L’Armenia volta pagina, Pashinyan eletto premier (Lastampa.it 08.05.18)

Missione compiuta per Nikol Pashinyan. Il leader della Rivoluzione di Velluto è stato eletto primo ministro dal Parlamento dell’Armenia riunito in seduta straordinaria. Viene così sancito il pieno successo delle rivolte pacifiche iniziate un mese fa a Yerevan per scongiurare il rischio che l’ex presidente Serzh Sargsyan detenesse il potere a vita. Un evento storico per l’Armenia, che comunque secondo gli esperti resterà saldamente nella sfera di influenza del Cremlino.

Decine di migliaia di persone festeggiano in Piazza della Repubblica, nel cuore della capitale. Molti indossano una maglietta bianca come simbolo della loro speranza che con Pashinyan premier si apra una nuova pagina della storia armena. I sostenitori dell’ex giornalista agitano palloncini rossi, blu e arancioni – i colori della bandiera nazionale – ed esultano lanciando in aria palline di neve. A Yerevan ci sono 16 gradi, ma la neve l’hanno portata apposta dalle montagne vicine con un camion per fare festa.

Meno corruzione, meno povertà, elezioni libere: è questo ciò che chiedono i sostenitori di Pashinyan. Ed è per questo che da metà aprile riempiono (e bloccano) le vie delle principali città armene. Il primo risultato, il più importante, lo hanno raggiunto il 23 aprile, quando Serzh Sargsyan è stato costretto a dimettersi da premier appena sei giorni dopo essersi insediato a capo del governo. Sargsyan è stato presidente per un decennio, dal 2008 al 9 aprile di quest’anno. Nel 2015, sapendo che finito il secondo mandato consecutivo da capo dello Stato la Costituzione gli impediva di ricandidarsi, ha indetto un referendum – marcato da irregolarità – per trasferire, a partire da quest’anno, tutta una serie di poteri dal presidente al Parlamento e al primo ministro. Carica che ha poi prontamente riservato a se stesso subito dopo aver lasciato il palazzo presidenziale.

Sargsyan non aveva però fatto i conti con la rabbia popolare, magistralmente sfruttata da Nikol Pashinyan. Il nuovo premier, deputato e leader della coalizione liberale Yelk (‘Esodo’), esattamente una settimana fa si era visto respingere la candidatura a capo del governo. Ma i suoi simpatizzanti hanno reagito bloccando strade, ferrovie e metropolitana, e hanno così spinto il Partito Repubblicano di Sargsyan a fare dietro front e votare oggi per Pashinyan primo ministro pur di favorire una soluzione alla crisi politica. Metodi chiaramente poco ortodossi quelli del leader delle piazze, che però assicura che il suo incarico non durerà molto: tre o sei mesi – spiega il suo portavoce – giusto il tempo di traghettare l’Armenia verso le urne e “organizzare elezioni” parlamentari anticipate che siano “oneste”.

Pashinyan è arrivato alla poltrona di primo ministro seguendo un percorso lungo e irto di difficoltà. Nel 1995 fu espulso dall’università per la sua attività politica. Nel 2004, quando era direttore del giornale Haykakan Zhamanak, la sua auto venne fatta saltare in aria in quello che pare essere stato un tentativo di farlo fuori. Nel 2008 dovette nascondersi per mesi perché accusato di aver istigato le proteste contro l’elezione di Sargsyan alla presidenza in cui morirono dieci persone. Arrestato nel 2009, nel 2010 fu condannato a sette anni di reclusione, ma l’anno dopo tornò in libertà per un’amnistia. Dietro le sbarre Pashinyan c’è tornato poche settimane fa, ma per poco: arrestato il 22 aprile, nel pieno delle proteste e dopo aver chiesto di persona a Sargsyan di dimettersi, è stato scarcerato nel giro di 24 ore.

Il nuovo premier, che in piazza si fa ritrarre con addosso una maglietta mimetica e i suoi detrattori accusano di essere un populista, dovrà ora affrontare altre sfide. Innanzitutto il Parlamento è dominato dai suoi avversari del Partito Repubblicano, che oggi gli hanno concesso solo 11 voti dei 58 a loro disposizione: tanto quanto bastava per superare lo stallo politico e “garantire stabilità al Paese”. Pashinyan è stato eletto primo ministro con 59 voti a favore e 42 contrari. Dal punto di vista geopolitico non dovrebbe cambiare molto. Oggi in Parlamento il leader della Rivoluzione di Velluto ha ribadito “la priorità” dell’alleanza con la Russia, che in Armenia ha due basi militari. Yerevan fa inoltre grande affidamento su Mosca come garante nel conflitto del Nagorno-Karabakh tra armeni e azeri. Non per niente Pashinyan incontrerà molto presto Putin: già il 14 maggio, a Sochi, nell’ambito di un summit dell’Unione economica eurasiatica guidata da Mosca.

