedicata al cosiddetto “Tradimento della Filosofia” che poi ha portato agli orrori di tutto il Novecento, compresa la Shoah.
E lo spiegava così: «L’Illuminismo cartesiano significa dividere il mondo della ragione da quello materiale, il mondo dell’esperienza da quello del pensiero. Penso dunque sono. L’approccio di Cartesio però è devastante, congiunto successivamente all’Illuminismo e alla Rivoluzione francese. In pratica quando la filosofia cessa di essere amore della sapienza ma progetto demiurgico per cambiare il mondo. Fichte, Herder, Bentham, Hegel, Marx: il pensiero dell’Ottocento – ad eccezione di Antonio Rosmini – ha come scopo precipuo quello di rendere perfetto il mondo. Il genocidio, allora, è giustificato, terribilmente, da una specifica visione del mondo». Tra tutti i genocidi, soprattutto tra quello armeno e quello ebraico, esiste un legame filosofico. E lo stesso Hitler, secondo Nash Marshall, prese a modello l’efficienza turca nel gestire il genocidio armeno, replicando il ‘metodo’ con gli ebrei. In una recente intervista questo intreccio veniva spiegato così: «La politica antiarmena, in Germania, cominciò nel tardo Ottocento, quando una massiccia pubblicistica mostrava l’armeno come ‘l’ebreo d’Oriente’, come ‘il virus’. La Germania aveva mire espansionistiche verso l’Impero Ottomano e interesse nel dileggiare gli armeni. Quanto a Hitler, certo, vide nel genocidio armeno una possibilità realizzata. Se i Turchi ce l’avevano fatta, anche Hitler, allora, avrebbe potuto compiere gli stessi orrori senza particolari pericoli. Le analogie sono agghiaccianti: anche nel nazismo, ad esempio, ha un peso il ‘motivo biologico’ già cavalcato dai Giovani Turchi, in era di darwinismo rampante. I turchi, bravi figliocci del materialismo tedesco e francese, misuravano i crani per dimostrare che erano loro i veri autoctoni di Turchia». Per uscire da questa spirale che Nash Marshall chiamava “il tradimento della filosofia”, occorrerebbe «recuperare la concretezza filosofica, altrimenti – come è già drammaticamente accaduto – ci troveremo a decidere che cosa è umano e cosa non lo è, indipendentemente dalla realtà dei fatti».