Lo stato più giovane di Coca-Cola e la storica Jujalarim Di Grigor Ghazaryan
di Grigor Ghazaryan e Carlo Coppola
La risposta dell’ambasciatore azero alla dichiarazione dell’Unione Armeni d’Italia è null’altro che ipocrisia, un omaggio al cinema surrealista, una nave dei folli che dondola ancora su un mare di petrolio. Al nostro intervento avrebbe dovuto rispondere, da pari, un’associazione e non, con tutto il peso politico della sua firma, un’ambasciatore, violando così le prerogative di bon ton che gli Azeri, ancora una volta, dimostrano, anche ad alto livello, di poter ignorare: certi che la Farnesina non interverrà a richiamarli. Ma lasciamo correre.
Il suo stato è di 26 anni più giovane della Coca-Cola Company. Dunque, è naturale che il discorso intorno a delle “terre storiche dell’Azerbaigian” risulti un ossimoro all’orecchio di qualsiasi lettore che, nell’atto di ricevere questa informazione, abbia in mano di Coca-Cola fresca, in questa torrida estate. Figuriamoci, per chi ha la benché minima cognizione della storia del Caucaso o della piattaforma eurasiatica in generale, quanto possa risultare strampalata.
Tra le riflessioni che abbiamo fatto a caldo, ci siamo subito chiesti a quale genere letterario ascrivere la risposta dell’ambasciatore. Siamo in un ambito letterario o in quello pseudo-scientifico? Forse meglio il primo, per non offendere né la scienza e neppure le pseudo-scienze relative agli ambiti di Storia e Politica. Ciononostante, qualsiasi persona con conoscenze minime in materia capirà che l’ambasciatore Ahmazada si sia riservato il diritto di trasfigurare la realtà, sublimandola nel proprio ottativo desiderativo della propaganda di parte. Certo è un passo avanti se confrontiamo con le pratiche dei suoi connazionali di offrire sfacciatamente caviale Beluga e bustarelle ai colleghi stranieri per far loro diffondere palesi menzogne sull’Armenia e sugli Armeni in modo accurato e diplomatico.
Non ci inventiamo nulla, ma riferiamo soltanto di un importante caso su tutti all’interno del Consiglio d’Europa datato 2018. Questo scandalo è stato talvolta identificato come “diplomazia del caviale”, e in Italia se ne era parlato principalmente per il coinvolgimento di Luca Volontè, ex parlamentare dell’UdC a lungo influente e visibile nella politica italiana, pagato, secondo i suoi accusatori per far insabbiare dal Consiglio d’Europa una mozione sul rispetto dei diritti umani in Azerbaijan.
Esiste in merito un’ampia pubblicistica riscontrabile anche on line: Articolo #1, Articolo #2, Articolo #3, Articolo #4, Articolo #5, Articolo #6, Articolo #7.
Comunque, si vorrebbe chiedere perlomeno a quali fonti abbia fatto riferimento S.E. l’Ambasciatore durante le sue “meditazioni” sulla storia del Caucaso. Certamente non ad Erodoto e neppure a Senofonte o Strabone, bensì ad una pletora di storici tra cui il prof. Yagub Mahmudov, Direttore dell’Istituto di Storia di ANAS il quale sostiene peraltro che siano gli Armeni a falsificare la Storia, ponendosi come la popolazione originaria del plateau compreso tra l’Anatolia orientale (ossia l’Altopiano Armeno) e il Caucaso, per portare avanti le sue rivendicazioni. Inutile dire che gli Armeni sono stati pressoché ovunque nel mondo antico e, sia che si identificassero, a seconda dei casi come basileus greci o satrapi persiani, si mantennero sempre riconoscibili in quanto figli di Hayk in tutte le parti del mondo, in cui mettevano piede..
Inoltre, non parliamo del conflitto del Nagorno Karabakh, ma del diritto internazionale, dei diritti umani. Parliamo di un’ampia campagna diffamatoria contro i giornalisti e attivisti dissidenti tra cui la signora Khadija Ismayilova, oggetto di una lunga persecuzione, di cui varie sentenze di tribunali internazionali hanno stabilito la lesione dei più elementari diritti da parte dell’Azerbaigian . O dell’avvocato Rasul Jafarov, che come molti attivisti per i diritti umani nel mondo hanno denunciano tentativi di hackeraggio provenienti dagli ottimi informatici al servizio di Baku.
Non parliamo di alcuna secessione e neppure dell’aspirazione della parte azera di impadronirsi dei cosiddetti territori “storici” dell’Azerbaijan, pari solo a quelli che l’Azerbaijan stesso può vantare sul pianeta Marte, che come è noto è sempre stato di pertinenza dell’Azerbaijan. Qui si parla del diritto all’autodeterminazione dei popoli – un diritto adottato dalla stessa Azerbaijan per proclamarsi una repubblica indipendente dopo il crollo dell’Unione Sovietica.
Non parleremo neppure dei tragici fatti di Sumgait in cui furono epurati tutti gli Armeni che vivevano nell’Azerbaijan, per diversi giorni, con stupri etnici e massacri paragonabili nel recente passato solo alle stragi di Srebrenica.
Ci chiediamo, ancora, perché venga continuamente ignorato il principio morale di NON RISCRIVERE o REINVENTARE la Storia della regione del Caucaso. Secondo quanto sembra affermare l’Ambasciatore Azero, le fonti degli storici più illustri al mondo fin dall’antichità per la diffusione del pensiero e della metodologia, non sono autorevoli quanto una élite di storici eterodiretti e al soldo dalla dinastia degli Aliyev. Questa élite di storiografi non solo nasconde palesemente i “fatti relativi al trasferimento di Armeni nel Caucaso del Sud”, e quelli inerenti al genocidio culturale tutt’ora in corso in aree come il Nakhichevan, ma probabilmente si riservano anche il diritto di riscrivere la storia di tutto il mondo per esaltare la centralità della famiglia Aliyev rispetto al Creato stesso.
In questo modo l’Azerbaijan, che prima del 1918 non si trovava sulla mappa del mondo (a meno che non voglia essere identificato con l’Albania Caucasica, Arran o Aterpatakan), potrebbe presentarsi al mondo con una nuova iniziativa per il XXI secolo – quella di fondare un’Istituto Internazionale di Pseudo-Scienze e Storiografia Ad-hoc. In tale contesto, forse solo la canzone azera “Jujalarim” rimarrebbe un punto di riferimento veritiero, ancora inquadrabile in una visione della Storia reale di un popolo che soffre ancora sotto il giogo di un’ideologia militaristica-terroristica, mirata alla realizzazione di un continuo lavaggio del cervello.
Non ci sorprenderemo, quindi, se qualcuno ascolterà “Jujalarim” sorbendo una di Coca-Cola ghiaccia, in questa torrida estate, associando fatti e arte-fatti storici, fuori dal contesto della pseudo-scienza degli Aliyev.