Vai al sito


L’Armenia volta pagina, eletto il nuovo premier (Repubblica.it 08.05.18)

EREVAN – L’Armenia volta pagina: il leader carismatico dell’opposizione, Nikol Pashinyan, è stato eletto primo ministro dal Parlamento dell’ex repubblica sovietica nel Caucaso meridionale, mettendo fine a tre settimane di proteste che avevano portato alla fine del lungo “regno” di Serzh Sargsyan. Il 42enne ex giornalista è stato votato da 59 deputati su 101, sei in più di quelli di cui aveva bisogno per approdare alla guida del governo.

Nella precedente votazione del primo maggio, a Pashinyan erano mancati i voti del Partito repubblicano di Sargsyan ma a sbloccare la situazione è stata la minaccia di uno sciopero generale. Il presidente russo, Vladimir Putin, è stato tra i primi a congratularsi con il neo-premier e gli ha assicurato che non romperà il saldo legame con Mosca di questo Paese di tre milioni di abitanti a maggioranza ortodossa.

L’Armenia festeggia la rivoluzione civile di Nikol Pachinian – il reportage dal nostro inviato Pietro Del Re

Pashinyan, ottimo oratore, ha coronato così la “rivoluzione di velluto” iniziata nel 2008 e culminata nella protesta che da metà aprile aveva paralizzato le strade della capitale Erevan e in cui erano rimaste ferite 46 persone. Alla fine il premier Sargsyan, accusato di manipolare la Costituzione per restare aggrappato al potere, si era dimesso il 23 aprile.


Pashinyan premier dell’Armenia, la piazza ha sconfitto Sargsyan (Ilmanifesto.it 08.05.18)

Giornata storica quella di ieri per l’Armenia. Con 59 voti a favore Nikol Pashinyan è stato eletto dal parlamento primo ministro. Si conclude così positivamente la crisi politica iniziata quasi un mese fa.

Pashinyan, 43 anni, ha alle spalle un passato da giornalista e attivista dei diritti umani. Entrato in politica nel 2008 come leader dell’opposizione al partito repubblicano al potere, era stato condannato per le sue ripetute azioni di disobbedienza civile a sette anni di prigione, poi amnistiato nel 2010.

In queste ultime settimane è stato alla testa del grande movimento contro la corruzione e la riforma della costituzione che avrebbe permesso a Serž Sargsyan, leader del partito repubblicano, di restare a capo del paese anche dopo la fine dei due mandati presidenziali previsti. Il neo premier malgrado le forti tensioni accumulatesi in un mese di manifestazioni e scioperi è riuscito, come aveva promesso, a mantenere la mobilitazione popolare in un quadro pacifico, quasi da happening.

Come l’altro ieri notte, quando la rockstar di origine armena Serj Tankian, attivista ecologista e sostenitore di Bernie Sanders, è atterrato a Erevan per sostenere Pashinyan, provocando scene di grande entusiasmo tra i giovani. Anche al Cremlino grande soddisfazione per com’è evoluta la situazione.

Dopo i primi tentennamenti, Pashinyan ha confermato che l’Armenia resterà nell’Unione Euroasiatica, mentre le basi militari russe resteranno al loro posto almeno fino al 2042 come da accordi stipulati nel 2010. Vladimir Putin, subito dopo il voto, ha chiamato Pashinyan dichiarandosi «convinto che la sua attività alla testa del governo rafforzerà l’amicizia e la partnership tra i nostri due paesi».

Nel discorso di investitura Pashinyan ha confermato che «si batterà per mettere fine al regime oligarchico» e ha promulgato subito un decreto in cui si chiede all’Fbi di far rientrare i capitali esportati illegalmente negli Stati uniti da esponenti del governo.

I problemi che il nuovo premier dovrà affrontare sono molti. Il piccolo paese caucasico dopo il crollo dell’Urss si è inabissato in una crisi economica e sociale profonda. Il reddito medio annuo armeno non supera i 3.200 euro l’anno (in gran parte prodotto dalle rimesse e donazioni della diaspora mondiale armena) mentre petrolio e gas vengono sussidiati da Mosca.

