Le evoluzioni statuali e i conflitti irrisolti della regione caucasica. Recensione della pubblicazione scientifica “Building and Conflict Resolution in the Caucasus” di Charlotte Hille (Ossrevatorio Balcani e Cuacaso 27.07.20)
Vale la pena rispolverare o scoprire le vicende politiche del Caucaso attraverso l’agile lettura di State Building and Conflict Resolution in the Caucasus , di Charlotte Hille. Pubblicata per la prima volta nel 2010, mai tradotta in italiano, la trattazione presenta il già raro merito di considerare il Caucaso come unica regione, quindi spazia nella ricostruzione delle vicende sud e nord caucasiche integrandole e correlandole ove possibile.
Il confine fisico e il diverso sviluppo post-sovietico fra nord e sud Caucaso porta infatti buona parte degli studi a concentrarsi su una delle due regioni: o le repubbliche facenti parte della Federazione Russa a nord della catena caucasica (Adighea, Cabardino Balcaria, Carachaevo-Circassia, Cecenia, Daghestan, Ingushezia, Ossezia del Nord,) o le repubbliche indipendenti di Armenia, Azerbaijan e Georgia. Questo approccio, frutto di una esigenza di sintesi, limita la comprensione di fenomeni transcaucasici che sono sia storici, come la comune permanenza nella statualità russa prima zarista poi sovietica, sia sociali che culturali, come per esempio la rilevanza del sistema clanico nella società.
Lo state building
È proprio con l’analisi del sistema clanico che si apre il testo, nel capitolo dedicato a una panoramica del Caucaso. Oltre le note geografiche, storiche, linguistiche e sociali, viene approfondito il ruolo dei clan e come essi si inseriscono nella costruzione dello stato, con un approfondimento sulla Cecenia, ma che spazia anche verso la Georgia e tratteggia il ruolo della donna, della legge, dell’onore e del rapporto con le istituzioni.
Per quanto riguarda la ricostruzione storica della nascita delle forme statuali caucasiche, si parte dal IV secolo. Si tenga presente nell’affrontare il testo che questa è una trattazione di scienza politica, non un testo di storia. Per cui non si trovano attente ricostruzioni di vicende e personaggi quanto piuttosto una presentazione di evoluzioni statuali e della relativa produzione normativa, soprattutto dal momento che la genesi degli stati hanno portato all’adozione della Legge Fondamentale, appunto la Costituzione.
Proprio sulla riflessione su cosa è e come si costituisce uno stato è dedicato il secondo capitolo, il più teoretico del libro, che va dai criteri della Convenzione di Montevideo ai parametri della Commissione Badinter istituita in seno europeo per far fronte alla secessione sovietica e stabilire chi poteva essere riconoscibile.
Conflict Resolution
Strettamente legato al discorso del riconoscimento c’è infatti la questione dei conflitti che sono esplosi alla dissoluzione dell’URSS. Il Caucaso è percorso da irrisolte dispute storico-territoriali frutto delle mutazioni politiche degli ultimi due secoli: l’effetto della russificazione, degli ingenti travasi demografici, delle deportazioni e degli esodi, nonché della fase di indipendenza fra la prima dominazione russa – gli anni della guerra civile che portano dalla monarchia pietroburghese alla repubblica sovietica moscovita – delle nuove geografie umane del periodo sovietico e della seconda guerra mondiale, per finire con la disgregazione dell’ordine sovietico, collassato proprio quando stavano nascendo i primi strumenti legali di compensazione per le deportazioni, e una nuova tendenza nel rispetto dei diritti delle autonomie dei popoli. Il testimone per la soddisfazione per le violazioni subite è passata ai governi post-sovietici che non sempre hanno saputo come gestire le rivendicazioni ereditate da uno stato scomparso verso cui si erano maturate letture differenti in area caucasica.
Tutti questi fenomeni si sono concretati in un’area di estrema complessità e hanno portato alla rottura periodica di equilibri provvisori, con tizzoni ardenti a volte rimasti a covare sotto le ceneri della repressione, a volte esplosi in guerre.
Nella ricostruzione delle vicende caucasiche è proprio sulle guerre che il testo di Charlotte Hille si fa più puntuale. La guerra è un passaggio importante nella nascita delle identità caucasiche: per esempio guerrieri come Shamil, Uzun Haci che invitto 89enne fonda l’Emirato del Caucaso del Nord, la guerra per Prigorodny svolgono un ruolo importante nel senso di nazionalità cecena, e nei progetti di stato cui vi si ambisce.
Le guerre del Caucaso
Non solo per la Cecenia, tristemente nota per i conflitti che l’hanno dilaniata dopo la fine dell’URSS, la scelta dell’autrice è di trattare i territori sulla base dei confini frutto di guerre, non in base alle peculiarità fisiche o storico-culturali. Si inizia quindi la trattazione più dettagliata delle nuove geografie politiche del Caucaso da inizio dell’800 e ci si sofferma più approfonditamente sul periodo 1917-1921, quello della fase di autonomia dal controllo russo quando hanno preso forma conflitti tutt’ora irrisolti. Le guerre locali che si sono inserite nel conflitto mondiale, nella guerra civile, per il Karabakh, la condizione dell’Abkhazia, dell’Ossezia, ma anche i conflitti per Lori e Akhalkalaki, del Nakhichevan, la questione dell’accesso al Mar Nero e il controllo del porto di Batumi, le guerre armeno-turche, ma anche prodotti di pressioni geopolitiche, come la scomparsa Repubblica del Sud Ovest Caucasico voluta dalla Turchia, sono pezzi di un affresco novecentesco senza i quali non si può leggere il Caucaso di oggi.
Dall’URSS al post
Il testo si muove agilmente nel quadro degli accordi che hanno portato gli attori locali, Russia, Turchia, Iran, a concordare l’attuale distribuzione territoriale del Caucaso, per quanto dal 2008 la Russia abbia cominciato a mettere in discussione l’assetto che la regione aveva assunto dagli anni ’20, con il riconoscimento dei secessionismi georgiani.
Oltre a una non approfondita ma chiara ricostruzione geopolitica, il testo di Charlotte Hille offre una cronaca di vicende e presidenze post-URSS. Per ognuna delle Repubbliche nord e sud caucasiche si ripercorrono i principali eventi politici e protagonisti elettorali o ad incarico da parte del governo centrale. Queste cronologie per paese rappresentano un strumento chiaro e sintetico per ripercorrere il periodo post-sovietico, e se anche non sono precise ed esaurienti della varietà locale sicuramente guidano il lettore attraverso un’analisi compilativa di sicura efficacia.
Un intero capitolo, il quattordicesimo, è dedicato a cosa significhi essere stato oggi, e alla dimensione internazionale del riconoscimento. Questo tema che ricorre nel testo in più occasioni, declinato in base ai vari periodi storici e gradi di autonomia delle varie entità politiche e.g. la Transcaucasia rispetto alla Russia Sovietica, viene contestualizzato nel quadro delle Organizzazioni Internazionali, dall’ONU, al Consiglio d’Europa, all’OSCE, all’UE, alla NATO, alla Black Sea Economic Cooperation, al GUAM. Qui come altrove l’autrice compila un rapido elenco che è un buon promemoria per chi conosce approfonditamente la regione, e un ottimo punto di inizio per chi la vuole conoscere meglio.
Non ultimo: trovano nel testo uno spazio anche le varie organizzazioni non governative e il loro ruolo.
Un testo consigliato per una visione schematica ma – nei ragionevoli spazi di circa 350 pagine – completa di un mosaico inesauribile come il Caucaso.