L’ombra del Genocidio armeno sulla storia tedesca (TerraSanta 22.08.23)
Il saggio di Stefan Ihrig, storico tedesco che insegna in Israele, mette in luce le connessioni, spesso ignorate, tra la storia tedesca e il Genocidio armeno perpetrato nell’Impero ottomano agli albori del Novecento. Prima, durante e dopo la sua attuazione.
Se non è più in discussione la connessione tra il Genocidio armeno, con cui si aprono i massimi orrori del XX secolo, e la Shoah ebraica, occorrevano però indagini storiche per capire l’importanza che quelle vicende di sangue della Prima guerra mondiale ebbero per la storia tedesca.
Stefan Ihrig, professore di Storia all’Università di Haifa (Israele), colma questa lacuna con un ampio e documentato saggio di agile lettura in quattro parti, di cui la terza costituisce il cuore del libro, «Dibattito sul genocidio». In essa Ihrig si dedica all’impatto che ebbero le notizie del Genocidio sui tedeschi negli anni Venti, quando sia la Germania sia la Turchia si risollevavano dai disastri del conflitto da cui uscivano sconfitti. Ihrig si concentra perciò sul Paese che era stato stretto alleato degli ottomani nella guerra, ma che si era legato a Costantinopoli fin dai tempi di Bismark.
Come scrive l’autore nell’introduzione, questo «non è un libro che intende processare la Turchia. È un libro sulla Germania e sul cammino che la condusse all’Olocausto». La Germania, infatti, non fece tesoro di queste ripercussioni. Neppure I quaranta giorni del Mussa Dagh, il capolavoro letterario di Franz Werfel sull’annientamento degli armeni, che fu straordinario monito lanciato alla vigilia dell’avvento del nazismo, fece breccia.
Ihrig dimostra che il genocidio era ampiamente noto e denunciato fin dal momento della sua commissione, in particolare proprio in Germania, la nazione che presto avrebbe costruito in modo aggressivo sul precedente turco. Nessun governo in Europa era meglio informato di Berlino di quanto avveniva tra Anatolia e Mesopotamia. I diplomatici tedeschi di stanza in Turchia sapevano fin dall’inizio delle «deportazioni» degli armeni e trasmisero molte informazioni in patria. Il resoconto assai dettagliato del missionario protestante tedesco Johannes Lepsius circolò già nel 1916 in ventimila copie e l’autore parlò delle atrocità ai parlamentari del Reichstag.
Certo, la parola «genocidio» apparve solo nel 1944 e non può essere attribuita negli anni Venti al destino degli armeni. Affermare che i funzionari tedeschi erano a conoscenza dei crimini commessi contro gli armeni ottomani non significa automaticamente affermare che fossero consapevoli del carattere genocida di questi crimini. Ihrig dimostra, tuttavia, in modo convincente, che i resoconti tedeschi dell’epoca usavano un vero e proprio «linguaggio del genocidio», descrivendo la carneficina come equivalente allo «sterminio» e all’«annientamento» di un popolo. Völkermord, cioè omicidio di popolo, anticipava il neologismo «genocidio» coniato dal giurista ebreo polacco Raphael Lemkin e circolava nei rapporti delle autorità tedesche.
L’omicidio compiuto in piena Berlino nel marzo 1921 di uno dei principali architetti del genocidio, Talat Pasha, da parte di uno studente armeno, Soghomon Tehlirian, pose la questione agli occhi dell’opinione pubblica. Lo spettacolare processo che ne seguì portò sul banco degli imputati non solo l’autore materiale dell’omicidio, ma la vittima e l’intero regime deli Giovani Turchi. Alla fine, Tehlirian fu assolto, anche se non sono chiare le motivazioni. Il dibattito sui giornali, tra negazionisti del Genocidio e filo-armeni, spesso cristiani, fu acceso. I circoli nazionalisti difesero l’alleato turco: una difesa impressionante se si pensa all’evolvere della storia tedesca di pochi anni dopo.
L’immagine che si diffuse degli armeni fu denigratoria. Benché possa sembrare strano che una nazione europea si allei con una maggioranza musulmana contro una minoranza cristiana, Ihrig ricorda che gli armeni erano visti meno in termini religiosi che in termini razziali, come costituenti un tipo distinto di essere umano. Perciò non è una coincidenza, secondo l’autore, che questo suoni familiare: il libro mette a nudo la «confluenza» tra stereotipi antisemiti tedeschi e antiarmeni.
Lo studio di Ihrig non giunge alla conclusione che i nazisti fossero semplici imitatori dei Giovani Turchi. Ma la Turchia aveva introdotto lo sterminio come un modo in cui un moderno Stato nazionale poteva «risolvere» i problemi posti da una minoranza sgradita. E nel dibattito tedesco, nei decenni precedenti la loro più ambiziosa campagna di genocidio, molti tedeschi di destra avevano risposto con comprensione se non aperta approvazione. (f.p.)
Stefan Ihrig
Giustificare il Genocidio
La Germania, gli Armeni e gli Ebrei
da Bismark a Hitler
Guerini e Associati, 2023
pp. 492 – 35,00 euro