Letture, a spasso per la laguna di Venezia (Acistampa 26.07.24)
Cullati dallo sciabordio delle onde contro i fianchi dello scafo – sia esso un vaporetto, un motoscafo, un barchino – davanti agli occhi dei viaggiatori si apre uno spettacolo che colma di stupore: un’isola piccola e stretta, ricca di vegetazione, che sembra miracolosamente sorgere dall’acqua e da cui svetta un campanile che punta verso il cielo terso. Qualcosa di remoto e contemporaneamente di presente, fuori dal tempo.
Il campanile annuncia la presenza di Santa Maria Assunta, nell’isola di Torcello, nella laguna di Venezia. Un gioiello che testimonia la viva fede di origini antichissime, nel periodo paleocristiano, che in questo luogo unico ha messo radici profonde.
Dobbiamo tornare indietro di oltre 1500 anni, fino al 639 dopo Cristo quando la chiesa viene eretta su ordine dell’Esarca di Ravenna Isacio, per dare una nuova sede alla cattedra episcopale di Altino. L’anno prima, infatti, proprio nel centro di Turricellium, il vescovo Paolo aveva trovato rifugio dall’invasione dei Longobardi, che stavano imponendosi dall’Italia del Nord verso buona parte della provincia italiana dell’ex impero romano; il vescovo aveva portato con sé il tesoro e le reliquie della diocesi, per poter assicurare loro, oltre che la salvezza dalle mani degli invasori, anche un luogo degno di accoglierle.
Da questa storia di fughe, violenze e insieme di speranze, nasce una nuova vita: bellezza di architetture, dipinti e soprattutto di sfavillanti mosaici, frutto dell’eredità preziosa della civiltà bizantina. Un ciclo di arte musiva, tra l’XI e il XII secolo, tra i più importanti d’Italia. La contemplazione è d’obbligo, si potrebbe dire, soprattutto dinanzi alla forza e alla grandiosità della tremenda visione del Giudizio Universale.
Il pellegrinaggio può continuare a lungo, attraverso luoghi imponenti o più nascosti, illustri o poco conosciuti, ma ugualmente segnati dall’impronta dello Spirito. Sembra strano parlare di Venezia e della sua laguna seguendo itinerari di questo genere, quando praticamente ogni giorno se ne discute, invece, come simbolo universale della piaga dell’overtourism. Possibile che in uno dei posti più frequentati del pianeta, flagellato da torme urlanti, ciabattanti, rigurgitanti di cibo-spazzatura siano custoditi spazi di contemplazione e di rigenerazione spirituale? Sì, è possibile. Magari scegliendo periodi meno inflazionati dei mesi estivi, ma su cui proprio adesso ci si può mettere a organizzare un itinerario “alternativo”, o anche solo immaginarlo, sognarlo.
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Due libri appena giunti in libreria invitano a farlo. Si tratta di Andar per isole nella laguna di Venezia di Monica Cesarato, e di Campanili a Venezia di Fabio Rizzardi. La prima è una guida per esplorare la laguna e le isole che danno vita ad un ecosistema esemplare. L’autrice offre la descrizione di 49 isole vere e proprie, raggiungibili solo via acqua con vaporetti e imbarcazioni: molte sono abitate, con una vita sociale anche vivace, altre sono abbandonate e selvagge, ma tutte portano ancora le testimonianze di un passato comune, con una vocazione alla vita religiosa, tutte sono connesse dall’ambiente peculiare fatto di fondali, velme e barene. E per tutte esiste una lunga tradizione fatta di racconti, leggende e mille protagonisti della storia. Pensiamo a San Lazzaro degli Armeni, definita la piccola Armenia nella laguna; del resto Venezia è stata sede di una importante e florida comunità armena. E l’isola è davvero uno dei più suggestivi rifugi dell’anima. Lord Byron, uno dei più illustri ospiti del monastero armeno, lo ha descritto come un lugo che fa credere che “persino in questa vita ci sono cose diverse e migliori”. Quello che stupisce a chi arriva rigorosamente via mare, è la sobria armonia dell’architettura degli edifici, dei giardini, ma anche il silenzio e l’aria di pace che invitano ad entrare in una dimensione “parallela”. I corridoi lunghi, e custodi nell’ombra silenziosa, introducono alla scoperta di un vero tesoro, gelosamente custodito da tre secoli dai padri armeni, qui rifugiati fuggendo dall’ennesima persecuzione a cui da sempre questo popolo pacifico, creativo è soggetto. Un popolo saldo nella fede: è ciò che caratterizza l’intera sua storia. Dal primo annuncio cristiano, che la tradizione attribuisce agli apostoli Bartolomeo e Taddeo, le vicende degli armeni sono totale testimonianza di fedeltà a Cristo, anche a prezzo della vita. Come ricorda la bellissima tela del Carpaccio, esposta nelle sale delle Galleria dell’Accademia, dedicata ai diecimila martiri del Monte Ararat, che si fecero crocifiggere piuttosto che rinnegare la propria fede.
E poi San Francesco nel Deserto, il piccolo lembo di terra tra le acque quiete lagunari, dove il grande santo si sarebbe fermato nelle sue peregrinazioni, fondandovi un convento che ancora oggi accoglie coloro che sono desiderosi di preghiera e di solitudine.
Anche i campanili sono una traccia evidente da seguire a Venezia. Sono ben 117, di epoche molto diverse fra loro e dalle forme più disparate. Formano una sorta di mappa tessuta tra cielo e terra, per raccontare storie particolari. Visto che non si può camminare per aria, ma con lo sguardo all’insù (pur con qualche cautela) l’autore ha elaborato dieci itinerari: nove in città e uno nelle isole, che potranno donare una visione d’insieme di questi inusuali punti di vista. Ci sono da considerare anche i campanili scomparsi, quelli crollati, come il campanile di San Benedetto, nel 1540, che ricorda da vicino quello arcifamoso di San Marco nel 1902.
Torniamo in laguna, da dove si è partiti con l’approdo a Torcello, per contemplare un campanile di Sant’Angelo nell’isola di Mazzorbo, a ovest della ben più nota e frequentata Burano alla quale è collegata da un ponte. Un altro luogo a prima vista irreale e sorprendente: un pezzo di campagna veneta, ricca di orti, di campi, di aie popolate da galline e galli, oche, anatre…Qui un tempo sorgevano molti luoghi di culto, monasteri, eremitaggi, in grado che ha impresso un’impronta indelebile. Accanto a qualche ristorante di fama ea gruppi di caratteristiche casette colorate, si aprono spazi disabitati, silenziosi, selvaggi, in cui il pensiero si perde e prende respiro, vagando nell’aria tersa come un placido veliero in viaggio verso l’Ignoto.