L’Italia non tradisca l’Armenia (Tempi 15.06.23)
Nel 1989 ha volato in Armenia un aereo militare italiano, il G222, carico di aiuti umanitari inviati agli armeni dopo che il loro territorio era stato devastato da un terrificante terremoto che ha causato danni per un terzo dell’Armenia e innumerevoli vittime. Gli italiani della Protezione Civile son stati accolti come fratelli salvatori. Gli italiani hanno inviato un importante contributo in denaro e hanno costruito un villaggio intero, “il Villaggio Italia”, ancora oggi abitato. L’Italia è sempre stata amica degli armeni fino dall’antichità. Paese cristiano dalle origini, l’Armenia nel 301 ha adottato il cristianesimo come religione di Stato, elemento di fondo dell’identità nazionale armena. Gli armeni e gli italiani si sono sempre ritrovati dalla stessa parte della storia, anche durante il genocidio del 1915 ad opera del governo ottomano dei Giovani Turchi. Negli ultimi anni molti trattati di collaborazione sono stati stipulati fra l’Italia e l’Armenia. Per gli italiani che si recano in Armenia non è richiesto alcun visto e numerose aziende italiane operano in Armenia.
Oggi si viene a sapere che l’Italia, tramite la sua industria di Stato Leonardo Finmeccanica, vende aerei militari Spartan C27, l’evoluzione moderna del G222, perfetti per la tormentata geografia montuosa del Caucaso, all’Azerbaigian in conflitto con l’Armenia per la questione del Nagorno-Karabagh. Finché si trattava di accordi commerciali come quelli sui gasdotti, per esempio il TAP che fa giungere in Italia energia dall’Azerbaigian, gli armeni in Patria e in diaspora potevano comprendere: si trattava di essenziale approvvigionamento energetico. Ma fornire materiale militare ad una parte belligerante mentre sono in corso trattative di pace fra l’Armenia e l’Azerbaigian, oltre ad essere internazionalmente vietato (Art.51 della Carta delle Nazioni Unite), è politicamente scorretto, e significa di fatto sostenere una delle due parti in causa.
Cosa è successo nel frattempo? Perché e come è nato questo sovvertimento di orientamenti? Come è possibile che nel giro di pochi anni sia prevalso in Italia, da sempre vicina agli armeni, una decisione che non valuta le conseguenze di questo supporto militare? Consapevoli dell’importanza strategica della sicurezza energetica di ogni paese e del profitto legato alla vendita di armi, ci si interroga se una strada diversa non sia possibile.
Il Governo Italiano e parte dell’opinione pubblica sono a conoscenza e talvolta hanno denunciato l’armenofobia, le continue minacce e l’aggressione del Governo dell’Azerbaigian contro gli armeni nella Repubblica di Armenia, nel Nagorno Karabagh e talvolta anche in diaspora. Sarebbe il momento che voci autorevoli in Italia e in Europa si levassero per favorire accordi di pace e a sostegno di un popolo che sta andando incontro ad un nuovo genocidio. I segni premonitori del male estremo sono tutti presenti e la sua prevenzione passa attraverso scelte politiche coraggiose capaci di conciliare il realismo politico e le necessità economiche, con il rispetto della vita umana, del valore del dialogo e della diplomazia per la riconciliazione tra i popoli.
Viviamo tempi in cui la verità è spesso la grande assente nel fluire della storia, tempi del “distogliere lo sguardo” dalle realtà complesse. Il compito delle democrazie liberali come l’Italia, insieme con l’Europa, è quello di non far prevalere a tutti i costi, nei rapporti con gli stati autoritari, con le “democrature”, i soli interessi strategico-economici. L’unione di intenti delle democrazie liberali dovrebbe tentare di imporre e ottenere, pur all’interno di necessari partenariati economici ed energetici, un cambiamento di prospettiva e una pacificazione, a salvaguardia dell’umano che è nell’uomo.
Pietro Kuciukian
Console onorario dell’Armenia a Venezia