Sul piano internazionale, oltre ai rapporti di pessimo vicinato con la Turchia che continua a negare pervicacemente il genocidio del 1915, resta aperto il contenzioso del Nagorno-Karabach in seguito al conflitto armeno-azero del 1994. Domani il nuovo premier si recherà proprio nel Nagorno-Karabach per festeggiare l’anniversario della Grande Guerra Patriottica sovietica.

«Non ci può essere soluzione di questa crisi senza il coinvolgimento della popolazione del Nagorno-Karabach», ha sostenuto ieri Pashanyan, provocando una piccata reazione azera: «Cambiano i governi ma l’Armenia non cambia la sua politica», ha dichiarato il ministero degli esteri di Baku.


Armenia: il leader dell’opposizione Nikola Pashynian è il nuovo premier (Euronews 08.05.18)

È Nikol Pashinyan dunque il nuovo primo ministro armeno. Questo potrebbe riportare la calma in un paese da settimane nel caos.

Pashinyan è un ex giornalista leader del partito Contratto Civile. Ha ottenuto 59 voti a favore e 42 contro. La maggioranza era di 53 voti. Pashinyan ha 42 anni ed era l’unico candidato al posto lasciato vacante dalle dimissioni dell’ex premier Serzh Sarkissian che aveva abbandonato l’incarico un paio di settimane fa. Quello stesso Sarkissian che era stato presidente per 10 anni. Era stato nominato primo ministro appena il 17 aprile.

L’elezione di Pashinyan è un cambiamento sostanziale soprattutto dopoché, con la riforma costituzionale del 2015 il premier nel paese che confina fra l’altro con Turchia e Iran, è diventato più importante dello stesso presidente.

Lotta alla corruzione, nuova legge elettorale ed elezioni. È il programma di massima del neo premier Nikol Pashinyan eletto questo martedì. La notizia era nell’aria da giorni ma era stata inizialmente ostacolata dal Partito Repubblicano del dimissionario Sargsyan, che però ha ceduto dopo che era stato organizzato uno sciopero generale.

Tra i leader del Congresso Nazionale Armeno, partito liberale di opposizione fondato nel 2008 dal primo presidente del paese, Levon Ter-Petrosyan. Fino a pochi anni fa era un personaggio quasi sconosciuto, ma in poco tempo è diventato il volto più visibile delle opposizioni, guidando le proteste che erano cominciate intorno alla metà di aprilecontro la decisione di Sargsyan di farsi eleggere primo ministro nonostante avesse promesso il contrario.

Pashinyan ha anche approfittato del crollo del suo rivale Sargsyan che in pochi mesi si è giocato i suoi alleati.


L’Armenia ha vinto e Nikol Pashinian è il primo ministro (Il Foglio.it 08.05.18)


«Per l’Armenia è un nuovo inizio», ci spiega il presidente Sarkissian (Eastwet.eu 08.05.18)

Oggi il parlamento ha nominato come premier il leader della protesta Pashinyan. «La via è quella del cambiamento democratico» ci dice in questa intervista il presidente della Repubblica. Che puntualizza: «Russia e Occidente non c’entrano, questa è una questione armena».

Erevan – Per l’Armenia quelle di oggi sono state ore decisive. Il Parlamento ha scelto il nuovo premier. E dopo qualche giorno di tregua concordata, il movimento per la democrazia si è presentato di nuovo in piazza a Erevan, la capitale, pronto a festeggiare la nomina del suo leader Nikol Pashinyan alla guida del Paese. O a far ripartire la protesta, in caso di colpi di scena. Ma il voto positivo è arrivato, e  in pizza dell’Indipedenza è scoppiata la festa.


LEGGI ANCHE : Il senso dell’Armenia per la piazza


Per Pashinyan molte sono le incognite, a partire dal fatto che il suo esecutivo si reggerà con i voti del Partito repubblicano, il pilastro del regime guidato fino a pochi giorni fa da Serzh Sarksyan. È ben possibile che sarà una coalizione dalla vita breve, che avrà il compito di traghettare l’ex repubblica sovietica verso nuove elezioni, garantendone la gestione trasparente. Ma è solo un’ipotesi tra le tante. Per ora, di certo, c’è che la sua ascesa è un passo in più, per giunta formale, verso il cambiamento.

