Libano: Minassian (patriarca degli armeni), “sono ore drammatiche. Ai leader chiediamo coscienza” (AgenSir 19.08.24)
“Sono ore drammatiche. Sempre in tensione. Il conflitto si allargherà o potremo continuare a vivere in pace? È quindi una guerra dei nervi”. È Sua Beatitudine Raphaël Bedros XXI Minassian, patriarca di Cilicia degli Armeni, a raccontare al Sir da Beirut come il Libano stia vivendo queste ore “decisive” per trovare un accordo in grado a porre fine ad un conflitto che sta di giorno in giorno lasciando con il fiato in sospeso l’intera regione. “Siamo distrutti in tutti i sensi”, dice Minassian, facendo riferimento alla situazione in cui versa il Libano. “Socialmente, economicamente e ora anche la sicurezza non esiste più. Se usciamo di casa, non sappiamo se torniamo. La paura è un sentimento umano”, racconta Minassian che aggiunge: “Quanto sta accadendo in Palestina ricorda quanto successe al popolo armeno. Tutti erano presenti. Tutti vedevano quanto stava accadendo ma nessuno ha fatto niente e abbiamo perso più di un milione e mezzo dei martiri armeni cristiani”.
Hamas e Israele si accusano a vicenda sul fallimento dei negoziati a Doha. “Questo dimostra – osserva il patriarca – la contraddizione che c’è tra il dire e il fare. Tutti dicono di essere pronti ad una tregua, ma allo stesso tempo si rafforzano gli armamenti. Noi guardiamo e non riusciamo a capire se dobbiamo credere alle parole che pronunciano o ai fatti che poi mettono in campo”.
Intanto, il presidente americano Joe Biden ha detto che una tregua a Gaza è “ancora possibile” e in queste ore il segretario di Stato americano, Antony Blinken, è in Israele per riportare a casa gli ostaggi, ottenere un cessate il fuoco e rimettere tutti “sulla strada migliore per una pace e una sicurezza durature”.
Di fronte a questo momento così cruciale, Minassian lancia un appello: “La guerra mostra una sola cosa: la debolezza della mentalità dell’uomo. La sua incapacità a discutere, a mettersi in colloquio con l’altro per trovare una via che renda possibile la riconciliazione, la giustizia, il rispetto dell’umanità. E allo stesso tempo, la guerra è un atto contro Dio perché non siamo noi i padroni della vita umana. Ma noi stiamo facendo di tutto per distruggere questa norma divina. Il mio appello è molto semplice: cerchiamo di dare il diritto a ciascuno di vivere in una pace degna dell’umanità. È il grido semplice che sale dai popoli. Non vogliamo la guerra e chiediamo ai leader di trovare soluzioni che possono andare bene a tutte le parti”. Il patriarca è convinto che queste parole possono raggiungere i cuori dei “potenti”, di “chi ha la responsabilità di determinare, in queste ore, il destino di un’intera Regione. Sicuramente c’è la possibilità di toccare i loro cuori”, sottolinea il patriarca degli armeni. “Basta che si mettano per un attimo davanti allo specchio e si chiedano: ‘Cosa sto facendo, cosa voglio di questa vita?’. E, se hanno una coscienza ancora viva in loro, sicuramente trovano la risposta”.