«Non possiamo tornare indietro, e non possiamo deludere le aspettative che si sono create in queste settimane. Questo deve essere un nuovo inizio», afferma Armen Sarkissian, il presidente della repubblica. Premier a metà degli anni ‘90, poi ambasciatore a Londra per vent’anni, Sarkissian è stato nominato capo dello stato dal Partito repubblicano ma nel corso delle proteste è rimasto sempre sopra le parti, mediando per assicurare il passaggio ordinato dei poteri. Ci ha ricevuto al palazzo presidenziale di Erevan.

Presidente, che direzione deve prendere il suo Paese?

La via da percorrere è quella del cambiamento democratico, perché gli armeni chiedono questo. Si sono creati grandi speranze. C’è molta energia positiva. E un’energia positiva, anche se un po’ naif, è sempre meglio di un’energia negativa, aggressiva. Ora, bisogna prendere questa forza e trasformarla in qualcosa di buono e di creativo. Se dovesse prevalere l’odio, tutte le idee di questo movimento si tramuterebbero in vendetta, e avremmo un fallimento.

Che idea si è fatto dei giovani, i grandi protagonisti in queste settimane di protesta?

Questi ragazzi e queste ragazze sono la generazione Facebook. Sono brillanti, rapidi, sanno cosa vogliono. In piazza sono stati molto creativi, ma hanno anche rispettato la legge e l’ordine. Al tempo stesso, il potere ha capito che non poteva ricorrere all’uso della forza.

Si attendeva le dimissioni dell’ex presidente, e poi premier per pochi giorni, Serzh Sarkysian?

Per un uomo che è stato ministro della difesa, ministro della sicurezza, presidente e primo ministro, farsi da parte è stato a mio avviso un gesto di valore. Così facendo ha dimostrato di essere un politico responsabile. Le sue dimissioni hanno riportato la calma e unito il Paese.

Un Paese che per lungo tempo ha guidato in modo autoritario…

Non credo che tutto ciò che è stato fatto in passato sia sbagliato e che quanto realizzeremo in futuro sarà giusto. Non credo nel bianco e nel nero, ma nella varietà di colori. Se tutto fosse stato nero, questi giovani non sarebbero cresciuti in modo così libero. No, non sono cresciuti in una dittatura.

In Armenia la ricchezza è concentrata nelle mani di pochi. Per lei questa è anche una rivoluzione sociale e anti-oligarchica?

Dobbiamo essere saggi. Non si può di certo risolvere la questione delle disparità arrestando chi è ricco. E non possiamo fare di ogni erba un fascio. Normalmente, non si ritiene Bill Gates un oligarca. Ma tutti vorrebbero essere come lui, o come Steve Jobs. Noi dobbiamo creare una società dove tutti, potenzialmente, possono essere il Bill Gates o lo Steve Jobs dell’Armenia. Dobbiamo cambiare la mentalità, la cultura, i comportamenti della nostra società, aprendo le porte a una sana competizione.

Ci sono analogie con la protesta in Ucraina di cinque anni fa?

No. Questo è un Paese unito, mentre in Ucraina non era così. L’Armenia ha dimostrato che può avere un dialogo civile.

La Russia, garante storica della vostra sicurezza, può fare qualche mossa per condizionare lo scenario a Erevan?

Tralascerei il discorso sul ruolo della Russia. Anzi, a dire il vero c’è chi dice che ci sia un’influenza europea, per via del fatto che diversi di questi ragazzi si sono formati in Occidente e che alcune organizzazioni europee li stanno finanziando. L’unica cosa vera è che questa è una questione armena, e personalmente mi sto impegnando a spiegare ai miei omologhi stranieri proprio tale aspetto.


 Armenia: Pashinyan ‘fra 3-6 mesi a voto’ (Ansa 08.05.18)

(ANSA) – MOSCA, 8 MAG – In Armenia, il leader della Rivoluzione di Velluto, Nikol Pashinyan non intende rimanere a lungo premier, ma traghettare l’Armenia verso elezioni legislative anticipare, e quindi “si dimetterà tra 3-6 mesi”: lo ha detto il portavoce del nuovo premier armeno, Tigran Avinyan, citato da Rbk. “Noi – ha affermato Avinyan – stiamo formando un governo temporaneo per organizzare elezioni oneste, un governo permanente non rientra nei nostri programmi”.


http://it.euronews.com/2018/05/08/armenia-nella-citta-natale-del-nuovo-primo-ministro